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La Brexit delle fratture

Il referendum sull’uscita del Regno Unito dalla UE ha messo in luce una frattura quantitativa tra coloro che hanno votato per rimanere (16 milioni circa) e coloro che hanno scelto di lasciare (oltre 17 milioni).

E’ legittimo parlare di frattura e non di semplice minoranza e maggioranza perchè l’andamento della campagna elettorale, con tra l’altro l’omicidio di una deputata laburista favorevole alla permanenza in Europa,  e l’importanza strategica della scelta hanno polarizzato in modo molto radicale il corpo elettorale, come un cuneo che inserito nel tronco del corpo sociale lo abbia letteralmente aperto in due.

Ma, come spesso avviene nella dinamica delle fratture, una ne nasconde molte altre soggiacenti. Un rizoma di fratture direbbe Deleuze, o un network: quelle geografiche tra la Londra cosmopolita e le campagne, quelle nazionali degli scozzesi (62% dentro) e gli irlandesi (56% circa dentro) coi i british, tra i giovani (73% dentro) e gli anziani (60% fuori), tra quadri (57% dentro) e lavoratori manuali (64% fuori), fino alle fratture etnico religiose (dentro il 70% dei mussulmani, il 67% degli asiatici e tre su quattro “black”). E probabilmente una analisi più fine ne farebbe emergere parecchie altre.

Queste fratture per l’intanto ci dicono che l’idea della società liquida, che tanto viene propagandata, è del tutto inadeguata: le fratture non si generano nei liquidi, ma soltanto nei solidi, oltre al vetro che, per alcune caratteristiche, può anche essere descritto come un liquido solidificato.

Inoltre le fratture dell’UK si diramano oltre i confini propagandosi nella UE, e per certi aspetti nella intera società globale, incrociandosi con altre fratture, si pensi soltanto a tutte quelle che solcano il Medio Oriente e l’area mesopotamica, assumendo spesso la forma della guerra.

Se assumiamo le fratture come una rappresentazione ragionevole della situazione politico sociale attuale, avremo un sistema complesso a alto tasso di imprevedibilità. Più precisamente possiamo pensarlo come un sistema critico che si auto – organizza, e che può franare e/o annichilirsi quando alcuni parametri vadano oltre i limiti di soglia, oppure dare luogo “ a rivoluzioni, secondo il punto di vista sulla storia di Karl Marx” (Per Bak “how nature works”). Ricordando che la criticalità auto – organizzata è il modo secondo cui la natura fa enormi trasformazioni su relativamente piccole scale di tempo. Parlando di fratture dobbiamo anche chiederci quali forze di legame tengano assieme la società, locale, nazionale, europea eccetera, in altri termini: quale sia la forza di coesione sociale, una o più. Una risposta possibile ce la offre Leopardi. Il sistema di Copernico insegnò ai filosofi l’uguaglianza dei globi che compongono il sistema solare (uguaglianza non insegnata dalla natura, anzi l’opposto), nel modo che la ragione e la natura insegnavano agli uomini ed a qualunque vivente l’uguaglianza naturale degl’individui di una medesima specie”. E su questo paradigma dell’eguaglianza sociale si è strutturato buona parte del pensiero sociale progressista.

Ma negli ultimi decenni il pensiero liberista diventato egemone, ha introdotto in dosi via via più massicce la competizione come elemento dinamico dello sviluppo sociale, fino a rendere lo stesso un territorio dove impazza qualcosa di non molto differente del famoso homo homini lupus. Ovvero quando la competitività è diventata l’unico asse di trazione della società, essa ha inquinato e stressato i rapporti sociali fino a produrre delle profonde fratture microscopiche tra individuo e individuo che si sono moltiplicate e aggregate in vari modi e secondo differenti traiettorie arrivando all’attuale panorama dominato da vari network di fratture, che possono assumere molto rapidamente un andamento catastrofico. Giova sempre ricordare a mo’ d’ esempio il genocidio come fase finale della frattura teorizzata e praticata dal nazismo tra ebrei e ariani. O più vicino a noi, le fratture etniche in larga misura costruite a tavolino da politici senza scrupoli nella exJugoslavia a puri fini di potere personale. L’utilizzo della fratture sociali come arma di dominio datando del resto dai tempi del famoso motto romano divide et impera.

L’eguaglianza dei cittadini/e europei/e deve in questa fase essere la bussola per ricomporre le fratture nella convivenza civile, cercando che diventi l’asse di una futura, e sempre più necessaria, Costituzione Europea, senza la quale non esiste cittadinanza europea, per cui ciascuno/a è/sarà inevitabilmente portato a riproporre la sua specifica cittadinanza nazionale, il che può rapidamente condurre i popoli a percorrere il sentiero del nazionalismo, nella storia europea sempre anticamera della guerra.

  • Autore articolo
    Bruno Giorgini
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    1) “Gaza brucia di fronte al suo mare, testimone della sua tragedia”. L’esercito israeliano ha lanciato l’offensiva di terra sulla principale città della striscia. L’esodo in mezzo alle bombe. Quasi 90 i morti da questa mattina. (Valeria Schroter) 2) Israele come Sparta. Mentre l’ONU stabilisce che quello in corso a Gaza è genocidio, Netanyahu ammette l’isolamento internazionale e dipinge un futuro di autarchia e guerra permanente. (Anna Foa, Eric Salerno) 3) Gli Stati Uniti continuano a colpire il Venezuela. Trump punta a rovesciare il regime di Maduro con la scusa della lotta al narcotraffico. (Alfredo Somoza) 4) Cinquant’anni fa l’indipendenza della Papua Nuova Guinea. Il paese oggi è vittima della maledizione della ricchezza e rischia di finire ostaggio di un nuovo braccio di ferro tra occidente e Cina. (Chawki Senouci) 5) Spagna, l’estrema destra torna a riunirsi a Madrid. Il primo passo verso una grande alleanza di tutte le destre europee. (Giulio Maria Piantadosi) 6) Rubrica Sportiva. Julia Paternain, la maratoneta uruguayana entra nella storia vincendo la prima medaglia ai mondiali di atletica per il paese sudamericano. (Luca Parena)

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    “E’ stato bello rendersi conto che la figura di Woodie Guthrie è ancora molto viva anche fuori dagli Stati Uniti”, racconta Sarah Lee, nipote dell’icona folk americana. “Le problematiche di cui cantava lui ottant’anni fa sono ancora attuali”, riferendosi al tema dell’immigrazione e alla difficile situazione al confine con il Messico. Con la sua musica Woody Guthrie "affrontava un concetto molto basilare di umanità e speranza, ovvero il trattare le persone come persone, aiutandosi a vicenda nei momenti di difficoltà": lo stesso messaggio che ora le Guthrie Family Singers vogliono portare avanti. Ascolta l’intervista di Elisa Graci alle Guthrie Family Singers.

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