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“Parisi non è un leader nazionale”

La metafora è aziendale: “E’ come il calibro dei metalmeccanici, passa o non passa. E non è passato”. Dove a passare doveva essere l’elezione a sindaco di Milano. E non è passata.

Gabriele Albertini ha stoppato così, ai nostri microfoni, l’ipotesi che Stefano Parisi possa avere un ruolo da leader nel centro destra nazionale.

Albertini non può certo gioire per come sono andate queste elezioni milanesi, anche lui è uno degli sconfitti. Ci ha messo la faccia, ha affiancato Parisi in molte delle sue uscite pubbliche, le sua amminisitrazione da sindaco di Milano è stata presa come modello da cui “far ripartire la città”. Qualcosa non è andato come da previsioni e la lista Parisi di cui Albertini era capolista si è fermata al 3%.

In questa intervista a Radio Popolare Gabriele Albertini analizza il risultato elettorale, accusando i partiti di aver oscurato il candidato per mantenere i propri consensi, criticando duramente la Lega Nord e annunciando che probabilmente non farà il consigliere comunale. “Per ragioni tecniche che spiegherò nei prossimi giorni”, dice.

Su Stefano Parisi: “Pur essendo una persona che stimo enormemente e che è riuscita a mettere insieme una coalizione che va da Salvini a Passera, ora, a causa della mancata vittoria, non ha quel ruolo da leader nazionale. Uno deve dirigere l’orchestra per fare il direttore d’orchestra, altrimenti resta solo un bravo musicista”, ha detto l’ex sindaco di Milano e capolista della lista civica Parisi. Per Albertini “il non essere diventato sindaco di Milano rende problematica la possibilità di Parisi di avere un ruolo da leader nazionale. Nel momento in cui non è diventato sindaco di Milano ha perso la possibilità di diventare leader nazionale”. Per Albertini “lo spartiacque è stato il 19 giugno, passa o non passa, come il calibro dei metalmeccanici. E non è passato“.

Parole dure contro Roberto Maroni: “Il potente governatore della Lombardia, capolista della Lega nella sua città natale Varese, non è riuscito a evitare l’incubo diventato realtà: la vittoria dei concorrenti”. Aggiunge: “Userei un proverbio latino: medice, cura te ipsum. Cioè, guarda in casa tua cosa sei stato capace di fare, genio della politica. Mi sembra singolare che Maroni voglia insegnare al mondo come gestire fatti complessi e poi nel suo piccolo orizzonte di Varese, il potente governatore non è riuscito a evitare la sconfitta pur esponendosi come capolista”.

E Matteo Salvini? “In una riunione a cui non ho partecipato avevano deciso che il nome di Parisi, del candidato sindaco, non dovesse comparire sulla sua lista, ma fosse posto sulle liste dei partiti. L’unico che non lo ha fatto è stata la Lega che ha messo Salvini, con un risultato finale non brillante”. E quindi? “Ricordiamo che Salvini aveva parlato di derby tra Forza Italia e Lega: ha perso. Salvini è passato dal Leoncavallo a Casapound, e nel suo percorso ha sempre toccato toni alti, è sempre stato un leader di movimento, mai di un’istituzione. Non ha mai governato pur avendo avuto consensi sufficienti a fare l’assessore o il ministro, ma non lo ha mai fatto. Ora vede che il suo consenso si è ridotto ed è passato al piano B, dire che ha perso perché non ha urlato abbastanza“.

Ascolta l’intervista completa a Gabriele Albertini di Massimo Bacchetta

Gabriele Albertini

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    La mostra alla Fabbrica del Vapore di Milano, attraverso le opere di grafica di tre dei suoi massimi protagonisti: Pablo Picasso soprattutto, Joan Miró e Salvador Dalí, propone un percorso espositivo diviso i cinque sezioni. Il filo conduttore che unisce i loro percorsi artistici è il Surrealismo, inteso come corrente ma anche come mezzo privilegiato di espressione dell’inconscio e dell’identità individuale. In mostra il visitatore non troverà le opere pittoriche più significative, ma viaggierà sempre in prima classe con le grafiche e i disegni. Ascolta il servizio di Tiziana Ricci.

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