La nave di Penelope

“Sedici anni non li avrò più, tanto vale partire adesso”

Sguardo risoluto ed emozionato, dopo aver salutato i genitori al gate. Avranno libri nello zaino, la valigia, lo smartphone pieno di foto con gli amici e i sentimenti contrastanti di qualunque adolescente che parta da solo per un lungo periodo. A distinguerli dai loro predecessori c’è solo la mascherina. Li immagino così i ragazzi che hanno deciso di passare l’anno all’estero e che neanche la pandemia è riuscita a fermare. “Questo è un treno che passa una sola volta nella vita e non potevo permettermi di perderlo”, spiega la sua scelta Giorgia, una studentessa siciliana che sta trascorrendo quest’anno scolastico in Austria.

Non è stata l’unica a fare questo ragionamento. Come lei, nell’anno scolastico 2020-2021, nonostante le incertezze, le restrizioni e le varie ondate pandemiche, sono stati 500 gli studenti delle superiori che hanno fatto la valigia e sono partiti con il programma di Intercultura, l’associazione che organizza e finanzia scambi interculturali tra studenti in tutto il mondo. Un numero contenuto rispetto al solito, ma non così tanto. La paura del virus, le difficoltà che può portare viaggiare durante una pandemia e il rischio di continui lockdown, a quanto pare, non sono stati ostacoli così insormontabili.

E se un periodo vissuto all’estero segna profondamente chiunque viva questa esperienza, mi chiedo come sia stato farla durante un periodo così particolare.

“Se avessi saputo, prima di partire, come sarebbe stato il mio anno all’estero con le restrizioni della pandemia, probabilmente avrei avuto dei dubbi”, ammette Michelangelo Arena, 18 anni, milanese, che dallo scorso agosto si trova in Danimarca. Ma subito aggiunge: “Ad averlo vissuto, invece, sono contento e soddisfatto della mia esperienza”. Un periodo che lo ha aiutato ad arricchire il suo bagaglio culturale e ad acquisire maggiore consapevolezza di sé. Questa esperienza, aggiunge Raffaele, anche lui in Danimarca, “è stato un modo per fare comunque fruttare un anno così particolare che, restando a casa, rischiava di essere molto povero”.

Stessa cosa per Giorgia, che pensa che tutto sommato lockdown e restrizioni non abbiano limitato la sua esperienza in Austria: “Ho avuto la possibilità di trascorrere più tempo con la mia famiglia ospitante e di immergermi ancora di più nelle sue tradizioni”.

Quindi il bilancio è positivo: un’esperienza di arricchimento personale, nonostante la pandemia. Mascherine, periodi in Dad e lockdown non hanno spento l’entusiasmo dei ragazzi. Ma di sicuro il coronavirus, nelle decisioni degli studenti in partenza, non è stato ininfluente.

Consideriamo il fattore distanza: durante una pandemia è più difficile spostarsi, soprattutto per le emergenze. Si pensi ai voli sospesi, alle restrizioni in entrata. E le distanze, per la prima volta in tanto tempo, si sono allungate. Così, in tanti hanno preferito mete più vicine. Secondo i dati di Intercultura, la scelta dei ragazzi, nella maggior parte dei casi, quest’anno si è orientata verso destinazioni europee. Anche se non sono mancate partenze per l’America, dagli Stati Uniti alla Colombia, passando per il Canada e l’Uruguay.

Ora potremmo dire: ok, non potevano sapere cosa sarebbe successo e sono stati coraggiosi, ma visto l’andamento pandemico precipitato subito dopo l’estate scorsa, nessuno avrà chiesto di partire ora. A quanto pare non è così.

Per l’anno prossimo i ragazzi che hanno scelto questo percorso saranno molti di più. Sono 5mila quelli che si sono iscritti lo scorso autunno al concorso di Intercultura. Di questi, 1.600 lo hanno vinto e sono pronti a partire. Il 49 per cento di loro ha scelto un Paese europeo. Il 20 per cento, l’America latina, in particolare Argentina, Cile, Costa Rica, Uruguay . Il 18 per cento andrà negli Stati Uniti o in Canada. Mentre l’11 per cento dei ragazzi ha preferito l’ Asia – a dispetto della pandemia, la Cina resta la più gettonata delle destinazioni in questo continente -. Il restante 2 per cento andrà in Oceania o Africa.

Sono tanti e sono determinati. Cosa li ha spinti a farlo nonostante la situazione e l’incertezza, anche dopo un anno così difficile? Semplice, “ho scelto di partire nonostante il Covid perché la pandemia è un fatto globale: che io mi trovi in Italia o in Germania, avrà sicuramente un impatto sulla mia vita. E sedici anni non li avrò più, tanto vale partire adesso”, spiega Stella, milanese, che ha vinto il concorso 2021-2022. Risposta inattaccabile e pragmatica.

Un ragionamento condiviso da tutti, sembra. Anche da Giulia, che non si è lasciata intimorire e non ha ripensato alla sua destinazione cercando mete più vicine. Anzi è molto felice di non averla dovuta cambiare. “La pandemia è un evento che ha travolto il mondo intero, portando con sé molteplici difficoltà e stravolgendo le abitudini di tutti, ma in particolare di noi giovani. Dopo mesi trascorsi chiusi in casa però ho preferito non sprecare ulteriormente il mio tempo e affrontarle queste difficoltà”. Non ha dubbi e non sta nella pelle: trascorrerà il prossimo anno scolastico negli Stati Uniti.

“Sperando, certamente, che non sia così, sono consapevole del fatto che potrei dovermi confrontare nuovamente con periodi in didattica a distanza, ma questo non mi spaventa – aggiunge Giulia – e sono comunque felice di poter conoscere persone e sperimentare abitudini nuove e di potermi costruire una nuova vita partendo da zero, tutto questo dall’altra parte del mondo”.

Il fantasma della Dad però aleggia nei discorsi di ognuno di loro, anche se sembrano essersi muniti dei fucili protonici dei Ghostbusters carichi di ottimismo.

  • Claudia Zanella

    Sono nata a Milano nel 1987. Ma è più il tempo che ho passato in viaggio, che all’ombra della Madonnina. Sono laureata in Filosofia e ho sempre una citazione di Nietzsche nel taschino. Mi piacciono tante cose ma, se devo scegliere tra le mie passioni quali sono quelle che più parlano di me, direi: la Spagna, il rock e il giornalismo. Dopo averci vissuto, Madrid è la mia città d’elezione; il rock scandisce il mio ritmo di vita e venero le mie chitarre come oggetti magici; infine, fare la giornalista soddisfa il mio impulso alla Jessica Fletcher di voler sempre vedere chiaro e poi raccontare. Ho lavorato per cinque anni per La Repubblica, come cronista e responsabile del settore “Educazione e scuola” a Milano. Cofondatrice del progetto di storytelling su Milano ai tempi del coronavirus: “Orange is the new Milano”. Sono approdata a Radio Popolare nel 2019, occupandomi di un po’ di tutto, ma mantenendo sempre un occhio vigile sul mondo della scuola.

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    Dal 7 ottobre 2023, secondo i dati in possesso della Wafa la Palestinian News and Information Agency, i coloni hanno effettuato 7.154 attacchi in Cisgiordania, danneggiando 37.237 ulivi, ucciso 33 palestinesi in questi attacchi. Alcune comunità palestinesi come quella di Masafer Yatta vicino a Hebron sono sotto perenne minaccia e non riescono più a mandare i figli a scuola o coltivare i loro campi. In questi luoghi operano alcuni attivisti israeliani e occidentali della nonviolenza attiva e tra questi c’è Tex (soprannome), una ragazza italiana che è arrivata in Cisgiordania con l’Operazione Colomba, il progetto della Comunità Papa Giovanni XXIII che dal 1992 porta la nonviolenza in zone di guerra (iniziato in ex-Jugoslavia ha operato in America Latina, nel Caucaso e in Medio oriente, in Palestina è presenta dal 2002). Ci racconta di come la violenza sia enormemente aumentata e di storie esemplari come quella della famiglia Huraini o quella della Youth od Sumud formazione politica di base che si oppone al colonialismo israeliano, formata da contadini e attivisti che vivono in tende e case ricostruite presso villaggi minacciati dai coloni israeliani dal 2017 sulle colline a sud di Hebron. L’intervista di Cinzia Poli e Claudio Jampaglia.

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    Le forme della violenza maschile, dopo il femminicidio di Pamela Genini a Milano e l'omicidio in pieno centro a Palermo di Paolo Taormina. Con Assunta Sarlo, giornalista e saggista, tra le fondatrici del movimento femminista «Usciamo dal silenzio», l’analisi dei diversi “moventi” riconducibili a violenze maschili. Da un lato la cultura patriarcale, l’esercizio maschile del possesso e del dominio sui corpi delle donne che porta ai femminicidi. Dall’altro la violenza omicida praticata per l'affermazione di sé e per costruire un potere maschile dell'intimidazione. Pubblica ha ospitato anche Chiara Saraceno, sociologa della famiglia, sull’educazione sessuale e all'affettività che la destra in Italia vuole bandire dalle scuole elementari e medie e – alle superiori - condizionare ad una firma dei genitori.

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