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La guerra tra Israele e Gaza, l’inadeguata proposta del governo contro le morti sul lavoro e le altre notizie della giornata

Israele Gaza ANSA

Il racconto della giornata di martedì 11 maggio 2021 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. Sono ripresi i bombardamenti tra Israele e la Striscia di Gaza e stavolta c’è un vuoto politico che fa sì che non si parli più di pace, ma di fermare le violenze. Il Movimento 5 Stelle cambia ancora idea e inizia a dirsi favorevole al ponte sullo Stretto. Dal Partito Democratico al Senato, invece, arrivano proposte di modifica al DDL Zan che potrebbero portare ad un nuovo passaggio alla Camera e rallentare il via libera definito. Con una media di tre morti sul lavoro al giorno, la proposta del governo per risolvere il problema resta inadeguata. Infine, i dati di oggi sull’andamento dell’epidemia da COVID in Italia e la campagna di vaccinazione.

Bombardamenti in corso tra Israele e la Striscia di Gaza

In questo momento sulla Striscia di Gaza sono in corso pesanti bombardamenti da parte dell’aviazione israeliana. Circa 80 aerei sono entrati in azione, compresi gli F35. Un attacco che non si vedeva da anni. Dopo i razzi lanciati da Gaza verso Gerusalemme, che hanno ucciso due donne israeliane, Israele ha attaccato la Striscia, dove sono almeno 28 i morti, tra cui 10 bambini. L’escalation di violenza a Gaza è rapida e qui abbiamo raggiunto Sami Abu Omar, un giornalista palestinese:

Da Gaza abbiamo ricevuto da un ragazzo palestinese un video che mostra gli effetti dei bombardamenti sulla città. Vi facciamo sentire il sonoro:

Anche in Israele si sono registrate le prime vittime e sono più di 70 i feriti. Sentiamo Ariel David, giornalista italo israeliano:


 

Il vuoto politico dietro la guerra tra Israele e la Striscia di Gaza

(di Martina Stefanoni)

È tornata la guerra tra Israele e la Striscia di Gaza, ma nessuno parla più di pace. Si parla di calma, di fermare le violenze, ma non c’è nessuna mobilitazione per processi e accordi che siano più duraturi. C’è un vuoto politico all’interno, con Netanyahu e Hamas che sfruttano la crisi per ottenere consensi, ma c’è un vuoto anche all’esterno. Stati Uniti e Unione Europea esprimono preoccupazione, ma non sembrano intenzionati ad intervenire. I paesi arabi, che hanno normalizzato i rapporti con Israele attraverso gli Accordi di Abramo, si limitano a blande dichiarazioni, e anche quelli che si muovono per condannare le azioni di Israele, lo fanno per interessi personali. Nessuno, però, sembra disposto ad andare oltre un certo limite. I palestinesi sono soli davanti alla violenza che può solo peggiorare: i raggi lanciati da Gaza verso Gerusalemme, che non si vedevano da anni, hanno innescato una reazione inevitabile da parte di Israele e sembrano esserci gli ingredienti che potrebbero portare verso una terza intifada. Anche solo un intervento degli Stati Uniti, in questo momento, potrebbe cambiare le sorti del conflitto. Ma per ora Biden esprime preoccupazione, invita alla pace. Fino alla prossima crisi.

L’inadeguata proposta del governo per evitare la media di 3 morti sul lavoro al giorno

(di Massimo Alberti)

Perugia, Varese, Bergamo, Gubbio: sono alcuni dei luoghi dove sono in corso gli scioperi per la sicurezza sul lavoro indetti da Cgil, Cisl e Uil, dopo la scia di vittime degli ultimi giorni. I sindacati confederali hanno incontrato il Ministro del Lavoro Orlando che ha spiegato le proposte del governo. Un incontro che non sembra aver colpito i leader sindacali che lo hanno definito “interlocutorio”. La proposta del governo è a tutti gli effetti del tutto inadeguata ad evitare la media di 3 morti al giorno indicati dalle statistiche, tra vecchie ricette e stanziamenti insufficienti.
L’obiettivo è di quelli davvero miseri: aumentare le ispezioni del 20% entro il 2024. A questo servirebbero i 2.100 ispettori del lavoro aggiunti ai 2.500 attuali previsti tra le assunzioni pubbliche del Recovery Plan. Un annuncio che si porta dietro svariate lacune. In primis, appunto, la modestia della proposta. Nel 2019 l’Inail ha ispezionato circa 15.000 imprese con i suoi 250 tecnici. 20% in più significa 18mila controlli a fronte di 3.300.000 imprese registrate all’ente. Una burla.
Il partito dello stesso Orlando chiedeva almeno 10mila ispettori. Ci vorranno prima i concorsi e servono anni per la formazione specifica di un tecnico, ricordano i sindacati, mentre i nuovi dovranno controllare anche altri tipi di irregolarità. C’è un problema che si chiama Jobs Act, e l’ispettorato unico del lavoro mai decollato. Non a caso una proposta di legge a firma Cominardi dei 5 Stelle chiede una revisione.
Orlando ripropone poi alcune vecchie ricette, mai efficaci. Come sgravi e incentivi alle imprese già omaggiate dal conte di un taglio dei contributi all’Inail, con un ammanco di oltre 600milioni dell’organismo che le dovrebbe controllare. Mentre gli incentivi per l’innovazione dei macchinari giacciono poco usati. Gli stessi sindacati confederali, che hanno ritenuto di dedicare due sole ore di sciopero nei territori dove si è consumata la scia di morti di questi giorni, chiedono di più: una revisione dell’impianto normativo e sanzionatorio, che lascia le imprese per lo più impunite, un maggiore impegno nella formazione, la revisione delle norme sui ribassi negli appalti, che vanno spesso a scapito proprio della sicurezza. Ci sarebbe poi il problema di allargare le tutele di chi lavora, per fermare la guerra delle aziende ai rappresentanti della sicurezza. La risposta prospettata per ora è dolosamente inadeguata.

Il trasformismo dei 5 Stelle. Ora vogliono il ponte sullo Stretto

(di Luigi Ambrosio)

Un ponte su cui giocare, mangiare e socializzare. Lo teorizzò Toninelli annunciando la ricostruzione del ponte Morandi crollato a Genova. Un viadotto autostradale di 2 chilometri sospeso a 100 metri di altezza su cui sfrecciavano auto e tir e dove il ministro dei trasporti voleva mandare le famiglie a divertirsi.
Sarà mica che a qualcuno sia venuta in mente la stessa cosa per il ponte sullo Stretto? [CONTINUA A LEGGERE]

Anche Base riformista prova a modificare (e affossare) il DDL Zan

(di Anna Bredice)

È arrivato da un gruppo di Base riformista al Senato il tentativo di modificare, che vorrebbe dire rischiare di affossare, il DDL Zan. C’è stata una riunione al Senato nel primo pomeriggio e ha fatto emergere ciò che molti già temevano e cioè che nonostante il disegno di legge porti il nome di un senatore del Partito Democratico, Alessandro Zan, nel gruppo ci sono spinte per modificarlo, ridimensionando la parte sull’identità di genere.
Alla riunione era presente anche il segretario Letta che su questo provvedimento non vuole fare nessuna concessione, ne va del suo potere e forza come segretario del PD. Ha già subìto un primo smacco dal mancato accordo con i Cinque Stelle su Roma, ora non vuole essere sconfitto con il DDL Zan. E così oggi è stato particolarmente netto, “non ci sono condizioni per modificarlo e riportarlo alla Camera dei deputati“, ha detto. “Il Pd, ha aggiunto, non deve farsi mettere i piedi in testa dalle idee retrograde della Lega”. Parole nette contro quello che sta indicando da settimane come l’avversario principale nel governo, Salvini. Ma qui si tratta anche di Andrea Marcucci e quattro o cinque ex renziani che tentano di rallentare l’approvazione.
Modificare il provvedimento al Senato, vuol dire prevedere un altro passaggio alla Camera, con tempi molto lunghi. Per l’ex capogruppo Marcucci il pericolo sono i voti segreti, per questo chiede le modifiche. In sostanza, fa capire che se rimane così il disegno di legge potrebbe essere impallinato attraverso i voti segreti, e chissà se anche provenienti da alcuni del PD.
Il disegno di legge deve essere discusso in commissione Giustizia al Senato, con un relatore contrario e l’opposizione di Lega, Forza Italia, per ora Italia Viva non scopre molto le carte. Un cammino non facile per un provvedimento che probabilmente, anche senza intoppi, potrebbe vedere la luce solo dopo l’estate.

L’andamento dell’epidemia di COVID-19 in Italia

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    Fa troppo caldo: scioperano i lavoratori della Emmegi, che costruisce condizionatori a Cassano d’Adda

    Troppo caldo, lavoratori in sciopero. 36 gradi nel capannone dove si producono componenti per i condizionatori. Il paradosso è che, in quella ditta, si producono scambiatori di calore, componente fondamentale per gli impianti di climatizzazione. Che però, nei capannoni della Emmegi di Cassano d’Adda, non ci sono. La conseguenza, temperature roventi, che superano i 36 gradi, e condizioni di lavoro inaccettabili. Per questo lavoratori e lavoratrici stanno scioperando, per ottenere almeno un po’ di refrigerio, che però al momento viene negato dalla proprietà, che anzi ha incaricato un consulente per farsi dire che “la temperatura è acettabile”. Maurizio Iafreni è Rsu Fiom alla Emmegi e responsabile della sicurezza: (foto Fiom Cgil)

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    Gaza, ipotesi di tregua tra le bombe d’Israele, con Paola Caridi, giornalista, saggista, esperta di Palestina. La trattativa sui dazi e la debolezza dell’Europa, con Giuliano Noci, prorettore del Politecnico di Milano, editorialista del Sole 24 Ore. Il caso del libro di storia che non piace a Fratelli d’Italia, con uno degli autori del libro, lo storico Carlo Greppi. Milano sempre più cara, chiudono anche i negozi per gli affitti troppo alti: il microfono aperto. Mao Valpiana del Movimento Noviolento ricorda Alex Langer a 30 anni dal suicidio. La quarta puntata di “Racconto Lucano” con Sara Milanese.

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