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Il dibattito sulla sospensione dei brevetti dei vaccini, Zingaretti verso la candidatura a sindaco di Roma e le altre notizie della giornata

sala vaccinazioni ANSA

Il racconto della giornata di giovedì 6 maggio 2021 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. Nicola Zingaretti sarebbe ormai vicino ad annunciare la propria candidatura a sindaco di Roma, ma ci sono ancora dei nodi da sciogliere. Quanto costa ad un’impresa la morte di un lavoratore? A questa domanda ha dato una risposta Carlo Sorgi, magistrato del lavoro da quasi 30 anni. L’amministrazione di Biden è disponibile ad una revoca temporanea delle protezioni dei brevetti dei vaccini anti-COVID, mentre sempre negli Stati Uniti il mondo del teatro e degli spettacoli dal vivo si prepara a ripartire. Infine, i dati di oggi sull’andamento dell’epidemia da COVID in Italia.

Vaccini anti-COVID. Qual è la procedura per la sospensione dei brevetti?

A livello politico mancano solo i sì di Unione Europea e Gran Bretagna. La decisione del presidente statunitense Joe Biden di schierarsi per la sospensione dei brevetti dei vaccini anti-COVID mette in imbarazzo le altre potenze globali che si sono opposte a questa ipotesi, sostenuta da circa 100 Paesi guidati da India e Sudafrica. Domani il tema dovrebbe essere affrontato in un vertice europeo: “Siamo pronti a discutere”, ha detto oggi la presidente della commissione Ursula von der Leyen. Dall’Italia Mario Draghi si è allineato, dichiarando che i vaccini sono un bene comune e che abbattere gli ostacoli che limitano le campagne è prioritario. Liberalizzare la proprietà intellettuale dei vaccini sarebbe un passo importante per rendere più equa la distribuzione e farli arrivare nei paesi più poveri, ai margini delle campagne di immunizzazione. Ma qual è la procedura? Cosa deve succedere perché la svolta politica di Biden porti a un aumento effettivo delle possibilità di accesso alle dosi? Antonio Clavenna guida il laboratorio di farmacoepidemiologia dell’istituto Negri:


 

Nicola Zingaretti ad un passo dalla candidatura a sindaco di Roma

(di Lorenza Ghidini)

L’annuncio sembra ormai vicino, le caselle stanno andando al loro posto: Nicola Zingaretti si è deciso, ha dato la sua disponibilità a candidarsi a sindaco di Roma. I suoi lo spingono da settimane: dopo la triste rinuncia alla segreteria PD, e soprattutto con il vanto di un campagna vaccinale tra le meglio gestite d’Italia, per lui sarebbe l’occasione della rivincita. Peraltro, un candidato più forte il centrosinistra non ce l’ha.
Il punto è che il presidente della Regione correrebbe contro Virginia Raggi, mentre in giunta regionale PD e 5 Stelle governano insieme. Come fare una campagna elettorale di forte critica al quinquennio grillino, se in Regione insieme a Zingaretti governano Roberta Lombardi e Valentina Corrado? Prima di scendere in campo, il Presidente della Regione vuole la garanzia che il Movimento digerisca la prospettiva di una battaglia per il Campidoglio PD-M5S, anche aspra, senza per questo rischiare una crisi in Regione, sennò per chiudere una partita (Roma) finisce che se ne apre un’altra.
Di blindare l’alleanza in regione comunque avrebbero già parlato ai piani alti Enrico Letta, Luigi Di Maio e Giuseppe Conte, dunque si tratterebbe solo di condividere le decisioni a livello romano. Il Movimento 5 Stelle però è in crisi, ribolle, e in questa situazione non si può scommettere che vada tutto liscio.
Intanto l’agenda di Zingaretti è zeppa di impegni romani, gira le periferie stringendo mani, acclamato da anziani e meno anziani che lo ringraziano per averli prontamente vaccinati. Il presidente della Regione peraltro, pur impegnato nella campagna elettorale, lascerebbe il suo incarico solo dopo aver concluso le vaccinazioni almeno degli over 60, per evitare di prestare il fianco a troppe critiche.
E le primarie che fine farebbero? Un passo per volta, dicono nell’entourage di Zingaretti, tanto con un pezzo da novanta che scende in campo finirebbe che molti si ritirerebbero. Come per esempio l’ex ministro Gualtieri, o il presidente del terzo municipio Caudo. Calenda aveva già detto che lui le primarie non le faceva, dunque facilmente resterà in gara. Centrodestra, nel frattempo, come a Milano, non pervenuto.

Quanto costa ad un’impresa la morte di un lavoratore?

(di Massimo Alberti)

Morti sul lavoro. In una parola, impunità. La morte di un operaio può costare a un impresa anche solo poche decine di migliaia di euro. Meno che garantire le misure di sicurezza. Le condanne penali sono rare e complesse. Avere un controllo è un’ipotesi sempre più remota, dopo i tagli del governo Conte ai contributi Inail. Oggi è morto un altro operaio, schiacciato da una lastra in un cantiere della provincia di Bergamo.

Il mondo imprenditoriale non teme il penale, ma di esser colpito nel portafoglio“. Carlo Sorgi è prossimo alla pensione, dopo quasi 30 anni da magistrato del lavoro in cui le ha viste tutte. Perché anche la vita di un operaio ha un valore ed un costo di rischio che si rapporta con la spesa per garantire le misure di sicurezza. Ma quanto costa ad un’impresa la morte di un lavoratore? relativamente poco: se va bene, anche solo poche decine di migliaia di euro.
Da una parte c’è il penale, dove le sentenze definitive sono rare: pesa la complessità delle indagini, la difficoltà di dimostrare la responsabilità in processi dove la forza tra impresa e familiari è spesso impari. E laddove con fatica si ottiene il riconoscimento della responsabilità penale, spesso la prescrizione salva l’imputato.
Manca una cultura anche nella magistratura: “Se negli anni 80 alcune procure avevano nuclei penali formati sulla sicurezza del lavoro, questo si è perso, e spesso i magistrati, oberati di lavoro, non escono nemmeno più per i sopralluoghi – riflette Sorgi – secondo cui sul piano civile invece il sistema funziona e si arriva a risarcimenti spesso anche veloci.
La cifra dipende dal caso specifico, mediamente centinaia di migliaia di euro. Che per l’impresa però sono coperte da assicurazione, e spesso, il danno si traduce nell’aumento del premio assicurativo e del versamento Inail. Se va bene, appunto, anche poche decine di migliaia di euro nel caso estremo. Un costo teorico e spesso inferiore a quello certo che comporterebbe l’applicazione rigida dei dispositivi di sicurezza, la cui regolazione è ferma al testo unico del 2008, un buon impianto legislativo che nelle rapidità dei cambiamenti andrebbe aggiornato. E sì che le imprese un bel risparmio lo hanno già avuto grazie al regalo del governo Conte-bis, che ha tagliato i loro contributi all’Inail, lasciato letteralmente in mutande, con 631 milioni di euro in meno di entrate mai compensate da altri stanziamenti. Poco conta che il 90% delle aziende che i circa 300 ispettori riescono a controllare non sia in regola. Nel 2019 le ispezioni sono state poco più di 15000, a fronte di 3.300.000 imprese registrate. Lo 0,46%. Più facile vincere al gratta e vinci che avere un controllo. In una parola: impunità.

Prima vittoria del DDL Zan contro l’omofobia

(di Anna Bredice)

Una prima vittoria il disegno di legge Zan contro l’omofobia l’ha ottenuta: in Commissione Giustizia è stato dato il via all’iter della legge, non ci sarà un esame congiunto di tutte le proposte di legge sul tema, come chiedeva la destra, che strumentalmente ha presentato nei giorni scorsi un suo testo. Una mossa che serviva per fermare il Ddl Zan, proponendo di arrivare ad un eventuale testo unificato che considerasse le varie proposte e questo voleva dire farlo tornare per un altro esame alla Camera dei deputati. Non sarà così, con 12 voti a favore e 9 contrari si è dato via all’esame in Commissione Giustizia del disegno di legge Zan, che oggi ancora una volta Letta sostiene attraverso i social, dicendo di “andare avanti“.
Inizieranno naturalmente le audizioni e gli emendamenti, da qui all’aula si vedrà cosa accadrà, soprattutto per quei gruppi della maggioranza che sono un po’ sul confine, ad esempio Italia Viva, che ha votato oggi ma che chiede che non ci siano “steccati ideologici”, un colpo al cerchio e una alla botte. Forza Italia ha presentato il testo alternativo con la Lega, ma non tutti vogliono stare con Salvini in questa battaglia, ad esempio la senatrice di Forza Italia Gabriella Giammanco ha già detto che voterà il Ddl zan, anche se vorrebbe che ci fossero delle modifiche.

Broadway si prepara a riaprire, ma solo in autunno

(di Ira Rubini)

Tutto il mondo è Paese. La sindrome annunciatoria che affligge da tanti anni molti politici nostrani non è una novità negli Stati Uniti. Ma stavolta la Broadway League, la più importante associazione di proprietari di sala e produttori di spettacolo dal vivo d’America e probabilmente del mondo, si è vista rubare la scena dal governatore di New York, Andrew Cuomo, che ha seraficamente annunciato che i teatri (quindi anche quelli di Broadway) riapriranno il 19 maggio. Peccato che probabilmente non succederà. [CONTINUA A LEGGERE]

L’andamento dell’epidemia di COVID-19 in Italia

In Italia oggi il Commissario all’emergenza Figliuolo ha annunciato che da lunedì 10 maggio ci sarà un’apertura graduale delle vaccinazioni agli over 50, quindi a chi è nato prima del 1972. La campagna ha accelerato, ma dopo i picchi del 29 e 30 aprile le 500mila iniezioni al giorno non sono più state superate. Ieri sono state 463mila. Per quanto riguarda i contagi, i dati di questo pomeriggio parlano di 11.807 nuovi casi e di altre 258 morti. In calo sia i pazienti in terapia intensiva sia quelli ricoverati negli altri reparti COVID. Oggi è stato anche diffuso il rapporto settimanale della fondazione sanitaria Gimbe, che certifica una diminuzione di contagi, morti e persone ricoverate.

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