Approfondimenti

Che cosa è successo oggi? – Giovedì 7 gennaio 2021

Matteo Renzi Italia Viva Recovery Fund

Il racconto della giornata di giovedì 7 gennaio 2021 attraverso le notizie principali del giornale radio delle 19.30, dai dati dell’epidemia in Italia alle nuove condizioni poste da Italia Viva al premier Conte per non aprire la crisi di governo, mentre Salvini scopre sulla propria pelle le conseguenze della sua becera propaganda con centinaia e centinaia seguaci delusi dalle sue parole sulle violenze negli USA che hanno mostrato al Mondo come i manifestanti nel Paese non siano tutti uguali. Infine, i grafici del contagio nelle elaborazioni di Luca Gattuso.

I dati dell’epidemia diffusi oggi

I numeri dell’epidemia in Italia. I dati delle ultime 24 ore sono abbastanza in linea con quelli degli ultimi giorni: 18mila nuovi positivi, 414 decessi e il rapporto tra positivi e test che risale al 14%. La tendenza però è quella di una ripresa dei contagi: dopo un mese e mezzo di calo ininterrotto, per la prima volta negli ultimi sette giorni il numero di nuovi casi ha ricominciato a crescere, come osserva il Gimbe nel suo rapporto settimanale.
La fondazione specifica che l’aumento rispetto alla settimana precedente è del 26% e che si tratta comunque di un dato sottostimato che risente del basso numero di tamponi fatti. È cresciuto rispetto alla settimana precedente anche il numero dei decessi mentre si mantiene stabile, ma oltre la soglia critica in almeno dieci regioni, la pressione sugli ospedali. Ricorda il Gimbe che questi dati non risentono ancora della accresciuta mobilità e dei contatti sociali più frequenti durante le feste.
Quanto ai vaccini, oggi l’Aifa ha autorizzato, dopo l’analoga decisione di ieri delle autorità europee, la commercializzazione del vaccino di Moderna. A partire dalla prossima settimana la farmaceutica statunitense inizierà a distribuire le sue dosi in Europa: quelle destinate all’Italia sono 1 milione 300mila entro marzo, di cui solo 100mila in gennaio.

Italia Viva pone ulteriori condizioni al premier Conte

(di Anna Bredice)

Un nuovo fronte di accuse si aggiunge a quelli ancora aperti da Italia Viva verso Conte, rendendo le cose ancora più complicate, visto che nessuno spiraglio al momento si è aperto sugli altri temi di scontro. Nel commento all’assalto al Congresso statunitense, Conte non ha mai citato Trump, limitandosi a dirsi preoccupato per l’uso della violenza, collegando questo messaggio al presunto coinvolgimento dell’Italia nel Russiagate con il viaggio nel 2019 dell’allora ministro della giustizia usa Barr a Roma alla ricerca di informazioni, ecco che Italia viva torna all’attacco per la delega ai servizi segreti tenuta da Conte e che lui non ha ancora deciso di lasciare. per i renziani questo caso, i legami di allora tra Conte e Trump, sono un esempio della necessità di intervenire, per togliere al Presidente del Consiglio l’eccessivo potere sui servizi di sicurezza. Sono ore di incontri, telefonate ma ancora nessuna riunione ufficiale della maggioranza, anzi è un tutti contro tutti perché la bozza del Recovery plan sarebbe arrivata a Palazzo Chigi, ma non a tutti, almeno questa è l’accusa dei renziani che chiedevano di avere il testo, si attende un incontro bilaterale tra il ministro dell’economia Gualtieri e Italia Viva, ma a quanto pare, nonostante i circa 27 miliardi in più e le numerose voci a favore di misure per investimenti e sud, i primi commenti dei renziani non sembrano positivi. Una tecnica quasi di logoramento, ma entro il fine settimana dovrebbe esserci un Consiglio dei ministri per chiarire definitivamente cosa farà Italia viva. Domani ci sarà anche la direzione del Pd per discutere di cosa fare per uscire da questa crisi.

Timida condanna della violenza da Salvini, ma i fan si ribellano: “Hanno fatto bene”

(di Luigi Ambrosio)

“A Matté, MA VAFFAN…”. Farfallino tricolore come profilo sui social, Marcella è una seguace di Salvini ma oggi si è sentita tradita. Ma come, prima vai in giro con la mascherina di Trump e poi ti smarchi dalle violenze di Washington. Sovranista sì, fessa no deve avere pensato Marcella e come lei le centinaia e centinaia di fan del capo leghista che lo hanno attaccato per quel tweet con cui ha timidamente preso le distanze dalla violenza squadrista dei trumpiani a Washington.
Stesso trattamento lo hanno subito Giorgia Meloni e a Giovanni Toti, per analoga ragione.
“Ma quali violenze? Voi politici siete tutti incapaci di riconoscere un popolo quando chiede rispetto e verità” scrive l’utente “Esercizio Critico”. Immagine profilo di Esercizio Critico: un volto stilizzato e un cervello che si trasforma in una chiave che apre, si immagina, tutte le porte.
Per anni gli apprendisti stregoni della destra sovranista hanno allevato eserciti di follower con la ricetta importata dall’America: nazionalismo, complottismo, fake news spacciate per armi di libertà contro il muro della disinformazione di regime. La verità che nessuno ti racconta. Clicca qui.
Senza Trump e con l’America governata dai democratici di Biden, fare carriera politica in Europa per un cosiddetto sovranista diventa più difficile. Boris Johnson lo ha capito da tempo ed è stato il primo leader mondiale a scaricare Trump.
Salvini, Meloni e compagnia provano a mollare adesso la nave che affonda, ma all’italiana, senza smarcarsi dall’ideologia di estrema destra e soprattutto con il problema degli elettori che non ci stanno. In quel mondo, passare per traditori, per infami è un attimo.
In America, Trump potrebbe essere tentato di mettersi per così dire in proprio rispetto al partito repubblicano e continuare a cavalcare l’onda. In Italia, gli apprendisti stregoni sono in difficoltà. Stanno perdendo il controllo delle scope impazzite? Problema loro. Ma anche un po’ problema nostro che ci chiediamo: chi potrebbe arrivare a mettere ordine?

Elly Schlein accusa: una vergogna le reazioni dei sovranisti nostrani al tentato golpe Usa

Elly Schlein, vicepresidente della Regione Emilia-Romagna, è intervenuta questa mattina a Fino Alle Otto all’indomani dell’assalto al Campidoglio USA da parte dei sostenitori di Trump e in una delle giornate più tese per il futuro del governo di Giuseppe Conte con un Recovery Plan ancora da chiudere e un piano vaccini che non decolla come dovrebbe. [LEGGI L’INTERVISTA]

I manifestanti negli Stati Uniti non sono tutti uguali

(di Diana Santini )

Forse gli attivisti di Black Lives Matter già lo sapevano ma che per la polizia statunitense i manifestanti non fossero tutti uguali non è mai stato tanto chiaro come dopo l’attacco dei sostenitori di Trump a Capitol Hill. Il solo fatto che l’uomo immortalato sullo scranno della Camera possa avere compiuto quel gesto di sfida è la perfetta fotografia del privilegio di cui godono i bianchi: un nero con le stesse intenzioni non sarebbe arrivato vivo fino a là. “Quando i neri protestano, anche pacificamente, affrontano lacrimogeni, arresti, proiettili” ha commentato a caldo il presidente di una delle più antiche associazioni per diritti civili degli States, la Naacp. A quanto pare l’equazione formulata qualche mese fa dal presidente per giustificare le reazioni di piazza della polizia (“quando iniziano i riot la polizia spara” aveva spiegato candidamente) non vale per tutti. Di certo ci sono state anche inefficienze. Quanto volute e quanto frutto di impreparazione? Il raduno era annunciato da settimane. E d’altronde è già successo in passato che la polizia di Washington finisse sotto accusa per episodi che evidenzierebbero una sorta di vicinanza con il suprematismo bianco: manifestazioni non autorizzate ma niente affatto represse, agenti in odore di razzismo, informazioni false diffuse sul conto di membri di Black Lives Matter. Diversi membri del congresso ora chiedono che su quanto successo ieri notte si apra un’inchiesta. Ma le immagini dei poliziotti che aprono le transenne per far passare dimostranti e consentirgli di devastare Capitol Hill, il selfie scattato da un poliziotto con uno di loro, una certa rilassatezza nella gestione dell’ordine pubblico e una malcelata confidenza tra forze preposte a difendere il congresso e scatenati decisi a devastarlo parlano purtroppo molto chiaro.

L’andamento dell’epidemia di COVID-19 in Italia

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    Redazione
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    Il podcast di Francesco Tragni e Giuseppe Fiori registrato dal vivo a Germi e dedicato al mondo dei vinili. Oggi è di scena Ricky Gianco: cantante, chitarrista e compositore, ha iniziato la sua carriera negli anni ’60 col primo nucleo dei Dik Dik, collaborando poi coi Ribelli e coi Quelli (in seguito diventati PFM), nonché con artisti come Tenco e Jannacci. Negli anni ’70, Ricky porta avanti alcuni progetti musicali (e in seguito teatrali) con il cantautore Gianfranco Manfredi, e parallelamente fonda come discografico la Intingo e La Ultima Spiaggia. Complessivamente ha inciso oltre 20 album come solista. Sul palco si è esibito assieme al musicista Stefano Covri.

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