Approfondimenti

Che cosa è successo oggi? – Mercoledì 7 ottobre 2020

Roberto Speranza - ordinanze regionali

Il racconto della giornata di mercoledì 7 ottobre 2020 attraverso le notizie principali del giornale radio delle 19.30, dai dati dell’epidemia in Italia diffusi oggi col commento di Vittorio Agnoletto alle nuove misure anti-COVID approvate oggi dal Consiglio dei Ministri. Assegnato oggi il Nobel per la Chimica 2020, mentre in Grecia il tribunale di Atene ha messo nero su bianco che il partito di estrema destra Alba Dorata è un’organizzazione criminale. Il punto della situazione sul conflitto nel Nagorno-Karabakh e lo scontro negli USA tra il Presidente Donald Trump e il più alto funzionario del governo americano per le malattie infettive, Anthony Fauci. Infine, i grafici del contagio nelle elaborazioni di Luca Gattuso.

I dati dell’epidemia diffusi oggi

Forte aumento dei contagiati dal COVID in Italia nelle ultime 24 ore. Rispetto a ieri sono stati accertati 3.678 nuovi casi, circa mille più di ieri. Sono aumentati anche i tamponi, 25mila più di ieri, a quota 125mila, numero più alto fin qui realizzato. Sono aumentate di 18 unità le terapie intensive, ora a quota 337. Forte crescita in Campania, con 544 nuovi casi accertati, 520 in Lombardia, 375 in Veneto. I morti sono stati 31, ieri 28.
Sarebbe un’illusione pensare che nel contesto internazionale noi siamo fuori pericolo e la politica deve dire la verità – ha affermato il ministro della Salute Roberto Speranza – e ieri in Parlamento l’ho detta, spiegando perchè chiediamo lo stato di emergenza. I dati dicono che il contagio cresce ed è necessario alzare la soglia di attenzione“.

Il commento di Vittorio Agnoletto:


 

Le nuove misure anti-COVID

(di Anna Bredice)

Attenzione, perché la situazione è seria e delicata.” Queste parole pronunciate dal ministro della salute Speranza, subito dopo il Consiglio dei ministri, hanno fatto capire che il Dpcm che andrà in vigore domattina riporta indietro le lancette di parecchi mesi, a fine maggio, quando tutto si era allentato. Ora una nuova stretta, forse ancora più forte di quello che ci si immaginava solo poche ore prima, i dati di oggi hanno mostrato che il virus inizia nuovamente a correre, ed era necessario prendere provvedimenti. Conte, come non accadeva più da molte settimane, è uscito fuori da Palazzo chigi ad annunciare i provvedimenti in una mini conferenza stampa. La novità più importante è l’uso della mascherina, sostanzialmente sempre, esclusa solo per poche eccezioni, e torna anche l’invito a usare la mascherina anche in casa quando ci sono amici e parenti. Perché a differenza del passato, scuole e attività produttive continuano a funzionare e quindi rimane la famiglia il punto più delicato. E’ in corso ora un incontro con le regioni, ma la scelta del governo è presa, saranno possibili ordinanze solo restrittive e non più permissive, nonostante alcuni presidenti si siano opposti. E’ una nuova fase, come ha detto Speranza pochi giorni fa, “staremo con il coltello tra i denti per sei otto mesi”, e se è vero che per fortuna i ricoveri sono di minore entità, la preoccupazione è data dal fatto che non si intendono imporre nuovi lockdown, scuole e lavoro quindi continueranno, ma ad esempio in molte città i trasporti pubblici sono già in una situazione di sofferenza.

Assegnato il Nobel per la Chimica 2020

Il Premio Nobel per la Chimica è stato assegnato oggi alla francese Emmanuelle Charpentier, e alla statunitense Jennifer A. Doudna, “per avere sviluppato il sistema di editing del genoma”, denominato CRISPR. Le due ricercatrici hanno messo a punto la tecnica che taglia- incolla il Dna, e che ha permesso negli ultimi anni di sviluppare nuove terapie contro i tumori e potrebbe rendere possibile la cura di diverse malattie ereditarie.
È la prima volta nella storia dei Nobel dedicati alla scienza, che due donne si dividono il premio; dalla sua istituzione, nel 1901, il Nobel per Chimica è stato assegnato a sole 5 donne in tutto.
Giorgio Casari è docente di genetica medica e direttore del reparto di genomica clinica del San Raffaele di Milano:


 

Grecia, Alba Dorata è un’organizzazione criminale

Il partito greco di estrema destra Alba Dorata è un’organizzazione criminale: lo ha stabilito un tribunale di Atene, che con una storica sentenza oggi ha condannato leader e decine di ex deputati del partito neonazista per vari reati contro migranti, rifugiati e sindacalisti. Per l’omicidio del rapper antifascista Pavlos Fyssas, ucciso 7 anni fa, ora un membro di Alba Dorata rischia l’ergastolo, mentre il leader del partito è stato riconosciuto colpevole di aver guidato un’organizzazione criminale.
Nelle scorse settimane c’era stata una forte mobilitazione in tutta la Grecia perché si arrivasse a una sentenza di condanna per l’intero movimento. Oggi fuori dal tribunale almeno 15mila persone attendevano la fine del processo, e hanno esultato alla lettura della sentenza.
Sono però scoppiati scontri davanti al tribunale tra polizia e manifestanti, con gli agenti che hanno usato idranti e gas lacrimogeni contro i dimostranti. Considerata la crescita dei movimenti neofascisti in tutto il continente, quella contro Alba Dorata è una sentenza che interessa tutta l’Europa.

Cosa sta succedendo nel Nagorno-Karabakh? Il punto della situazione

(di Emanuele Valenti)

L’Iran ha espresso oggi tutta la sua preoccupazione per il conflitto nel Nagorno-Karabakh. Lo ha fatto attraverso il suo presidente, Rouhani, e uno dei più stretti consiglieri della Guida Suprema, l’Ayatollah Ali Khamenei. L’Iran condivide con Armenia e Azerbaijan, gli attori interni di questo conflitto, un lungo confine. La sua preoccupazione è, quindi, comprensibile. La stessa polizia di frontiera iraniana ha fatto sapere che nei giorni scorsi alcuni colpi di mortaio sono caduti nel suo territorio.
In Iran, altro elemento importante, vive poi una grossa comunità azera. Nelle stesse ore ha parlato di un conflitto molto pericoloso anche Vladimir Putin. “È una tragedia – ha detto il presidente russo – stanno morendo molti civili”. Il sud del Caucaso era un tempo territorio sovietico. Mosca ha un accordo militare con l’Armenia, dove c’è anche una sua base operativa, ma ha anche forti legami – soprattutto economici – con l’Azerbaijan.
La Russia è quindi il Paese che ha probabilmente la maggiore influenza in quella regione, ma nonostante la preoccupazione di Putin il Cremlino non sembra essere in grado di fermare gli scontri di questi giorni. Con Francia e Stati Uniti la Russia forma il gruppo di Minsk – all’interno dell’OSCE, l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa – che da metà degli anni ’90 cerca una soluzione al conflitto nel Nagorno-Karabakh. Il presidente francese, Macron, ha chiesto più volte che venisse dichiarata una tregua, ma non è successo nulla.
C’è poi un altro importante, importantissimo, attore esterno, la Turchia, che sta supportando il governo azero. Come ha già fatto in altre zone più o meno lontane – Siria, Libia, nord-Iraq, Mediterraneo Orientale – Erdogan sta mostrando i muscoli, in quella che ad Ankara, sulla base di alcune fonti ben informate, verrebbe considerata una strategia obbligata: guadagnarsi un posto importante sullo scacchiare regionale e anche internazionale, a maggior ragione in un momento caratterizzato da parecchi problemi interni, crisi economica ed emergenza sanitaria.
È per questo, per l’attivismo turco, che la situazione rischia di trasformarsi in un conflitto regionale su larga scala?
Lo scoppio di una guerra aperta tra alcuni degli attori esteri che abbiamo citato non è scontata. La stessa strategia turca di pieno e attivo supporto a Baku si basa probabilmente sulla convinzione che la Russia non scenderà mai in campo con l’Armenia come aveva fatto per esempio a un certo punto della guerra in Siria con il regime di Damasco – in un contesto radicalmente diverso. Mosca e Ankara sono su fronti opposti in diversi teatri di crisi – non solo in Siria ma anche in Libia – ma nonostante tutto hanno anche preso decisioni concordate. Sponsorizzano gli attori in diverse guerre ma non arrivano mai allo scontro diretto. Molto probabile che facciano così anche questa volta. Ricordando ancora la particolarità del Nagorno-Karabakh rispetto alle altre crisi che abbiamo citato.
Il vero problema, forse, è che quello del sud del Caucaso è una delle eredità, irrisolte, della caduta dell’Unione Sovietica. Una lettura che vale anche per l’Ucraina e la Crimea. E anche chi è venuto dopo, abbiamo citato il ruolo di Francia, Russia e Stati Uniti, non è mai riuscito a venirne a capo. Nessuno riconosce ufficialmente il Nagorno-Karabakh, nemmeno l’Armenia. Per il diritto internazionale è territorio azero. La soluzione si dovrebbe essere cercata nel compromesso tra la legalità internazionale e il rispetto e la difesa della comunità azera di quella regione.

COVID-19, la situazione negli Stati Uniti

I contagi di COVID alla Casa Bianca avrebbero potuto essere evitati facendo prevenzione”. Il più alto funzionario del governo americano per le malattie infettive, Anthony Fauci, ha criticato così indirettamente, per l’ennesima volta, Donald Trump. Diversi stretti collaboratori del presidente sono risultati positivi negli ultimi giorni. Trump e Fauci si sono scontrati più volte, in passato, sull’uso della mascherina.
In queste ore il presidente americano è stato criticato anche da diversi esponenti democratici per la sua gestione della pandemia. Questa sera ci sarà il dibattito tra i due candidati alla vice-presidenza, Mike Pence e Kamala Harris. Le elezioni saranno il 3 di novembre.

L’andamento dell’epidemia di COVID-19 in Italia

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    In Etiopia inaugurata la diga della discordia

    Il 9 settembre, dopo 14 anni di lavori, l’Etiopia ha inaugurato ufficialmente la Gerd, la Grand Ethiopian Renaissance Dam, il più grande progetto idroelettrico d'Africa, e tra i 20 più grandi al mondo. Da anni la diga è anche causa di tensione con i paesi a valle del Nilo: Sudan e soprattutto Egitto, che temono di vedere ridotte le proprie risorse idriche, anche in considerazione dei sempre più frequenti periodi di siccità. “Questa diga sarà certamente uno degli epicentri di tensione di questa regione nel prossimo futuro” spiega Luca Puddu, docente di storia dell’Africa all'Università di Palermo, al microfono di Sara Milanese. Ascolta l’intervista andata in onda in A come Africa.

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