Approfondimenti

Che cosa è successo oggi? – Lunedì 6 aprile 2020

Lucia Azzolina

Il racconto della giornata di lunedì 6 aprile 2020, attraverso le notizie principali del giornale radio delle 19.30, dall’analisi dei dati dell’epidemia di Vittorio Agnoletto e il commento di Luca Richeldi del comitato tecnico scientifico al decreto sulla liquidità ormai in dirittura d’arrivo, mentre il via libera al decreto scuola è già arrivato. In Lombardia proseguono le polemiche sull’obbligo di indossare le mascherine ed è in atto uno scontro tra governo e Regione sulla mancata istituzione di una zona rossa in provincia di Bergamo.
Il Ministero della Salute si prepara a fare le verifiche del caso sulle numerose morti al Trivulzio di Milano, mentre in Spagna si pensa già a come far ripartire l’economia. Infine i grafici del contagio nelle elaborazioni di Luca Gattuso.

L’analisi di Vittorio Agnoletto sui dati dell’epidemia diffusi oggi

Tremilaseicento nuovi casi accertati e 636 vittime. Come ogni giorno la protezione civile ha diffuso i dati in suo possesso sulla diffusione del Coronavirus in Italia. Se la diminuzione dei nuovi positivi, oggi 3600 ieri 4300, è imputabile alla diminuzione del numero dei tamponi effettuati, c’è un dato che è stato sottolineato nella conferenza stampa come molto positivo: la diminuzione della pressione sulle terapie intensive e in generale sugli ospedali. “In una settimana i nuovi ricoveri quotidiani sono calati di oltre il 90%“, ha detto Luca Richeldi, del comitato tecnico scientifico.
Il dato sul numero delle vittime, che rispetto a ieri è cresciuto, in una settimana è però calato di circa il 20%. I dati della Lombardia ricalcano abbastanza fedelmente quelli nazionali e sono stati definiti confortanti dall’assessore al Welfare Gallera: da ieri si registrano in regione mille casi in più e trecento vittime. Ma anche in Lombardia cala il numero dei ricoverati e crescono poco gli accessi alle terapie intensive. Milano è la provincia col maggior numero di casi, ma oggi la crescita è stata meno marcata: 308nuovi casi rispetto ai 411 di ieri.
La tendenza dunque si conferma e, ha detto Luca Richeldi del comitato tecnico scientifico, conforta.

A fronte di questi numeri, che sono il frutto di un mese di rigide misure di restrizione dei contatti e che fotografano una crescita solo lievemente rallentata rispetto alla scorsa settimana, come dovrebbe essere fatta questa “fase due”? Possiamo permetterci un allentamento? La valutazione della situazione ad oggi con Vittorio Agnoletto:

 

Decreto sulla liquidità. Ci siamo quasi

(di Anna Bredice)

Dopo ore di rinvio, la prima riunione era cominciata questa mattina, il Consiglio dei Ministri sta per approvare il decreto sulla liquidità delle aziende che dovrebbe mobilitare risorse per 750 miliardi di euro, oltre 400 in più rispetto a quelle previste nel decreto Cura Italia. Il decreto si occupa delle aziende concedendo prestiti, ma anche disponendo la sospensione delle tasse e contributi ad aprile e maggio. Tutte le aziende e le Partite IVA che hanno perso fatturato a marzo, almeno il 33 per cento per quelle fino a 50 milioni e il 50 per centro per le altre, non verseranno tasse e contributi ad aprile e a maggio. Per gli acconti in autoliquidazione non scatteranno sanzioni a chi versa almeno l’80 per cento del dovuto basandosi sulla previsione di incassi del 2020. Per quanto riguarda la liquidità per le aziende, e cioè i prestiti con la garanzia dello Stato, se ne è discusso per tutto il pomeriggio e le bozze, probabilmente quella definitiva, prevede che le banche potranno erogare prestiti fino a 25 mila euro senza attendere l’ok del fondo di garanzia, che sarà del 100 per cento. Per le altre la garanzia che lo Stato metterà sui prestiti sarà del 90 per cento e tra i partiti della maggioranza si è discusso se innalzarla alla totalità o meno. La garanzia è l’assicurazione che lo Stato mette sul prestito concesso, se entro sei anni l’azienda non sarà in grado di restituire l’importo ricevuto allora interverrà lo Stato a coprire i costi: il 90 a carico dello Stato, il 10 sulle spalle delle aziende per quanto riguarda quelle grandi, per le altre ci saranno dei fidi privati.

Via libera al decreto scuola. Ecco cosa cambierà

(di Andrea Monti)

Nessuna bocciatura tra chi frequenta classi diverse dalla terza media e dalla quinta superiore. I voti ci saranno e verranno assegnati sulla base di tutto l’anno, compresa la parte in cui c’è stata solo didattica a distanza. Le insufficienze dovrebbero essere “recuperate” a settembre.
Più complicato lo scenario per la terza media e per la maturità: tutti gli studenti saranno ammessi agli esami, ma con percorsi diversi a seconda che si riesca a rientrare in classe oppure no. La data-limite fissata dal ministero è il 18 maggio. Se arriverà un ok al ritorno a scuola prima di allora, l’esame di terza media si farà, ma con una o più prove in meno rispetto alle quattro previste normalmente. Quelle delle maturità rimarranno tre, ma il secondo scritto sarà preparato dalle singole commissioni, invece che a livello nazionale. Se invece non si rientrerà in classe prima di settembre, l’esame di terza media sarà sostituito da una tesina. La maturità consisterà solo nell’orale, che potrebbe essere fatto a distanza.

La farsa delle mascherine in Lombardia

(di Luigi Ambrosio)

Nemmeno nel peggior incubo burocratico avrebbe mai potuto materializzarsi quello che è successo in Lombardia con le mascherine.
La Regione obbliga i cittadini a indossarle sempre. Ma le mascherine non ci sono. La Regione lo sa, che le mascherine non ci sono anche perché è tra coloro che dovrebbe prodigarsi a distribuirle. Ma obbliga lo stesso i cittadini a indossarle. Ma le mascherine non ci sono. Quindi la Regione dice “mettetevi qualcosa sulla faccia, una sciarpa, un foulard”. Così.
La Regione Lombardia promette che entro la settimana arriveranno 3 milioni di mascherine.
Gli abitanti della Lombardia sono 10 milioni. Le mascherine sono usa e getta.
La metafora di Caporetto è già stata usata in più occasioni, in questa pandemia e poi si era detto niente metafore belliche. Peccato, perché rende bene l’idea.
L’dea della disfatta di Fontana, il presidente che per primo indossò una mascherina in televisione: l’idea della disfatta di Gallera, l’assessore che con totale mancanza di pudore ha approfittato della sua sovraesposizione mediatica per candidarsi a sindaco di Milano.
Una disfatta che, non è una consolazione, si somma all’incapacità degli altri. A 46 giorni dall’inizio della pandemia, oggi l’Ordine dei Medici ha ricevuto 600mila mascherine dalla Protezione Civile. Basteranno per pochi giorni. Ora quantomeno sono a norma. La scorsa settimana, il carico era stato rimandato indietro perché le mascherine non erano nemmeno a norma.

Scontro Governo-Regione sulla mancata zona rossa a Bergamo

(di Massimo Alberti)

Sulla mancata istituzione della zona rossa nelle province di Bergamo e Brescia si è acceso lo scontro tra governo e regione Lombardia. “Era lo stato a dover decidere”, aveva detto questa mattina l’assessore alla sanità della Lombardia Giulio Gallera. Nel pomeriggio è arrivata la risposta di Conte: “Se la Lombardia avesse voluto, avrebbe potuto istituirla” ha scritto il presidente del consiglio a The Post Internazionale. Poco fa l’ulteriore replica del leghista di Bergamo Calderoli, che accusa Conte di fare scaricabarile sulla Regione. Ma dove stanno le responsabilità e chi poteva decidere?
A Fondi, in provincia di Latina, la zona rossa – vera,area circondata da polizia e militari, tutte le imprese non essenziali chiuse – è stata istituita il 19 di marzo sulla base di un’ordinanza regionale concordata col prefetto. Come ci si è arrivati? Passaggio uno: La regione ha mandato i numeri dei contagi al comitato tecnico scientifico. Passaggio 2: il comitato ha dato indicazione di istituirla. 3: la regione ha predisposto l’ordinanza concordando col prefetto – quindi il governo – la disponibilità delle forze dell’ordine per farla rispettare. In Lombardia, per le zone rosse di Nembro, Alzano e Orzinuovi ci si è fermati ai primi due passaggi. Ma poi succede qualcosa. Il comitato tecnico scientifico indica la necessità di chiudere i comuni di Bergamo e Brescia il 3 marzo: solo allora e con grave ritardo, dice il cts, arrivano i dati dalla regione. L’esercito è già sul campo, ma – scrive il Corriere Della Sera – il presidente del consiglio Conte chiede ulteriori approfondimenti. Il 5 marzo il comitato ribadisce che quelle aree vanno chiuse. Ma il governo decide di non farlo, imponendo invece in tutta Italia misure restrittive più morbide rispetto al lodigiano. E aggiunge in calce al decreto: le regioni hanno facoltà di prendere misure più restrittive. Che la Lombardia non prenderà mai. E per le quali serviva l’aiuto almeno dei prefetti, cioè del governo. Insomma, al contrario di quanto avvenuto per l’esempio di Fondi, governo e regione non collaborano. Ma da subito si rimpallano quello che è un evidente problema politico: chiudere un’area ad alta densità industriale, cosa di cui nessuno evidentemente voleva prendersi le responsabilità nonostante le indicazioni sanitarie, In provincia di Bergamo sono stimati circa 5000 morti e 300mila contagiati.

Anziani morti al Trivulzio: si muove il Ministero della Sanità

(di Letizia Mosca)

Il Trivulzio, ovvero la Baggina, il polo per anziani più conosciuto a Milano, ma anche altre case di riposo. Il Procuratore aggiunto, Tiziana Siciliano, ha spiegato che “l’intero sesto dipartimento della procura milanese, competente per la salute pubblica, sta lavorando ai fascicoli aperti dopo le tante segnalazioni“. I reati contestati: diffusione colposa di epidemie e omicidio colposo”. 70 le morti sospette. Si stanno verificando posizioni documentali e le tante segnalazioni e denunce dei parenti degli anziani morti,dei sindacati, delle associazioni: ritardi, negligenze, bugie.
Il ministro della Sanità, Roberto Speranza,ha deciso di inviare gli ispettori al Trivulzio, quello degli Affari regionali, Francesco Boccia, chiede alle Regioni di comunicare tempestivamente alla Protezione civile, quali sono le Rsa in condizioni critiche.
Una strage silenziosa di anziani che va vanti da almeno un mese nelle Rsa di Milano e della Lombardia. Salme portate via a decine. Morti senza nessun tampone, quindi fuori dal conteggio della Protezione Civile. “Morivano e a noi, nonostante l’evidenza dei sintomi, dicevano che si trattava solo di polmoniti stagionali“, ha raccontato un delegato sindacale.
Il presidente della regione Fontana, si difende sulla delibera, con cui, l’8 marzo ,la Lombardi ha chiesto alle case di riposo di accogliere, proprio tra le persone più fragili, pazienti Covid-19 dimessi dagli ospedali e in quarantena. “Non è che venissero messi a fianco degli assistiti delle Rsa – ha chiarito Fontana – esistevano dei reparti vuoti“.
L’assessore parla di “travisamento della realtà sulle mascherine necessarie non fornite e sui morti“, dichiarando che, sì, al Trivulzio “qualcuno si è infettato ed è morto di Covid, ma sono 18 e non 70. Una media bassa, rispetto ad altre strutture“, dice lui. Ma dalla Baggina, gli operatori affermano ancora che solo nella prima settimana di aprile hanno contano 5 morti al giorno.

COVID-19 in Spagna. Come ripartirà l’economia?

(di Emanuele Valenti)

Nelle ultime ore alcuni ministri del governo Sanchez lo hanno detto più volte: nel pieno rispetto della sicurezza sanitaria dobbiamo iniziare a studiare come far ripartire l’economia.
Il dilemma, lo sappiamo, è quello di tutti i governi del mondo. Come bloccare la diffusione del coronavirus senza congelare completamente la produzione? La risposta non c’è, sappiamo anche questo.
I ministri spagnoli iniziano a parlare di ripartenza perché stando ai numeri ufficiali il paese sembra aver raggiunto il picco dei contagi e dei decessi. Il numero delle vittime, oggi, è il più basso da oltre dieci giorni. Come in Italia i dati continuano quindi a crescere, ma lo fanno a un ritmo sempre più ridotto.
Le restrizioni rimarranno invariate fino a fine aprile. I dati rimangono infatti gravissimi. In proporzione alla sua popolazione la Spagna è infatti di gran lunga il paese maggiormente colpito dalla pandemia da coronavirus. Per numero di morti – 265 per ogni milione di abitanti – e per numero di contagiati – 2786 per un milione di abitanti. Un impatto più forte anche rispetto agli Stati Uniti, che in queste ore dovrebbero entrare nella loro settimana più difficile.
Le aree più colpite sono quelle più ricche, Madrid e poco più sotto la Catalogna.
Tra il personale medico ci sono quasi 20mila casi, il 10% è grave e ha dovuto ricorrere al ricovero. I media spagnoli, giustamente, iniziano a indagare sui danni provocati dalla privatizzazione del settore sanitario.
Il governo – che su questa crisi si è mosso come molti altri in ritardo – sta valutando di aumentare in maniera importante il numero dei test, in modo da andare a individuare i possibili asintomatici.
Le compagnie nazionali stanno producendo circa 240mila kit alla settimana, e dovrebbero allargare la produzione, perché una buona parte del materiale viene ancora importata dall’estero.
Il pensiero alla situazione economica è comprensibile.
Negli ultimi anni la Spagna era riuscita a uscire dalla profonda crisi seguita al crack del 2008. Stava addirittura facendo meglio di altri paesi della zona euro. Ora però sarà costretta a fare i conti con le sue solite fragilità: un alto debito pubblico e una ridotta diversificazione del sistema economico.
In queste ora anche a Madrid, come a Roma, guardano con molta attenzione a quello che decideranno a Bruxelles, Berlino e Amsterdam. Domani ci sarà una riunione importante a livello comunitario.
Oggi Angela Merkel ha detto che questa è la crisi più grave dell’Unione Europea dalla sua nascita. A Madrid sperano che la valutazione della cancelliera tedesca si traduca in misure eccezionali…in sostanza un paracadute che non pesi al 100% sul futuro debito pubblico spagnolo.

L’andamento dell’epidemia di COVID-19 in Italia

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