Approfondimenti

Volatili e pressati da elettori inquieti

I leader e l’essere giovani? Può servire, ma non è l’arma vincente. I leader e il culto dell’immagine? Il fisico e le espressioni ginniche non sono l’asset decisivo. I leader e l’antipolitica? Ci arrivano perché sono a corto di risposte.

E’ il quadro che emerge da alcune riflessioni fatte dai due ospiti di oggi a Memos, due politologi: Donatella Campus dell’Università di Bologna (Lo stile del leader, Il Mulino, 2016) e Mauro Calise (La democrazia del leader, Laterza, 2016).

Oggi anche sulla prima pagina di Repubblica – dopo che è girata sul web – è apparsa la foto del premier canadese Justin Trudeau, 44 anni, progressista, ritratto nella cosidetta “posizione del pavone”, un gesto ginnico di abilità e forza fisica. Il giovane premier canadese contrapposto ai settuagenari leader delle primarie negli Stati Uniti, sia democratiche che repubblicane.

L’argomento è stato lo spunto per iniziare la conversazione con Campus e Calise sui leader di oggi, il loro corpo, la loro politica. Sembra una storia già vista e già sentita in passato. Ci sono delle differenze?

Donatella Campus
Donatella Campus

Campus. «Nella comunicazione politica contemporanea esiste oggi un fenomeno che si chiama “celebrity politcs”. La politica si è spettacolarizzata e anche i leader politici sono trattati come le celebrità. Naturalmente, i leader politici giocano su questo. I media offrono lo spunto e i politici capitalizzano. Trudeau è giovane, ha un’immagine molto energica, il suo gesto fisico manda un messaggio politico di forza, di tonicità e si presume che si traduca in efficacia della sua politica. E’ un passaggio audace».

Calise. «Direi che la novità non c’è. Dobbiamo tener conto che con i tempi che corrono, con le guerre e il terrorismo alle porte o dentro casa, questi fattori non avranno tanta importanza. In certi momenti aiutano, ma magari sei mesi dopo occorre avere un piglio del tutto diverso. Oggi ci vuole un’esperienza e una capacità di manovrare sui prosceni internazionali dove le capriole e il fisico performante non è che aiutino molto. Certo, può essere un asset, ma di questi tempi non è l’asset principale».

Per alcuni leader, alimentare la paura è stato uno strumento della propria politica. A quel punto la forza espressa con l’immagine è solo una questione “estetica” oppure è la conseguenza diretta della scelta di investire sulle paure dei cittadini?

Campus. «I fattori dell’immagine contano fino ad un certo punto. Noi siamo in una fase di incertezza, di inquietudine: c’è la crisi economica, la pressione del flusso di migranti che pone sfide sia economiche che culturali, la minaccia del terrorismo. In questa inquietudine i cittadini si rivolgono ai leader per avere risposte. I leader però faticano a darle, anche perché è cambiata la condizione complessiva: ci sono meno risorse, minori capacità di dare risposte efficaci nell’immediato. In questo contesto arrivano a volte dei leader che capitalizzano il senso di antipolitica usando anche la paura. Non è un tema nuovo. Molti leader carismatici del passato sono venuti fuori nella stessa maniera: sono riusciti a convincere i cittadini di essere dei risolutori di problemi. Oggi assistiamo a dei movimenti dei partiti e dei leader che hanno una narrazione basata sulla fomentazione dell’inquietudine e sul provare a proporsi come risposta».

Mauro Calise
Mauro Calise

Calise. «Il dato fondamentale di questa fase non è tanto la novità di questi fenomeni, quanto la loro estrema volatilità e fragilità. Le leadership vivono e sopravvivono su un palcoscenico mediatico estremamente mutevole. E’ questa la vera novità. I leader del passato si affermavano e si consolidavano per cinque-dieci anni, oggi invece sei sotto i riflettori in continuazione. In questo senso può aiutare una capacità performante dal punto di vista fisico, l’abbiamo visto con Renzi. Oggi c’è una “ginnastica” quotidiana massacrante e la volatilità del fenomeno politico ci mette tutti in agitazione e ne dobbiamo essere un po’ preoccupati».

La conversazione con Calise e Campus prosegue sulle eccezioni alla leadership giovanile, con i casi di Bernie Sanders negli Stati Uniti e Jeremy Corbyn in Gran Bretagna.

Campus. «La questione dell’età è in assoluto marginale. La storia ci insegna che tra i leader che hanno veramente cambiato le cose abbiamo avuto personaggi di una certa età: Reagan negli Stati Uniti e De Gaulle in Francia. Quanto a Sanders, penso che sia un caso molto interessante. Sanders sta avendo successo per l’inquietudine che c’è in una parte dell’elettorato americano. Sono preoccupati per le loro condizioni di vita e chiedono protezione. Il messaggio di Sanders è una risposta alle loro inquietudini».

Calise. «Lei ha citato un caso, quello del Labour in Gran Bretagna, dove alle spalle di Corbyn c’è ciò che resta di un’organizzazione anche tradizionalista come il Labour Party. Quella di Corbyn è come se fosse un’operazione alla Cofferati dieci anni dopo. Per quanto riguarda Sanders, invece, lui ha il sostegno di Move On, l’organizzazione in rete che ha fatto la fortuna di Obama. Il caso che lei non ha citato di leadership non giovanissima è quello di Papa Francesco, che ha dietro l’ultima grande organizzazione planetaria. Tutto ciò per dire che questi fenomeni vanno osservati in maniera un po’ più complessa: ci vuole sia la leadership, ma anche un’organizzazione alle spalle».

Nella conversazione con Donatella Campus e Mauro Calise è stato affrontato anche il tema del leader e del suo rapporto con la partecipazione alla politica dei cittadini. Il leader tende ad escluderla o non ne può fare a meno? La trasmissione si conclude con un riferimento specifico all’Italia e a Renzi.

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  • Autore articolo
    Raffaele Liguori
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    Ottanta anni fa, dalla lotta di Liberazione, nasceva l'Unione Donne Italiane

    Nell'ottobre del 1945 nasceva l’Udi, Unione donne italiane, ora sul sito della storica associazione si legge Unione donne in Italia, perché – spiegano – anche le donne che vengono da altri paesi possono entrare nell’Udi e sentirsi unite in battaglie che dopo 80 anni non sono ancora terminate. È quella per difendere la 194 da chi in questo governo vuole limitarla, svuotandola, quella per ottenere il “bilancio di genere”, come spiega Liviana Zagagnoni, responsabile nazionale dell’Udi. Una legge di bilancio pensata anche per le donne, con investimenti per gli asili nido e per i congedi parentali e poi quella per avere una vera parità di genere, nei salari, ma anche nelle relazioni, per una società senza più femminicidi. Una storia iniziata ottanta anni fa da ragazze e donne che fecero la Resistenza e che quella partecipazione attiva nella lotta di Liberazione volevano continuarla per ottenere dei diritti, a cominciare da quello del voto. Lo ricorda Luciana Romoli, staffetta partigiana di 95 anni, una delle fondatrici dell'Udi, incontrata al convegno che alla Camera dei deputati celebra l’anniversario e che ci racconta la sua storia e l’ostilità che l'Udi trovò negli uomini, anche del partito comunista. Le interviste di Anna Bredice.

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    Ersilia e le altre, all’alba del femminismo italiano

    Ersilia Bronzini Majno nasce a Milano nel 1859. Sensibilissima alle difficoltà delle donne, soprattutto delle meno fortunate, si unisce presto ad altre pioniere del femminismo italiano, Laura Solera Mantegazza, Alessandrina Ravizza, Anna Kuliscioff. E nel 1899 è cofondatrice dell’Unione Femminile, la prima realtà italiana per l’emancipazione delle donne, alla quale farà seguito la creazione del celebre Asilo Mariuccia, per l'infanzia abbandonata. Lucia Tancredi, che da anni racconta storie di donne che hanno fatto la storia del femminismo, firma il libro "Ersilia e le altre" (Ponte alle Grazie"). L'intervista di Anna Bredice a Lucia Tancredi.

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    a cura di Davide Facchini. Per le playlist: https://www.facebook.com/groups/406723886036915

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    Ospite Dario Martinelli, semiologo e docente alla Kaunas University of Technology per parlarci del suo ultimo libro Anche Hitler era vegano, demagogia e stereotipi della vegafobia, @Mimesis Edizioni, ma anche delle 1000 gru morte di aviaria in Germania. A cura di Cecilia Di Lieto

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