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Le sterilizzazioni forzate delle Rom

La situazione delle comunità Rom dell’Europa centro-orientale è oggetto di interesse per Bruxelles dagli anni del processo di avvicinamento dei Paesi dell’area all’Unione europea. In quel periodo la Commissione europea ha infatti più volte rivolto un appello ai Paesi interessati per fare di più contro l’emarginazione sociale dei membri di questa minoranza. Qualcosa è stato fatto ma evidentemente mai abbastanza e i problemi continuano a esistere.

La minoranza Rom in Ungheria conta, secondo diverse stime, da 600mila a 800mila membri. Le valutazioni sono approssimative ma mettono in luce il fatto che si tratta di una comunità ben numerosa. La maggiore minoranza etnica del Paese dal punto di vista numerico. Il grosso dei suoi appartenenti vive nelle regioni nord-orientali, quelle più depresse dal punto di vista economico. Disoccupazione, abbandono scolastico, tassi di mortalità più alti della media, caratterizzano la situazione di questa realtà che lamenta oltretutto lo stato di discriminazione in cui si trova da tempo.

Un fenomeno che a quanto pare inizia negli anni della scuola: diverse sono infatti le storie che raccontano di classi separate per i bambini Rom nelle scuole ungheresi, slovacche, ceche, romene. Si tratta di storie tristi che accomunano il vissuto di queste comunità nei vari Paesi dell’area. A queste si aggiungono i resoconti riguardanti la situazione delle donne Rom ancora più alle prese con i problemi legati alla disoccupazione e all’emarginazione sociale.

Ma c’è in particolare un fenomeno che mette in causa il problema di un certo tipo di violenza subita da diverse donne Rom e denunciata in questi anni dalle medesime e da organizzazioni per i diritti umani. Una violenza fisica e psicologica che nega qualsivoglia diritto alla dignità. Quella riguardante casi non infrequenti di donne Rom sterilizzate contro la loro volontà. A questo proposito si può menzionare l’inchiesta intitolata “Corpo e anima: casi di sterilizzazione forzata e altri attentati alla libertà riproduttiva dei Rom in Slovacchia” che è stata realizzata nel 2003 dal Centro per il diritto alla riproduzione e servizio di consulenza per i diritti civili e umani di New York.

Da questa indagine risulta che a partire dal 1989 a oggi ci sono stati ben oltre cento casi di sterilizzazione forzata di donne Rom in ospedali pubblici della Slovacchia orientale. Nel novembre del 2012 la Corte europea per i diritti umani ha affermato in una sentenza che diversi medici operanti in ospedali slovacchi hanno violato il diritto di donne Rom alla riproduzione e alla possibilità di creare una famiglia. Risale a quell’anno una ricerca sulla discriminazione e sui soprusi ai danni di cittadini Rom slovacchi realizzata da diverse Ong che hanno messo in evidenza il problema delle sterilizzazioni forzate.

Secondo diversi osservatori si tratta di un problema trattato con poca attenzione dalla stampa slovacca. Un problema irrisolto dal momento che, secondo il Comitato dell’Onu per l’eliminazione delle discriminazioni razziali, non vi sono indagini vere e proprie disposte dal governo su questo fenomeno né vi è una situazione soddisfacente sul piano degli indennizzi malgrado due sentenze emesse negli anni scorsi dalla Corte europea per i diritti umani contro Bratislava.

La situazione dei Rom è peggiorata dalla caduta dei regimi, ma sembra che alcuni fenomeni come quello in questione avvenissero anche a quell’epoca. Secondo diversi attivisti dei diritti umani tale pratica ha resistito e il suo scopo sarebbe quello di controllare le nascite. A volte alle donne Rom vengono offerti soldi o regali, come sacchi di carbone o elettrodomestici oppure ancora dei bonus che vengono definiti premi di sterilizzazione. Ma in diversi casi, donne di questa comunità affermano di essere state sterilizzate senza che venisse loro chiesto il consenso. Negli anni scorsi donne Rom ungheresi, slovacche, ceche, romene e bulgare hanno denunciato questi soprusi alle organizzazioni per la difesa dei diritti umani. In effetti non se ne parla tanto e non solo in Slovacchia, ma questo non significa che la cosa non avvenga più.

Massimo Congiu è direttore dell’Osservatorio Sociale Mitteleuropeo, un’agenzia che si propone di monitorare il mondo del lavoro e degli affari sociali in Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca.

 

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    Massimo Congiu
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    A Belèm in Brasile lunedì si apre la Cop30 per il clima per cercare di tenere insieme la lotta al riscaldamento globale sotto i colpi del negazionismo di Trump e delle guerre; insieme alla Cop nella città amazzonica si riuniscono migliaia di rappresentanti di movimenti e organizzazioni sociali per elaborare proposte sulla crisi climatica, a partire da quelle relative all'Amazzonia e ai popoli che la abitano. Si chiama Cupola dos Povos ovvero "cupola dei Popoli", e non è la prima volta che si riunisce anzi, è una tradizione. Come ci racconta una delle leader del movimento indigeno brasiliano Sila Mesquita Apurina intervistata da Sara Milanese.

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    Gaza, l’Onu chiede cibo e tende per l’inverno, ma Israele continua a demolire edifici con raid aerei

    Gaza, l’Onu chiede cibo e tende per l’inverno, ma Israele continua a demolire edifici con raid aerei “A Gaza mancano cibo e rifugi, bisogna aprire il valico di Rafah”: è l’ennesimo appello che l’Onu rivolge a Israele. A quasi un mese dall’entrata in vigore del cessate il fuoco, nella Striscia entra ancora solo una minima parte degli aiuti previsti; le agenzie umanitarie denunciano che Israele impedisce l’ingresso anche a tende, coperte e rifugi. I palestinesi della Striscia, in gran parte sfollati, non sono in condizione di affrontare la stagione fredda che si avvicina. L’esercito però, in violazione del cessate il fuoco, continua l’opera di demolizione degli edifici: dall’alba sono in corso raid aerei sui quartieri orientali di Gaza City. A livello diplomatico intanto gli Stati Uniti, intanto, portano avanti il loro piano per Gaza presso il consiglio di sicurezza dell’Onu: nelle scorse ore la risoluzione che autorizza la Forza internazionale di stabilizzazione è stata presentata anche ai paesi arabi coinvolti nel processo di mediazione tra Hamas e Israele. Da Deir al Balah, la testimonianza di Nicolò Parrino, responsabile logistica di Emergency a Gaza, intervistato da Chawki Senouci.

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    Monica Frassoni, presidente della Alleanza europea del risparmio energetico, commenta l’accordo raggiunto a Bruxelles per gli obiettivi climatici 2040 (90% riduzione delle emissioni ma con 5% di "sconto" ovvero di crediti di carbonio che si possono spendere in progetti di riforestazione in giro per il mondo). Sara Milanese presenta l'incontro dei presidenti a Belém in Brasile come prologo della Cop30 per il clima che inizia lunedì nella citta amazzonica e ci fa ascoltare Sila Mesquita Apurina una delle leader dell'Alleanza delle comunità indigene che organizza la "cupola dei Popoli, l'incontro che da 30 anni porta avanti le istanze dal basso delle società civili, indigene e non. Caterina Pozzi, presidente del CNCA (Coordinamento Nazionale Comunità Accoglienti) ci racconta della contro-conferenza su droghe e dipendenze mentre apre domani quella del governo che rivendicherà l'approccio punitivo e proibizionista. Infine, Alessandro Diegoli rilancia al staffetta 50e50 non solo in Lombardia ma in tutto il mondo.

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