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Borsellino, l’agenda rossa torna a casa

Si chiama “acchianata” la salita delle Agende Rosse al castello di Utveggio, un rito che dal 2009 si svolge a Palermo in prossimità del 19 luglio, la data dell’attentato del 1992 in cui morirono Paolo Borsellino e 5 agenti della sua scorta. Sotto il sole seguiamo l’inarrestabile Salvatore Borsellino che ci porta in cima al monte Pellegrino da cui si può vedere la casa dove viveva la loro madre, in via Mariano D’Amelio. Un luogo strategico per controllare le mosse di suo fratello Paolo, dato che ospitava una sede dei servizi segreti. Un luogo simbolico oggi dove le Agende Rosse che arrivano da tutta Italia si riuniscono per chiedere giustizia.

Quest’anno però, a venticinque anni dalla strage, c’è un’agenda in più ad affrontare la fatica della salita: l’Agenda Ritrovata. Si tratta di una seconda agenda di Paolo Borsellino, identica a quella che conteneva i suoi appunti e che scomparve misteriosamente subito dopo l’attentato. Questa seconda agenda che oggi ci accompagna è stata ritrovata intonsa in un cassetto e Salvatore ha deciso di consegnarla agli amici dell’ associazione culturale L’Ora Blu, che l’ha fatta viaggiare in bicicletta lungo la penisola. E’ partita da Bollate, alla periferia di Milano, per arrivare fin qui dopo 23 giorni e 2500 km. Sfogliandola troviamo circa 3.000 firme raccolte strada facendo: ci sono associazioni, bambini incontrati nelle scuole, insegnanti, scrittori, sindaci, persone che lottano contro la mafia, artisti, testimoni di giustizia e ovviamente tantissimi cittadini che hanno aspettato e accolto la ciclostaffetta nelle varie tappe. L’agenda spesso e volentieri durante i suoi spostamenti si è fermata nei beni confiscati per essere poi custodita di notte in luoghi amici. Ad esempio a Barcellona Pozzo Di Gotto ha trascorso la notte a casa della famiglia Manca, anch’essa vittima di mafia.

Nell’ultima tappa, 70 chilometri, siamo partiti da Cefalù in una cinquantina per arrivare a Palermo in via D’Amelio, facendo l’ultimo tratto scortati. All’arrivo un fragoroso applauso ha coperto il suono dei campanelli. A seguire lacrime e abbracci. In testa allo stormo rosso e pedalante c’era Salvatore Borsellino. Ieri come oggi gli si allarga il cuore incontrando la gente per strada, mentre la rabbia sembra placarsi. “Grazie per essere venuti fin qui, mi date la forza per non smettere di lottare perché vogliamo giustizia e verità” ci ripete. Con le lacrime agli occhi, fiero ed emozionato, ripercorre la vita e le scelte del fratello descrivendole come un sogno d’amore e un atto di speranza. “Palermo non mi piaceva, per questo imparai ad amarla”, sono le parole di Paolo che Salvatore ha ricordato anche davanti al Sindaco Leoluca Orlando, che ci ha accolti in Municipio.

C’è un simbolo che ricorre in questo viaggio perchè ha unito Salvatore Borsellino e i ragazzi che hanno pedalato da Bollate a Palermo: una freccia che indica un cerchio. E’ il simbolo scelto come logo molti anni fa dall’ associazione L’ Ora Blu ma è soprattutto il segno con cui Paolo Borsellino indicava nei suoi scritti gli appuntamenti e le telefonate con la madre. E’ l’immagine del ritorno al nido, un ritorno che venne interrotto brutalmente il 19 luglio del 1992 e che oggi si compie grazie alla fatica di un gruppo di sognatori che, pedalata dopo pedalata, ha unito l’Italia nel nome di Paolo. Perché Salvatore ha ragione: “Non potranno mai inventare una bomba che uccida l’Amore”.

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(Foto Ivano De Pinto)

  • Autore articolo
    Paola Piacentini
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    1980, crocevia dello stragismo in Italia: dalla stazione di Bologna agli omicidi Bachelet, Costa, Galli, Amato e Tobagi. E poi l'assassinio di Piersanti Mattarella e la strage di Ustica. Gli interessi dei poteri criminali (da cosa nostra all’eversione nera a pezzi “infedeli” dei servizi segreti, i poteri occulti), a volte convergenti o soltanto paralleli. Dell’omicidio Mattarella restano ancora i segni di quella pista nera il giudice Falcone riconobbe e seguì nella seconda metà degli anni ‘80. Pubblica ha ospitato la giornalista e saggista Stefania Limiti e l’ex direttore dell’istituto “Ferruccio Parri” Emilia-Romagna Luca Alessandrini.

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    Pane, olio e libertà per la Palestina

    Sta diventando impossibile lavorare i propri campi per i contadini della Cisgiordania, soprattutto tra Hebron e Nablus, circondate da nuovi avamposti dei coloni. Le aggressioni si moltiplicano insieme alle minacce e allora diversi gruppi di contadini solidali si sono mossi per andare ad aiutare gli olivicoltori palestinesi. Questo è il racconto di Francesco Franchi della comunità agricola Mondeggi Bene Comune di Firenze, che ci descrive la sensazione di essere circondati, ma anche l’importanza della raccolta dell’olive, dell’importanza dell’olio e del potersi aiutare tra contadini, una pratica che contraddistingue la cultura dei campi mediterranea. “Per noi agricoltori è insopportabile che un momento comunitario e collettivo come la raccolta, non possa avvenire in sicurezza”. L'intervista di Claudio Jampaglia e Cinzia Poli.

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