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Strage di Londra, le ore dell’attacco

Mercoledì pomeriggio intorno alle 16 una macchina si è lanciata in una corsa assassina su Westminster Bridge, falciando i passanti, lasciandosi alle spalle tre morti e almeno altri 40 feriti. Il guidatore ha poi schiantato l’auto contro i cancelli del parlamento inglese, ha percorso a piedi i metri che lo separavano dall’entrata principale, si è gettato armato di coltello su un poliziotto ed è stato abbattuto dagli spari della polizia. L’agente e l’attentatore sono morti poco dopo a causa delle ferite.

La polizia ha affermato che si tratta di un attacco terroristico, a un anno esatto dagli attentati di Bruxelles. L’identità dell’attentatore è ancora sconosciuta. Per alcune ore si è pensato che fosse Abu Izzadeen, un estremista già conosciuto dalle forze dell’ordine britanniche ed incarcerato per propaganda terroristica, ma il suo avvocato conferma che Izzadeen si trova ancora in prigione.

La polizia ha bloccato l’intera area. Secondo un poliziotto presente sulla scena potrebbero volerci ore, forse giorni prima che la mobilità sul ponte riprenda il suo corso. Una testimone, Bernadette Kerrigan, si trovava su un bus turistico che procedeva in senso contrario alla Hyundai grigia dell’attentatore: “Abbiamo sentito dei colpi, ho visto una persona sotto alla macchina, e almeno una decina di corpi per terra.  Tutto è accaduto molto in fretta. C’era molto sangue.”

La prima persona è stata colpita dall’auto sul marciapiede all’inizio del ponte, e per l’impatto sarebbe volata al di là del parapetto, sulla passeggiata sottostante, dove la polizia ha coperto il corpo con un telo bianco. La macchina ha continuato la sua corsa verso il parlamento, travolgendo i passanti nel suo cammino. Ismail, un altro testimone, ha parlato di “almeno sette o otto persone ferite, la gente volava come palloni da calcio”. Il numero è poi salito a 40, di cui almeno tre poliziotti e due persone in condizioni gravi.

Sri Srikatth, farmacista al St Thomas Hospital che si trova di fronte al parlamento sulla riva sud del Tamigi, si trovava sul ponte al momento dell’impatto, di fianco a una bancarella di souvenir anch’essa travolta dall’auto: “Stavo camminando, e le persone al mio fianco sono state colpite da un’auto. Erano due donne, una orientale. Io mi sono buttata a terra e ho chiuso gli occhi”.

La macchina poi è stata esaminata dagli artificieri, per eliminare l’ipotesi che si trattasse di un’auto-bomba. Tutta Westminster è stata evacuata, la stazione della metropolitana rimane bloccata, i londinesi hanno lasciato i loro uffici prima del solito e si sono diretti a casa. I turisti sul London Eye, la ruota panoramica di Londra che si trova a poche decine di metri dal ponte di Westminster, sono rimasti bloccati per tre ore. Sono stati tutti interrogati dalla polizia per raccogliere le loro testimonianze, inclusa un’intera scolaresca francese.

Jim Hutchinson, originario di Boston, si trovava in una cabina in cima alla ruota assieme alla sua famiglia quando si è bloccata. “C’erano tre gruppi di persone a terra. I paramedici ci hanno messo molto prima di trasferirli sulle barelle, e poi sulle ambulanze. Durante tutto quel tempo pensavo che fossero tutti già morti.” Il figlio Jack, di 16 anni, ha descritto la sua esperienza come “terrificante, durante i primi minuti. Poi però ero più preoccupato per le persone a terra. C’erano almeno cinque barelle. Il personale continuava a mandare un messaggio rassicurante ogni 10 minuti.”

I parlamentari sono rimasti chiusi nell’aula fino alle 19.30. Theresa May si trovava nel parlamento al momento dell’attentato, ed è stata subito scortata dalla polizia al suo ufficio in Downing Street. Eli, assistente di un parlamentare del partito laburista, è stato bloccato all’interno del parlamento fino alle 20: “Abbiamo sentito un allarme e la sicurezza urlare che non era un test, di chiudersi nei propri uffici”. Il parlamento è stato setacciato da cima a fondo prima che la polizia facesse uscire i presenti.

  • Autore articolo
    Paola Tamma
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    Troppo caldo, lavoratori in sciopero. 36 gradi nel capannone dove si producono componenti per i condizionatori. Il paradosso è che, in quella ditta, si producono scambiatori di calore, componente fondamentale per gli impianti di climatizzazione. Che però, nei capannoni della Emmegi di Cassano d’Adda, non ci sono. La conseguenza, temperature roventi, che superano i 36 gradi, e condizioni di lavoro inaccettabili. Per questo lavoratori e lavoratrici stanno scioperando, per ottenere almeno un po’ di refrigerio, che però al momento viene negato dalla proprietà, che anzi ha incaricato un consulente per farsi dire che “la temperatura è acettabile”. Maurizio Iafreni è Rsu Fiom alla Emmegi e responsabile della sicurezza: (foto Fiom Cgil)

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