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50 anni fa veniva assassinato il cantautore e poeta Victor Jara

Fondazione Victor Jara

“È il canto universale, la catena che farà trionfare, il diritto di vivere in pace”: El derecho de vivir en pax, Victor Jara l’aveva scritta nel 1971 in solidarietà al popolo vietnamita di fronte all’invasione degli Stati Uniti. Divenne presto, però, il suono della rivoluzione, del desiderio che il popolo cileno di realizzare le riforme di Salvador Allende.

Victor Jara fu la voce e la chitarra del Cile di Allende. Una voce scomoda, che dopo il colpo di stato di Pinochet venne eliminata seduta stante. E’ stato torturato, per giorni, e poi ucciso con 44 colpi di pistola il 16 settembre 1973. 5 giorni dopo il colpo di stato, 50 anni esatti oggi. La tortura è durata almeno tre giorni. Lo colpirono al visto, alla testa alle mani e poi ridendo gli dicevano “prova a suonare adesso”. Il suo omicidio rientra tra quelle ferite aperte che 50 anni dopo bruciano ancora sulla pelle del popolo cileno.

Solo quest’anno, mezzo secolo dopo la sua morte, il Cile ha chiuso un cerchio. A inizio mese la Corte suprema ha condannato in via definitiva a pene tra gli 8 e i 25 anni di carcere sette militari in pensione per il sequestro e l’assassinio del musicista, poeta, regista e autore teatrale, confermando la sentenza emessa dalla Corte d’Appello nel novembre del 2021.

Victor Jara è morto, gli uomini di Pinochet hanno fatto di tutto per spegnere la sua musica, ma la sua voce, che parla di fraternità e di giustizia sociale, non ha mai smesso di denunciare gli abusi del potere. 50 anni dopo, il suo ricordo non potrebbe essere più vivo. E non per nostalgia, per commemorazione, ma perché ciò di cui parlava Jara, vale anche oggi, ed è valso soprattutto nel 2019.

La musica di Victor Jara è stata la più cantata durante quelle proteste di piazza incredibili che sono e sono state la rappresentazione plastica di come la storia si intrecci al presente, di come l’onda lunga del passato arrivi – con tutta la sua irruenza nell’attualità. Non sono state gli uomini e le donne degli anni 70 a dare vita all’estallido social, ma i ragazzi e le ragazze nati negli anni 90. Eppure sulle loro chitarre, sulle loro labbra, la parole scritte di Victor Jara sembravano scritte ieri.

E così El derecho de vivir en pax, è diventata l’inno dell’estallido social. Nell’autunno del 2019 risuonava ovunque, nelle piazze piene e nelle strade vuote dopo il coprifuoco. I ragazzi e le ragazze hanno risposto alla violenza dell’esercito e dei carabineros cantando della loro voglia di pace, riaprendo quei grandi viali su cui cammina l’uomo libero che dopo la morte di Allende sembravano essersi chiusi. Questa è la forza di Victor Jara, e né il tempo né la morte potrà mai togliergliela.

Foto | Fundación Víctor Jara

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    Martina Stefanoni
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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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