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25 aprile 1974 – 25 aprile 2024. La rivoluzione dei garofani compie 50 anni

La rivoluzione dei garofani compie 50 anni

25 aprile 1974 – 25 aprile 2024. La rivoluzione dei garofani compie 50 anni. Gli eventi che portarono alla fine della dittatura fascista portoghese e il racconto della notte del golpe dei militari rivoluzionari nello speciale di Esteri a cura di Sara Milanese Luisa Nannipieri e Alessandro Principe.

La dittatura e la nascita del movimento per la rivoluzione

(di Sara Milanese)

La dittatura che per oltre quarant’anni ha oppresso il Portogallo è stata la più longeva d’Europa, dagli anni ‘30 alla metà degli anni 70.
A porre le basi della dittatura è il golpe militare del 28 maggio 1926 che porta, due anni dopo, alla nomina di Antonio de Oliveira Salazar a Ministro delle Finanze.
Da li l’ascesa è veloce: nel 33 Salazar emana una nuova Costituzione, che gli affida pieni poteri, superiori a quelli del Presidente della Repubblica, basata sui principi del fascismo italiano: Deus, patria e familia.
In Portogallo inizia dunque la dittatura dell’Estado Novo; il regime era conservatore, corporativista, nazionalista, e tra i suoi obiettivi c’era il mantenimento del controllo su tutte le colonie africane. Era ammesso un solo Partito, l’Unione Nazionale, guidato da Salazar.

Il regime mantiene il potere con la durissima repressione del dissenso politico, crea carceri di massima sicurezza in località remote, e resta neutrale durante la seconda guerra mondiale: da un lato concede le basi delle Azzorre agli alleati, dall’altro vende materie prime ai nazisti; nel 1949 il paese è comunque tra i fondatori della Nato. Il malcontento cresce soprattutto a partire dagli anni 60, quando i movimenti indipendentisti che scoppiano in Angola, Mozambico, Guinea Bissau e Capo Verde, costringono Salazar a mandare letteralmente al macello migliaia di soldati e giovani reclute.

È in questa fase che gli alti ufficiali portoghesi in Africa cominciano a sentirsi traditi dal regime, mentre in patria la situazione economica diventa sempre più difficile, proprio a causa del costo umano ed economico delle guerre per mantenere il controllo delle colonie.
Nel 1968 Salazar ha un grave incidente domestico nella sua residenza estiva e non può più svolgere l’attività politica; la guida del regime nel 1970 passa a Marcelo Caetano. Le speranze di un cambio di linea svaniscono in breve tempo: Caetano, anche se in modo meno aggressivo, continua le politiche fasciste di Salazar.

Tra le fila dei militari scoppia ormai palesemente il dissenso: a ribellarsi sono soprattutto ufficiali subalterni, capitani, che contestano la politica coloniale. Quello che in un primo momento si chiama Movimento dei Capitani, nel 1973 diventa Movimento delle Forze Armate- MFA (Movimento das Forzas Armadas).

Il primo tentativo di presa del potere arriva nel dicembre 1973: è guidata da un generale ex Comandante militare in Mozambico, ma fallisce.

Nel febbraio 1974 un importante generale, Antonio de Spinola, Comandante militare in Guinea-Bissau, manifesta apertamente il suo profondo dissenso sulla politica coloniale del regime. Verrà rimosso, ma sarà tra i leader della rivoluzione. Il 5 marzo 1974 il Movimento das forzas armadas organizza una riunione clandestina per discutere il programma politico: abbattere lo Stato Nuovo salazariano, instaurare la democrazia, abolire la polizia politica (la famigerata Pide), favorire lo sviluppo economico nel Paese e concedere l’indipendenza alle Colonie.

Il 16 marzo c’è un altro tentativo di golpe, ma l’operazione non riesce, e circa 200 militari vengono arrestati. Sarà l’ultimo tentativo fallito, prima del colpo di stato incruento del 25 aprile.

Le similitudini con la storia della resistenza italiana non si fermano alla data del 25 aprile: anche in Portogallo, come vedremo, è la radio a dare il via alla della rivoluzione: ad avvisare i militari dell’inizio del colpo di stato sarà una canzone messa fuorilegge dal regime, Grandola Vila Morena, di Jose “Zeca” Afonso.

La rivoluzione dei garofani: la notte e la canzone Grandola Vila Morena

(di Sara Milanese)

Nel Portogallo provato da oltre 40 anni di dittatura, a voler rovesciare l’Estado Novo di Antonio Salazar prima e di Marcelo Caetano poi, sono i militari, costretti dal regime fascista a combattere per anni nelle colonie africane che reclamano l’indipendenza. I comandanti rientrati da Angola, Mozambico, Capo verde, Guinea Bissau si organizzano nel “Movimento delle forze armate”, e dopo una serie di tentativi falliti tra la fine del 1973 e il marzo 1974, decidono di organizzare entro il mese di aprile un nuovo colpo di stato entro il mese di aprile.

Il 23 aprile, Otelo Saraiva de Carvalho, uno dei leader del movimento, annuncia che la data scelta è il 25 aprile. Il Movimento si accorda con Carlos Albino, che dirige il programma musicale Limite della Radio Renascença per trasmettere, come segnale di inizio del golpe una canzone vietata dal regime: si tratta di Grandola Vila morena, scritta da Josè Zeca Alfonso. Il brano è clandestino perché è dedicato alla Sociedade Musical Fraternidade Operária Grandolense, una delle prime cooperative e associazioni operaie portoghesi della città di Grandola, società che fu severamente repressa dal regime di Antonio Salazar.
Nonostante l’ascolto della canzone fosse proibito, il disco si trovava in vendita. E Carlos Albino andò ad acquistarlo nel pomeriggio del 24 aprile, solo poche ore prima della sua messa in onda clandestina. Il brano va in onda alla 0.20 del 25 aprile.

Grandola, città morena, terra di fraternità, dentro di te è il popolo quello che più comanda. Ad ogni angolo un amico, in ogni sguardo l’uguaglianza; Grandola città morena, terra di fraternità“.

Il testo della canzone è semplice e ripetitivo, ma il richiamo continuo ai valori dell’uguaglianza e della fraternità, assieme all’omaggio ad una società operaia repressa dalla censura, era considerato troppo pericoloso per il regime, che per questo ne aveva vietata la diffusione. Saranno proprio il senso di solidarietà e l’evocazione della repressione a rendere questo brano l’inno della rivoluzione.
Dieci minuti dopo il segnale, la macchina è già pienamente in moto a Lisbona e in tutto il Portogallo. Iniziano gli arresti degli ufficiali rimasti fedeli al regime; vengono messi a punto i blindati e i carri armati; i reparti militari aderenti al golpe escono dalle caserme e muovono sugli obiettivi loro assegnati, senza che ancora il governo abbia la minima notizia di quel che sta accadendo. La rivoluzione è iniziata.

La storia della canzone Grandola Vila Morena

(di Alessandro Principe)

…Terra di fratellanza, ad ogni angolo un amico, in ogni faccia l’Uguaglianza…

Sono le tre del pomeriggio del 24 aprile. Due uomini sono inginocchiati sui banchi della chiesa di San Joao do Brito. Stanno pregando, o almeno così sembra ai fedeli che assistono alla Messa pomeridiana. Quando il sacerdote si avvia davanti all’altare per la distribuzione dell’eucarestia si alzano, si mettono in fila con gli altri e ricevono la comunione. Nessuno fa caso a loro, e così deve essere. Sì, perché quei due uomini stanno per dare il via alla rivoluzione. Sono Manuel Tomàs e Carlos Albino. Il primo è un militare, da poco tornato dall’Africa Orientale Portoghese, il Mozambico, colonia di Lisbona che lì ha un contingente. Tomàs si è avvicinato alla parte progressista delle forze armate che sta partecipando alla preparazione del colpo di Stato per rovesciare il regime salazarista. Non è un militare di carriera e, tornato a Lisbona, lavora come tecnico a Radio Renascenca, legata Curia della capitale, una delle più ascoltate. Anche Carlos Albino lavora lì, ed è responsabile di una delle trasmissioni di punta,“Limite”, un seguitissimo programma di intrattenimento musicale.
Manuel Tomàs e Carlos Albino hanno ricevuto un ordine dai militari ribelli riuniti nel Movimento delle Forze armate, che da settimane stanno preparando l’insurrezione: a mezzanotte del 24 aprile dovranno trasmettere una canzone che sarà il segnale dell’inizio della Rivoluzione dei Garofani. Sanno che tutto è pronto, le caserme sono allertate, i militari ribelli aspettano che il segnale concordato venga diffuso. Allora, e solo allora, vorrà dire che il piano può scattare, che non ci sono intoppi, che il momento è arrivato. Si riverseranno nelle strade, circonderanno i palazzi del governo, arresteranno i ministri del regime, occuperanno gli snodi più importanti della città: la Tv nazionale, la Radio, gli aeroporti. E sarà la fine della dittatura.

Nella chiesa di San Joao do Brito, Tomàs e Albino hanno messo a punto i dettagli tecnici per la trasmissione della canzone concordata. Non hanno voluto farlo nei locali di Radio Renascenca, troppo rischioso: l’emittente è infiltrata dai ribelli ma è pur sempre la radio della Curia e non è certo un luogo del tutto sicuro: orecchie indiscrete potrebbero sentirli e compromettere il via alla rivoluzione. Meglio andare in chiesa e parlare sottovoce, tra i canti della Messa e i fedeli in preghiera.
Il segnale che darà il via all’insurrezione è “Gràndola villa morena”, del cantautore e militante politico Josè Afonso. È una canzone proibita: la censura del regime di Antonio Salzar l’ha messa al bando: la censura fascista non tollera nulla che possa anche solo incrinare la retorica del potere. E certo non un brano dedicato alla Società musicale della fraternità operaia Grandolese, una delle prime cooperative e associazioni operaie portoghesi, attiva fin dagli anni 50, duramente repressa dalla polizia di regime. Repressa la cooperativa operaia, bandita la canzone, in odore di comunismo, che la racconta: nessuno la può suonare in pubblico e, tantomeno, trasmettere per radio. Josè Afonso stesso ha dovuto subire interrogatori e vessazioni da parte della polizia politica del regime salazarista, la Pide.
Carlos Albino, concordati tutti i dettagli tecnici con Manuel Tomàs tra i banchi della chiesa, ora è negli studi di Radio Renascenca. Sente la pressione, la responsabilità di quello che sta per fare. È il suo lavoro trasmettere canzoni. Ma oggi è tutta un’altra cosa. Oggi è un tassello cruciale di un avvenimento che potrebbe cambiare la storia del suo Paese. I capitani Otelo Saraiva de Carvhalo, Vasco Lourenco e Salgueiro Maia, incaricati di organizzare il colpo di stato, contano su di lui. Ripassa mentalmente tutti i passaggi concordati, tutto è chiaro. Ma qualcosa lo inquieta. E all’improvviso realizza: nella redazione di Radio Renascenca il disco con “Gràndola Villa Morena” non c’è. Apre i cassetti, controlla negli studi, cerca tra le pile di vinili: niente. L’album “Cantigas do Maio”, in cui è contenuto il brano, non si trova. Eppure non è bandito, formalmente, e nei negozi di dischi lo si può trovare e comperare, a patto, naturalmente, di non diffondere la canzone censurata. Mancano poche ore, Carlos si precipita fuori dalla radio, non dice niente a nessuno, corre per le strade di Lisbona. La libreria Opiniao è la sua meta. Entra, si avventa sugli espositori, cerca la discografia di Josè Alfonso, la trova, scorre i vinili con il cuore in gola. Eccolo. C’è. Carlos compra il disco, torna in radio, tra le mani stringe la Storia.

Intanto il quotidiano Republica – tacitamente vicino all’opposizione e al Movimento delle Forze Armate – nella sua edizione del pomeriggio ha pubblicato un messaggio, travestito da recensione radiofonica. “Il programma Limite, trasmesso da Radio Renescenca tra mezzanotte e le due, è notevolmente migliorato nelle ultime settimane. La qualità dei servizi trasmessi e la qualità della selezione musicale ne fanno un appuntamento radiofonico di ascolto obbligatorio”. Ascolto obbligatorio. E’ il primo segnale. Ci siamo.
Alle ore 17 Manuel Tomàs convoca un altro responsabile del programma: Armando Leite del Vasconcelos, che è all’oscuro di tutto perché non è stato ritenuto abbastanza fidato, e gli consegna la scaletta della trasmissione della mezzanotte, passata dalla censura interna. Annunci pubblicitari, canzone, lettura di poesie, annunci pubblicitari, canzone…..
A mezzanotte rua Capelo è silenziosa. Sono lì gli studi di Radio Renascenca, nello storico quartiere del Chiado. Le strade sono quasi deserte, qualche locale notturno è aperto, niente fa presagire quello che sta per succedere. Dentro gli studi, sta per cominciare la trasmissione Limite. Un annunciatore, del tutto ignaro, legge annunci pubblicitari. Mezzanotte. È il momento. Ma l’annunciatore non si ferma: venite nel tal nuovo ristorante, acquistate in quel negozio di abbigliamento…
Manuel Tomàs e Carlos Albino gli fanno dei gesti, basta, deve cominciare la canzone, ma lui non si ferma e l’addetto alla messa in onda lo lascia parlare, non si interrompe una frase a metà. Tomàs si sbraccia, ma niente, gli annunci continuano. Allora dà uno strattone alla mano dell’addetto e fa partire il disco.

Le note di Gràndola Vila Morena si diffondono nella notte di Lisbona. È il celebre senha, il celebre segnale della rivoluzione dei garofani. La canzone è breve, poco meno di tre minuti e mezzo. Ma è stata trasferita dal vinile a un nastro che la ripete una volta dopo l’altra. La macchina del colpo di stato si mette in moto.

Dieci minuti dopo i militari usciranno dalle caserme e si dirigeranno, con blindati e carri armati, agli obiettivi concordati. Tra questi, oltre agli aeroporti, alla televisione e alla radio nazionale, ci sono naturalmente i palazzi del potere, i ministeri. Il generale Junquera dos Reis verrà mandato a sedare la rivolta, con l’ordine di far sparare sui ribelli. Ma le truppe si rifiuteranno di obbedire e passeranno dalla parte dell’opposizione. Anche i soldati della marina, dalla fregata che stava partecipando un’esercitazione Nato, il mattino dopo faranno lo stesso: rifiuteranno di aprire il fuoco contro gli insorti. Prima di mezzogiorno il Movimento delle Forze Armate annuncerà di aver preso il controllo del Paese.
Succederà, tutto questo, di lì a poco. Ora, dalla finestra della redazione, Manuel Tomàs e Carlos Albino, guardano le strade addormentate. È mezzanotte e cinque. Non parlano, ascoltano e basta. Le note di Gràndola. Un corvo che gracchia. E qualche rumore diverso che, da lontano, comincia ad arrivare.

La rivoluzione dei garofani: la mattina del 25 aprile e le basi della democrazia in Portogallo

(di Sara Milanese)

È l’alba del 25 aprile a Lisbona. Dopo che a mezzanotte e 20 le radio di tutto il paese hanno mandato in onda il segnale d’avvio della rivolta, la canzone bandita dal regime Grandola Vila Morena, nelle capitale in poche ore l’aeroporto, le sedi governative, le prigioni dove sono rinchiusi i detenuti politici, sono già nelle mani dei militari rivoluzionari, che assumono anche il controllo della TV di Stato e della radio nazionale.

Nel messaggio i militari invitano i cittadini a restare in casa, temono una carneficina nel caso l’esercito resista. Ma sono tantissimi i portoghesi che invece scendono in strada e solidarizzano con loro.
Celeste Caeiro è un’operaia che che lavora nel magazzino di un ristorante nel centro della capitale, che proprio quel giorno avrebbe dovuto celebrare il primo anniversario dall’inaugurazione. È lei stessa, oggi 90enne, a raccontare quanto successo in una delle tante interviste che ancora rilascia:

Lavoravo in un ristorante che era stato inaugurato il 25 aprile del 1973. Quello era il suo primo anniversario e i proprietari volevano celebrarlo: ci chiesero di comprare fiori per la festa. Però quel giorno, data la situazione in città, decisero di non aprire, ma per non sprecare tutti i fiori che avevano comprato da dare ai clienti quel giorno, li regalarono a noi, erano garofani rossi. Mentre rientravo a casa, incontrai i carri armati dei rivoluzionari, mi avvicinai ad uno di loro e gli chiese cosa stava succedendo, e lui rispose: “Stiamo andando a Carmo per fermare Marcelo Caetano. Questa è una rivoluzione!”. Poi mi chiese una sigaretta, io non ne avevo e non potevo nemmeno comprargliene una, perché i negozi erano ancora tutti chiusi. Gli offrii l’unica cosa che avevo: i garofani comprati per il ristorante. Lui lo prese e lo mise nella canna del fucile. Donai gli altri fiori agli altri soldati e vidi che facevano lo stesso. Fu una gioia incontenibile quando vidi tutti i militari sfilare per la piazza coi fiori nelle armi. Una sensazione indescrivibile.

Un gesto semplice, quello di Celeste, che ha fatto la storia: quei garofani diedero il nome alla Rivoluzione che pose fine a 48 anni di dittatura, Celeste è ricordata come “Celeste dos cravos”, Celeste dei garofani.

Il gesto del soldato stava soprattutto ad indicare l’intenzione dei militari di non dare vita ad un conflitto; intenzione rispettata, perché la rivoluzione avvenne in modo incruento. Soprattutto grazie a quel Otelo Saraiva de Carvalho, uno degli eroi del 25 aprile portoghese, che ebbe un ruolo cruciale anche negli anni a venire. Gli ufficiali e i soldati dell’esercito lealista si rifiutano di sparare contro i rivoluzionari, e in molti casi si arrendono.

Alle 11,45 il Movimento delle Forze Armate annuncia alla TV ed alle Radio di aver assunto il controllo del Paese. Prima di sera Marcelo Caetano, dopo una lunga trattativa con il generale Antonio Spinola, si arrende.

Le ultime forze lealiste sono gli agenti della Direzione Generale per la Sicurezza, la vecchia Pide, che rimangono asserragliati nel loro Comando, davanti al quale si è riunita una grande folla, sulla quale sparano, uccidendo 4 persone e ferendone 45. Sono le uniche vittime del 25 aprile.

La notte stessa il generale Spinola firma la Destituzione tutti gli organi del regime, e sancisce il passaggio dei poteri di governo alla Giunta di Salvezza Nazionale, formata da dirigenti del Movimento delle Forze Armate. Vengono liberati i prigionieri politici, e iniziano a rientrare nel paese i leader in esilio all’estero. Il 1 maggio, in occasione della Festa dei lavoratori, a Lisbona scendono in piazza un milione di persone, al grido di “o povo unido jamas serà vencido”.

È la festa di piazza della liberazione. Per il paese inizia un percorso non facile di ricostruzione, con episodi di revanscismo, con scissioni tra gli stessi militari rivoluzionari, ma il giogo del regime è stato distrutto e la strada verso la democrazia era iniziata.

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