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Il Commesso Viaggiatore secondo De Capitani

Più che mai attuale, anche se messo in scena per la prima volta nel 1949, “Morte di un commesso viaggiatore” torna in scena all’Elfo Puccini di Milano dopo una felice tournèe in tutta Italia.

Il dramma privato, in cui si frantuma per sempre  il  sogno di Willy Loman, commesso viaggiatore convinto che un sorriso basti per sfondare, diviene collettivo e paradigmatico della sconfitta di una generazione, quella appunto del “sogno americano.”

Loman vive una dimensione parallela, incapace di accettare la realtà: nonostante ciò che ha ripetuto per una vita alla sua famiglia, non è mai stato un grande venditore. E certo non lo è più quando il pubblico lo sorprende a reiterare gesti rituali, in attesa di un’improbabile resurrezione professionale.

Elio De Capitani, regista e protagonista, ha portato in scena con successo  il testo di Miller la scorsa stagione, continuando il percorso di approfondimento nella drammaturgia americana intrapreso alcuni anni fa. Accanto a lui, Cristina Crippa, compagna di vita e di scena, nel ruolo della moglie di Loman e una compagnia di giovani ed efficaci interpreti.

Ai nostri microfoni, Elio De Capitani e Cristina Crippa riflettono sulla urgente attualità del commesso viaggiatore di Miller: la sua involontaria profezia di sconfitta è ormai estensibile a molte zone del mondo in cui la filosofia Willy Loman sarebbe apparsa incongruente e troppo “americana”. Con amarezza e sorpresa, oggi è impossibile non convenire che la sua ostinata, quasi religiosa, fame di affermazione sembra assai più plausibile anche alle nostre latitudini.

De Capitani e Crippa a Cult

  • Autore articolo
    Ira Rubini
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