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Trump sta trasformando la democrazia americana in un regime sempre più illiberale e autoritario

Trump ANSA boutade gaza

Nelle prime 24 ore della nuova amministrazione, il testo della costituzione americana è sparito dal sito della Casa Bianca, il principale consigliere del presidente, che è anche l’uomo più ricco del mondo, ha fatto il saluto nazista, e il presidente ha detto che vuole cancellare lo ius soli, anche se per legge non può farlo. Basterebbe questo, per dire a che punto è l’America.

Un governo dall’orientamento decisamente autoritario si sta affermando, senza sostanziale opposizione, anzi, con il consenso tacito della nazione. C’è un settore in cui la cosa appare particolarmente chiaro. La burocrazia, l’amministrazione dello Stato. Nelle scorse ore un oscuro signore che Donald Trump ha nominato attorney general, segretario alla giustizia ad interim, si chiama James McHenry, ha licenziato 12 procuratori del Dipartimento alla Giustizia che presero parte alle inchieste giudiziarie contro Trump. Ragione del licenziamento: non è possibile fidarsi di loro per realizzare l’agenda di Trump, ciò che Trump vuole. Al signor McHenry non sembra venire in mente che quei funzionari siano lì per applicare la legge, e non il volere di Trump. E non sembra nemmeno passare per la testa che i licenziamenti siano illegittimi.

I dodici sono funzionari di carriera, non nomine politiche. La legge, il Civil Service Reform Act, dice che si può licenziare un funzionario di carriera solo se fa male il suo lavoro, non se non segue i voleri del presidente. Ma, appunto, ciò che dice la legge non sembra importare. Contemporaneamente, alcuni dei più importanti e ascoltati funzionari del Dipartimento, gente che ha per anni lavorato su inchieste internazionali, corruzione, sicurezza nazionale, sono stati presi e ricollocati, totalmente a casaccio, su altre questioni. Uno di questi, Corey Amundson, a capo della sezione integrità pubblica del Dipartimento alla giustizia, si è dimesso. Intanto, nella notte di venerdì, 17 ispettori generali su 18 del governo americano sono stati licenziati.

L’ispettore generale, creato dal Congresso dopo il Watergate, è una figura chiave. È colui o colei che, all’interno di ogni dipartimento, controlla la legalità dei processi decisionali, senza dipendere dal segretario del dipartimento, quindi dal ministro. Al tempo stesso tre membri dell’organo che nel governo si occupa di diritti civili e tutela della privacy sono stati contattati e gli è stato detto di andarsene, altrimenti verranno licenziati. Sono i tre membri democratici di questo organo che ha sei membri, tre democratici e tre repubblicani, che hanno sempre goduto di totale autonomia e che nessun presidente di nuova nomina ha mai toccato.

E, al tempo stesso, una serie di persone che hanno avuto posizioni di governo e che per questo corrono ancora pericoli di attacchi o attentato, si sono visti ritirare le misure di sicurezza di cui godevano. Si tratta di Anthony Fauci, che ha gestito il Covid, dell’ex ambasciatore all’Onu John Bolton e dell’ex segretario di Stato Mike Pompeo, sotto minaccia iraniana per il loro ruolo nel decidere le sanzioni. Sono nemici di Trump, che ora dice: c’hanno i soldi, si paghino la sicurezza. Si potrebbe andare avanti e avanti ancora, è molto chiara però una cosa. Trump non si sta solo vendicando dei presunti nemici. Trump punta a costruire un’amministrazione, una burocrazia che sia il suo braccio esecutivo, che esegua i suoi ordini, che si identifichi con la sua visione politica, alla faccia di pesi, contrappesi, autonomie, legge. Cosa tipica appunto dei regimi autoritari.

Se a questo si aggiunge tutto il resto – l’uso dei dazi come strumenti di pressione politica, l’assoggettamento totale del partito repubblicano, la ristrutturazione in corso dell’esercito, l’indifferenza nei riguardi della costituzione, il nuovo susseguio del mondo dell’industria, degli affari, soprattutto dell’hi-tech, nei confronti del presidente, il quadro è evidentissimo. Quello che si sta verificando in America non è un cambio di governo. È un cambio di regime, che trasforma la democrazia americana in un regime sempre più illiberale e autoritario.

  • Autore articolo
    Roberto Festa
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    Non è arrivata nessuna proposta alternativa. Quella presentata da Inter e Milan è rimasta l’unica offerta per l’acquisto dello stadio di San Siro e delle aree vicine al “Meazza”. Il Comune di Milano lo ha comunicato, alla mezzanotte del 30 aprile, alla scadenza dell’avviso pubblico per la raccolta di manifestazioni d’interesse. Un esito prevedibile, dal momento che la finestra è rimasta aperta per poche settimane. Ora proseguiranno i lavori della Conferenza dei servizi, già iniziati quando potevano arrivare anche altre proposte. Il fronte di chi si oppone ai piani dei due club e a come la giunta comunale sta gestendo la vicenda tenta ancora di interrompere il percorso avviato. Oggi il comitato Sì Meazza, dopo aver già fatto un esposto alla Procura, ha inviato alla Corte dei conti una segnalazione perché indaghi per danno erariale, chiamando in causa il Comune. Luigi Corbani del comitato Sì Meazza spiega perché ha depositato questa segnalazione.

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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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