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L'Ambrosiano

I maggiordomi e la marchesa

Con l’estate si diradano rom e immigrati che chiedono l’elemosina fuori dalle chiese. I milanesi vanno in vacanza, il caporalato no; col passa parola è arrivata sin qui la richiesta di braccia per i campi in Puglia: 30 euro al giorno per 10 ore senza cibo e alloggio. Va bene così a un Paese che gronda di narrazioni d’ottimismo. Per Elvira Calderone Ministra del lavoro niente salario minimo: ci sono i contratti (per chi li ha detto persino Confindustria). Nemmeno il cognato di Meloni ha da ridire: da Ministro dell’Agricoltura si occupa di “Sovranità Alimentare”: terra e cibo agli Italiani; immoralità nel lavoro? Torna all’altra casella. Va bene anche alla coscienza (bontà loro!) di aziende agricole (che pure i contratti li hanno), grande distribuzione, mercati: scarti di cibo, tuguri di lamiera o cartone, letti di paglia, latrine all’aperto chi raccoglie i pomodori sotto il sole li ha. Anche a noi cittadini va bene: il potere d’acquisto è eroso dall’inflazione; se rom e migranti sgobbassero per 9 euro l’ora non per 3 il libero mercato scaricherebbe su di noi il costo. Anche a molti media va bene; i maggiordomi delle videoveline meloniane devono occuparsi di: italianità del Governo; successi all’estero («l’Europa ha cambiato punto di vista» esulta la Premier); Orban e Morawieck però no (ci pensa Meloni a mediare: Varsavia e a Budapest han ragione a difendere gli interessi nazionali); irrisione delle “unioni innaturali” socialisti/popolari (per sua natura la destra preferisce Vox, Le Pen, neonazi tedeschi). Sembra andar bene a molti anche la vergogna di come il Governo ha trattato la Romagna alluvionata; 2 mesi e dal cilindro esce il Commissario Figliuolo: il generale anti Covid guarisca dal virus Bonaccini l’Emilia! Una canzone Anni 30 ebbe successo per il ritornello ironico: «Va tutto ben madama la marchesa». Il maggiordomo rassicurava la nobile padrona; in realtà s’eran distrutti edifici, marito, cavallo della signora. In Italia ci son oltre 5 milioni di poveri, ma siamo immuni dalla sindrome da banlieue per ora. Viviamo però “autunni caldi”. Meloni ascolti chi chiede giustizia sociale. Il troppo stroppia col “va tutto ben”; pure i maggiordomi posson cambiar padrone; e va lo stesso ben.

  • Marco Garzonio

    Giornalista e psicoanalista, ha seguito Martini per il Corriere della Sera, di cui è editorialista, lavoro culminato ne Il profeta (2012) e in Vedete, sono uno di voi (2017), film sul Cardinale di cui firma con Olmi soggetto e sceneggiatura. Ha scritto Le donne, Gesù, il cambiamento. Contributo della psicoanalisi alla lettura dei vangeli (2005). In Beato è chi non si arrende (2020) ha reso poeticamente la capacità dell’uomo di rialzarsi dopo ogni caduta. Ultimo libro: La città che sale. Past president del CIPA, presiede la Fondazione culturale Ambrosianeum.

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Appunti sulla mondialità

Francia, un paese a isole che si allontanano

Mi era capitato di assistere di persona alle violenze e ai saccheggi che segnarono il default dell’Argentina nel dicembre del 2001. Iniziati con gli assalti ai supermercati nelle periferie, senza dubbi motivati dalla fame, e continuati con il saccheggio dei negozi di moda, delle boutique, dei negozi di dischi in pieno centro di Buenos Aires. Non si cercava più il cibo, ma le scarpe firmate, le magliette alla moda, il televisore. Era la rivolta dei “poveri” che non avevano come programma abbattere il sistema, ma partecipare alla festa dei consumi servendosi da soli. Soprattutto giovani, apolitici, poco scolarizzati, disorganizzati, scomparsi appena la polizia si riprese le strade. Quello che è successo in questi giorni in Francia mi ricorda molto da vicino quei fatti del 2001, ma con diverse aggravanti. Anzitutto la frattura coloniale mai sanata dalla Francia repubblicana, che ha attirato immigrati dalle sue colonie a partire dal dopoguerra senza mai mettere in discussione quel passato. Poi la frattura sociale, il modello di sviluppo a isole di reddito, con la nascita delle periferie-ghetto dove la stragrande parte delle persone hanno origini etniche e situazioni sociali simili. Infine l’abbandono di quelle periferie con il progressivo restringimento del welfare. I detonatori sono state tutte queste cose, ma non è corretto parlare di “rivolta dei migranti” come vorrebbe una certa destra che pensa di rinforzarsi gettando benzina sul fuoco. È invece la rivolta dei poveri, degli esclusi, dei senza futuro, di coloro che non si riconoscono nei valori della Francia perché la Francia non li riconosce come figli legittimi. Quei giovani che, sbagliando, hanno manifestato la loro rabbia hanno scritto sul corpo, nel nome, nella loro residenza la condizione di “mezzo-francesi”. Non si riconoscono nei valori repubblicani, ma nemmeno in quelli dei paesi di origine dei loro nonni o genitori. Dal 2009 in Francia si sta usando il curriculum “cieco”, cioè senza nome, residenza, foto per evitare le discriminazioni nella ricerca di lavoro. Perché in Francia funziona così: se sei figlio o nipote di immigrati puoi aspirare solo al lavoro in fabbrica, al pubblico impiego (ma in mansioni modeste) oppure all’impiego che non richiede qualifiche particolari. Quei ragazzi che manifestano non vogliono rovesciare il capitalismo, come si chiedeva nel ’68, ma avere le stesse opportunità degli altri.
Nei prossimi giorni le telecamere si spegneranno fino alla prossima rivolta, ma un soggetto nuovo è emerso come un vulcano marino, più forte, più arrabbiato di prima, senza rappresentanza ne conduzione politica. La Francia sembra sempre di più un paese “a isole” che si allontanano con in mezzo una destra radicale che fa terrorismo mediatico invocando “sicure” guerre civili in arrivo. Non esiste più, se è mai esistita, la nazione come “comunità di destini” evocata da Edgar Morin. La Francia, socialmente parlando, è in fiamme e non riesce a trovare il modo di superare la faglia geologica coloniale sulla quale è stata costruita.

  • Alfredo Somoza

    Antropologo, scrittore e giornalista, collabora con la Redazione Esteri di Radio Popolare dal 1983. Collabora anche con Radio Vaticana, Radio Capodistria, Huffington Post e East West Rivista di Geopolitica. Insegna turismo sostenibile all’ISPI ed è Presidente dell’Istituto Cooperazione Economica Internazionale e di Colomba, associazione delle ong della Lombardia. Il suo ultimo libro è “Un continente da Favola” (Rosenberg & Sellier)

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Appunti sulla mondialità

L’estate mondiale del 2023

Nell’ultimo anno, sulla scena internazionale sono state confermate alcune tendenze e si sono affacciate nuove questioni. L’affanno per l’uscita dalla pandemia è stato prolungato dal conflitto ancora in corso in Ucraina: un fallimento militare dal punto di vista della Russia, che non ha raggiunto nessuno degli obiettivi annunciati al momento dell’invasione. La Crimea non è in sicurezza, i territori del Donbas sono ancora in bilico e il governo di Kiev è saldamente insediato. L’onda lunga del conflitto si è però abbattuta con forza anche molto lontano dallo scenario bellico. La sicurezza alimentare dell’Africa continua a essere in pericolo, l’inflazione dovuta all’aumento del prezzo delle materie prime preoccupa soprattutto l’Europa. E il mondo si è diviso in due, non tanto sull’interpretazione del casus belli, quanto sul come uscire dalla guerra. I Paesi della NATO, guidati nel conflitto da Stati Uniti e Regno Unito, hanno scommesso sulla vittoria di Kiev; i Paesi del Sud globale fin dal primo momento si sono posti come priorità la ricerca del dialogo tra le parti, ritenendo che non fossero possibili vittorie nette sul campo. L’Organizzazione degli Stati Africani, il Brasile di Lula e l’India di Narendra Modi, la Cina e addirittura il Vaticano da mesi fanno la spola tra Russia e Ucraina per provare a far ripartire il dialogo.

Nel frattempo, lo stallo ha confermato diverse cose che si potevano intuire da tempo. La prima è che i conflitti post-Guerra Fredda hanno forse una minore capacità distruttiva globale, ma sono più complicati da risolvere a causa del forte intreccio tra i diversi Paesi che si è creato nell’economia globale. La Russia non è più l’Unione Sovietica, che poteva contare sulla “sua” metà del mondo e, soprattutto, non dipendeva dai rapporti economici con l’Occidente; e i Paesi occidentali non possono più pensare di dettare linea al resto del mondo pretendendo un allineamento che nei fatti non esiste più. Il G7 è ormai depotenziato, ma il G20 non è ancora il suo successore. Prevale la competizione tra i diversi blocchi che aspirano ad avere le stesse armi, tecnologiche ed economiche, per affermarsi. I campi sui quali va in scena questo nuovo confronto sono quelli delle materie prime strategiche, come le terre rare e il litio, ma anche l’acqua e i beni alimentari, sui quali da anni sta investendo la Cina. Su questo fronte l’Occidente è impreparato, avendo basato il suo storico dominio sulla forza militare e tecnologica.

L’obiettivo evidente dei tanti Paesi che vorrebbero entrare nel gruppo dei BRICS è fare una scelta di posizionamento rispetto al nuovo bipolarismo che si va delineando. Nel suo discorso al “summit” per la nuova finanza, tenutosi a Parigi il 22-23 giugno, Lula ha chiesto il superamento degli Accordi di Bretton Woods che disegnarono l’economia mondiale del dopoguerra, e di conseguenza il ridimensionamento del dollaro statunitense quale moneta mondiale. Su questo fronte le armi non servono: serve invece la politica, una dimensione abbandonata da molto tempo.

In qualche modo l’estate del 2023 sancisce la fine del lungo periodo inaugurato dalle cannoniere che in epoca vittoriana piegarono l’Asia e l’Africa, e in America dalla “politica del cortile di casa” attuata da Washington nei confronti dell’America Latina. Le distanze restano siderali, è evidente, ma l’interdipendenza tra Stati e continenti è arrivata a un livello tale da non lasciare spazio per operazioni “fuori dal sistema”. Nei prossimi mesi la capacità di fare buona politica sarà cruciale per chiudere il conflitto in Europa, disinnescare le tensioni nel mar della Cina e, soprattutto, affrontare il tema del cambiamento climatico, applicando le misure necessarie ad arginarlo e a farci convivere con le sue conseguenze: è la priorità numero uno del pianeta Terra. In caso contrario, la paralisi attuale può lasciare spazio solo a un peggioramento della situazione. Un orizzonte per il quale però il tempo è scaduto, e da molto.

  • Alfredo Somoza

    Antropologo, scrittore e giornalista, collabora con la Redazione Esteri di Radio Popolare dal 1983. Collabora anche con Radio Vaticana, Radio Capodistria, Huffington Post e East West Rivista di Geopolitica. Insegna turismo sostenibile all’ISPI ed è Presidente dell’Istituto Cooperazione Economica Internazionale e di Colomba, associazione delle ong della Lombardia. Il suo ultimo libro è “Un continente da Favola” (Rosenberg & Sellier)

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L'Ambrosiano

Mare loro, pensieri nostri

In America cercano un mini sommergibile: 5 passeggeri, milioni di dollari per un viaggio definito folle dagli esperti e per il recupero del relitto. Invece in Grecia niente euro per salvare un peschereccio con 750 persone in fuga da guerre e povertà: oltre 500 tra donne e bambini restano in fondo al mare. Dieci anni fa accadde una tragedia simile davanti a Lampedusa. Il pur timido Letta fece recuperare 366 vittime. Ci andò anche il Papa che poi corse a Lesbo cogli Ortodossi angosciati da campi profughi prigioni. Ora i greci dopo la cura Merkel dan la maggioranza assoluta a Mītsotakīs indifferente all’ennesimo eccidio del mare. Meloni si congratula, promette al sodale di destra grandi cose a Bruxelles e barricate ai confini. La premier fattasi le ossa a Cutro ha mandato altre motovedette alla Libia (chiaro il generale Haftar: no navi, no petrolio né gas). L’Italia continua ad aiutare i regimi nordafricani col baratto energia/stop immigrati (cinicamente scomoda un sedicente piano Mattei per maquillage del business) e gioca il futuro dell’Europa sovranista spingendo risorse a Tunisi perché contrasti i subsahariani. Il prossimo bersaglio delle “cristiana” Meloni sarà la Chiesa. Nessuna meraviglia. Basta vedere in tv lo spot con cui il Governo chiede di destinare l’8 per mille a Palazzo Chigi per programmi umanitari. Quale umanità a destra? «L’Italia non sarà mai il campo profughi d’Europa» ha tuonato Meloni in Parlamento prima d’andare a Bruxelles. Dunque gara con Cei e Caritas: per ora queste continuino ad accogliere migranti e profughi: fa comodo; quando avesse risorse la destra renderebbe operativa la narrazione sovranista. Date a noi nuovo Stato etico l’8 per mille: fermeremo l’invasione e impediremo la sostituzione etnica. A Cei e Caritas che accolgono e cercano di integrare, sostituiremo Centri per rimpatri e richiedenti asilo (carceri dove si danno benzodiazepine, è stato denunciato). Adesso andiamo al mare, paghiamo gli aumenti della spiaggia a chi non vuole la concorrenza, ma dopo vediam di ribellarci perché il mare sia vita per noi e per chi spera nell’Europa, regole, civiltà, non cimitero, barriera ideologica, razzismo, roba da ricchi (folli).

  • Marco Garzonio

    Giornalista e psicoanalista, ha seguito Martini per il Corriere della Sera, di cui è editorialista, lavoro culminato ne Il profeta (2012) e in Vedete, sono uno di voi (2017), film sul Cardinale di cui firma con Olmi soggetto e sceneggiatura. Ha scritto Le donne, Gesù, il cambiamento. Contributo della psicoanalisi alla lettura dei vangeli (2005). In Beato è chi non si arrende (2020) ha reso poeticamente la capacità dell’uomo di rialzarsi dopo ogni caduta. Ultimo libro: La città che sale. Past president del CIPA, presiede la Fondazione culturale Ambrosianeum.

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L'Ambrosiano

Pace possibile

All’estate militante di Elly Schlein manca la quarta gamba per stare in piedi: la pace. La pace completa, sintetizza, dà senso. Lavoro, giustizia sociale, emergenza climatica, enunciati nella Direzione Pd, sono l’inizio d’un’identità, d’un programma, d’un’alternativa alla destra; punti da tradurre in progetti, modi, tempi, risorse per recuperare vecchie militanze e attrarre nuove leve; le alleanze vengono poi. La pace è il salto di qualità; è cambio di mentalità, rivoluzione culturale, conversione della politica da bottega per sé e gli amici degli amici a “servizio”; è metro su cui misurare gesti individuali e scelte pubbliche. Per la pace ci vuole coraggio: è modo di pensare, vedere le cose, dare una prospettiva alla storia passata e al futuro. È in una visione generale di giustizia che legittima il dare le armi all’Ucraina perché resista all’aggressione di Putin, in quanto l’obiettivo non sono solo tregua o vittoria militare ma ripristino dei diritti, rispetto dell’altro, dialogo, incontro, stop a una psicologia regressiva, arcaica, da età della pietra. In Italia praticare una cultura della pace evidenzierebbe come la destra in sei mesi ha dato prova di scelte opposte: arroganza (la Premier che non fa conferenze stampa e manda video a tv ed eventi); violenza istituzionale (prender per fame la Romagna non nominando il Commissario), linguistica (“pizzo di Stato”; “Stato bancomat”; “Vi fidereste di Schlein e compagni?” detto dal viceministro che diede l’addio al celibato in divisa SS), politica (legiferare per decreto); indifferenza (Cutro). Uno scherzo del destino vedere Meloni e Salvini, già pro Bolsonaro, dover accogliere Lula che col Brasile rilancia un sogno Anni 60: pace a tutti i costi anche grazie al protagonismo di Paesi fuori dai blocchi che cercano giustizia sociale, dignità, lavoro, salute, libertà, diritti, salvaguardia della creazione. La pace è rischio da correre. È a portata di mano ma i suoi nemici son pronti a vanificare tutti gli sforzi. Capitò a Sisifo. Camus, che studiò quel mito, per esorcizzare i fallimenti citava Pindaro: «O anima mia / non aspirare alla vita immortale, / ma esaurisci il campo del possibile». Ecco la pace come arte del possibile è il sogno per cui lavorare.

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    1) Giornata mondiale del suolo: l’ecocidio di Gaza. La terra della striscia è sommersa da 61 milioni di tonnellate di macerie e in due anni la quasi totalità delle coltivazioni è stata distrutta. (Alice Franchi) 2) Anche la musica è politica. Spagna, Irlanda, Slovenia e Paesi Bassi si ritirano dall’Eurovision per protestare contro la partecipazione di Israele al contest musicale. (Giulio Maria Piantedosi) 3) “Per affrontare il futuro abbiamo bisogno della giustizia”. Reportage dalla Siria che, a un anno dalla caduta del regime di Assad, prova a guardare avanti. (Emanuele Valenti) 4) Germania, generazione disarmata. Mentre il governo approva la riforma sulla leva militare, gli studenti di tutto il paese scendono in piazza contro la militarizzazione. (Alessandro Ricci) 5) Regno Unito, nel tentativo di tagliare la spesa sociale, il ministro della salute vuole diminuire le diagnosi le diagnosi dei problemi di salute mentale e di disturbi ADHD. (Elena Siniscalco) 6) Mondialità. L’America Latina tra la Cina e la politica del “cortile di casa” degli Stati Uniti. (Alfredo Somoza)

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    L'Orizzonte è l’appuntamento serale con la redazione di Radio Popolare. Dalle 18 alle 19 i fatti dall’Italia e dal mondo, mentre accadono. Una cronaca in movimento, tra studio, corrispondenze e territorio. Senza copioni e in presa diretta. Un orizzonte che cambia, come le notizie e chi le racconta. Conducono Luigi Ambrosio e Mattia Guastafierro.

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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

    Poveri ma belli - 05-12-2025

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    Fratellanza e spiritualità, dall’Italia alla Nigeria: Wayloz racconta "We All Suffer"

    È da poco uscito il secondo EP di Wayloz, artista italo-nigeriano che oggi è passato a trovarci a Volume per suonare alcuni brani. “Mentre nel precedente ep ho voluto catturare l’essenza di ciò che ero io con la chitarra in mano, qui c’è molto più spazio per gli arrangiamenti e per altri strumenti musicali”, spiega Wayloz. Tra folk primitivo, altrock, blues e suoni dell’Africa tribale, il disco è un viaggio tra atmosfere desertiche e rurali, che esplora il rapporto con la natura ma non solo: il titolo “We All Suffer” è più che altro un invito a riconoscere una condizione che è di tutti e a “trovare solidarietà e fratellanza con le altre persone”. L'intervista di Elisa Graci e Dario Grande e il MiniLive di Wayloz

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    Vieni con me è una grande panchina sociale. Ci si siedono coloro che amano il rammendo creativo o chi si rilassa facendo giardinaggio. Quelli che ballano lo swing, i giocatori di burraco e chi va a funghi. Poi i concerti, i talk impegnati e quelli più garruli. Uno spazio radiofonico per incontrarsi nella vita. Vuoi segnalare un evento, un’iniziativa o raccontare una storia? Scrivi a vieniconme@radiopopolare.it o chiama in diretta allo 02 33 001 001 Dal lunedi al venerdì, dalle 16.00 alle 17.00 Conduzione, Giulia Strippoli Redazione, Giulia Strippoli e Claudio Agostoni La sigla di Vieni con Me è "Caosmosi" di Addict Ameba

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    Da Cortina a Milano in 12 giorni errando per antiche vie

    Errando per Antiche Vie è una grande azione performativa in cui artisti e pubblico percorrono a piedi la distanza che separa Cortina e Milano, tra il 5 e il 16 dicembre, a un mese dall’inizio delle Olimpiadi, per raccontare un territorio incredibile, contraddittorio che per la prima volta viene messo in luce dalle Olimpiadi. Un cammino lungo oltre 250 km, spettacoli teatrali e di danza, letture, pasti di comunità, incontri e dibattiti: un racconto della montagna fatto di sostenibilità, di protagonismo dei territori alpini e prealpini, di chi decide di vivere e lavorare in quota e nei territori periferici, al di là della spettacolarizzazione del momento olimpico. Michele Losi di Campsirago Residenze ha raccontato a Cult tutto il percorso. L'intervista di Ira Rubini.

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    Volume di venerdì 05/12/2025

    Dal lunedì al venerdì dalle 14.00 alle 16.00, Elisa Graci e Dario Grande vi accompagnano alla scoperta del suono di oggi: notizie, tendenze e storie di musica accompagnate dalle uscite discografiche più imperdibili, interviste con artisti affermati e nuove voci, mini live in studio e approfondimenti su cinema, serie TV e sottoculture emergenti. Il tutto a ritmo di giochi, curiosità e tanta interazione con il pubblico. Non fartelo raccontare, alza il Volume!

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