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Sciopero dei braccianti agricoli

Sciopero dei braccianti agricoli di Torretta Antonacci

Sono in assemblea i braccianti agricoli della piana di Gioia Tauro, dopo che due sere fa un uomo ha sparato a tre lavoratori africani, uccidendone uno e ferendone un altro.

Secondo quanto riferito dagli investigatori, i tre uomini si trovavano in una vecchia fonderia di San Calogero, dalla quale avrebbero preso delle lamiere per costruire delle baracche nella tendopoli di San Ferdinando.

Il capannone era sotto sequestro da 10 anni per una indagine su rifiuti tossici e pericolosi. L’assassino, sconosciuto alle vittime, è arrivato in auto e ha iniziato a sparare.

L’Usb ha proclamato per oggi uno sciopero dei braccianti per chiedere giustizia per Soumaila Sacko, che aveva 29 anni, oltre a migliori condizioni di lavoro.

Chiara Ronzani ha intervistato Abubakar Soumahoro, il responsabile dei braccianti agricoli della Usb:

Chiediamo che sia fatta piena luce su quanto è successo e rimandiamo al mittente la versione che giudichiamo infame di chi afferma che si sia trattato di un furto.
Soumaila era un lavoratore con regolare permesso di soggiorno, che era sempre in prima linea nelle lotte che abbiamo portato avanti, inclusa quella del primo maggio scorso a Reggio Calabria per lavoratori, precari, braccianti e migranti.
Se si è trovato a recuperare delle lamiere in una struttura abbandonata – non stava andando a vendere – è perché ci sono lavoratori sfruttati, schiavizzati e sottopagati, ai quali non viene garantito un tetto sopra la testa. Stava andando a costruire un tetto da avere la testa… chiamiamolo così “tetto”… anche se fa rabbia.

Soumahoro ha ricostruito quanto accaduto:

Questa persona si presenta, spara, colpendo alla testa Soumaila. È di questo che stiamo parlando. Che poi qualcuno dica “non si tratta di un omicidio a sfondo razziale” vuol dire che qualcuno ha dei sospetti, qualcuno vuole giustificarsi, qualcuno ha capito che tutto questo avviene nel momento in cui il ministro dell’Interno Matteo Salvini diceva che per noi “è finita la pacchia”. La pacchia? Per noi non si è mai trattato di pacchia: siamo lavoratori impegnati nella raccolta degli agrumi e di quella dei pomodori, di questo si tratta.
E se siamo in queste condizioni è perché c’è una legge schiavista di deriva razzista come la Bossi-Fini, che ha indotto i lavoratori in questa condizione di sottomissione, di schiavitù.
Ricorderemo a tutti, anche ai componenti di questo governo e a che dice che è finita la pacchia di ricordarsi che i prodotti e gli agrumi che arrivano sulla loro tavola siamo noi a raccoglierli.
Sono due anni che portiamo avanti un percorso di sindacalizzazione dei braccianti.

La vittoria della destra e il nuovo governo temete che possano avere sdoganato e fatto pensare alle persone che si possa fare quello che si vuole, anche sparare agli stranieri?

C’è chi ha adottato questa teoria senza dirlo apertamente e in questo possiamo tranquillamente stigmatizzare la legge Minniti-Orlando. Profughi e richiedenti asilo vengono ghettizzati all’interno delle strutture, mentre nello stesso momento chi non si è visto riconoscere la protezione internazionale viene cacciato, abbandonato e finisce nella filiera agricola, quindi sfruttato e schiavizzato.
Dall’altra parte ci sono oggi soggetti che pur stando nella stessa ottica, e il contratto di Salvini e Di Maio ha questa natura di legittimazione della deriva apartheid, razzista, schiavista, per cui un italiano viene considerato una persona, mentre il bracciante nero non è considerato un essere umano.
Siamo partiti dall’attuazione di queste norme razziste e schiaviste, fino alla loro legittimazione attraverso “il verbo”, poche ore dopo il giuramento sulla costituzione. Quindi i vari Minniti, Salvini e Di Maio sono i responsabili morali di questa situazione.

Sciopero dei braccianti agricoli di Torretta Antonacci
Foto dal profilo Facebook di Abubakar Soumahoro https://www.facebook.com/aboubakar.soumahoro.92
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    Domenica 14 dicembre alle ore 10, presso la Sala Cisterne della Fabbrica del Vapore, a Milano, inaugura la mostra "50 e 50. La mostra. Radio Popolare 1975 - 2025", una delle prime iniziative organizzate per celebrare il 50esimo anniversario dalla fondazione di Radio Popolare. La mostra racconta i cinque decenni "di onda" attraverso venti storie realizzate dai fotografi che in questi anni sono stati vicini alla radio. Inoltre, la mostra ospiterà un’interpretazione creativa realizzata da Studio Azzurro dei video che ricostruiscono la storia di Radio Popolare. La mostra sarà allestita fino al 25 gennaio. Tiziana Ricci ce la racconta insieme a Giovanna Calvenzi, che ne è la curatrice.

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