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Presidenziali in Francia, il comizio del candidato di estrema destra Eric Zemmour

A meno di 15 giorni dal primo turno dell’elezione presidenziale, i candidati moltiplicano le “dimostrazioni di forza”. Questa domenica è toccato alla nuova fiamma dell’estrema destra, Eric Zemmour, chiamare a raccolta a Parigi i suoi sostenitori. Secondo i responsabili del suo movimento, Reconquête, almeno 100 mila persone sono venute a sventolare bandiere blu, bianche e rosse (e anche qualche bandiera monarchica) sulla piazza del Trocadero. La spianata, che domina la Tour Eiffel, è storicamente una piazza di destra. Per Eric Zemmour i simboli sono importanti. Scegliere il Trocadero è anche un modo per ribadire il suo mantra dell’unione della destra: far vedere che è in grado di attirare tanti spettatori quanto Sarkozy e Fillon, dando una scossa a una campagna che languisce e preparando contemporaneamente il terreno per il dopo-elezioni. A giudicare dal fervore della folla, commossa davanti a storie terrificanti di immigrati irregolari assassini ed esaltatissima davanti a Marion Marechal Le Pen, l’evento è decisamente riuscito.

Ad ascoltare Zemmour sotto un sole cocente sono venuti in massa gli ultra-cattolici della Manif pour Tous, che lo preferiscono a Marine Le Pen perché “lei non difende la famiglia come lui”, gruppi di ragazzini e famiglie dei quartieri bene di Parigi ma anche gente di ogni età arrivata “dalla provincia” o, dicono con orgoglio, “dalla Francia rurale”. Quella Francia che secondo loro sta sparendo e che solo Zemmour può davvero salvare. È una folla di facce pulite, curate, bomber a mezze-maniche o ancora t-shirt con gli slogan e i simboli moderni di una destra cool e casual, che a chi non conosce certi codici sembrano disegni inoffensivi di una marca di vestiti qualunque. Quando chiedo a un signore rubicondo di una certa età se ha sempre votato estrema destra, mi risponde tra l’offeso e lo stupito: “Ma questa non è l’estrema destra! Le sembrano facce di estremisti, queste ? Noi siamo tolleranti, accettiamo tutti. Qui siamo tutti patrioti, non rompiamo nulla, possiamo lasciare le nostre cose per terra senza paura che ce le rubino! ”, mi spiega. Chissà cos’avrà pensato quando durante il discorso di Zemmour è risuonato per diversi minuti un “Macron assassino” che ha scatenato una grossa polemica politica?

Tra le donne, quelle che sono venute con un paio di Louboutin o con un completo di Gucci ma anche le ragazze con dei pantaloni a zampa o con una sciarpa colorata che vedrei benissimo sventolare una bandiera della pace al posto di quella francese, le parole di Zemmour sulla questione della
sicurezza, legata a doppio filo all’immigrazione, sono quelle che ritornano più spesso. La sua misoginia liquidata con uno sbuffo. Molti manifestanti non hanno mai votato prima di quest’elezione, altri sono stati delusi dalla destra prima e da Marine Le Pen poi: Zemmour, dicono, è l’unico davvero fuori dal sistema. E sono fermamente convinti che un “voto nascosto” creerà la sorpresa al primo turno.

  • Autore articolo
    Luisa Nannipieri
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    Kei Pritsker, regista con Michael T Workman del documentario “The Encampments”, racconta ai microfoni di Radio Popolare i retroscena della protesta studentesca pro Palestina alla Columbia University. “Gli studenti della Columbia protestano da anni per la Palestina e per ottenere che l’università dismetta gli investimenti in Israele – spiega Pritsker. L’università ha un ingente fondo di dotazione che investe in ogni sorta di attività, molte delle quali riguardano aziende produttrici di armi, aziende manifatturiere che realizzano armamenti, motori per elicotteri, bulldozer e ogni tipo di attrezzatura utilizzata in queste operazioni”. “The Encampments” fa parlare i ragazzi e le ragazze di questo movimento studentesco che dall’aprile del 2024 ha montato le tende nel giardino del Campus per chiedere trasparenza, il ritiro del denaro dagli investimenti israeliani e l’amnistia per gli studenti puniti per le proteste. “Chiunque creda ancora a questa narrativa sull’antisemitismo nel movimento per la Palestina dovrebbe semplicemente guardare il film – assicura Kei Pritsker”. Al momento “The Encampments” ha una distribuzione indipendente che lo diffonde nei cinema più coraggiosi. L'intervista di Barbara Sorrentini per la trasmissione Chassis.

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    L’undicesimo episodio del podcast dell’Alleanza Clima Lavoro, a cura di Massimo Alberti, è dedicato a un tema centrale del dibattito pubblico: la Legge di Bilancio, ovvero lo strumento chiave per orientare la nostra spesa pubblica. Da sempre l’Alleanza Clima Lavoro richiama la necessità di sostenere il percorso di transizione verso un’economia a zero emissioni, integrando politiche climatiche, industriali e del lavoro, e rafforzando al contempo il welfare e la qualità della vita delle persone. La manovra economico-finanziaria del Governo per il 2026 procede, purtroppo, in direzione opposta: è una “manovra pericolosa” che, oltre a non offrire una prospettiva di decarbonizzazione, prevede un aumento delle spese militari cui si accompagnano tagli o mancati investimenti in sanità, istruzione, ambiente e politiche industriali. Nel corso della puntata emergono tutte le criticità di una Legge di Bilancio che rinuncia a svolgere un ruolo di indirizzo strategico per il futuro del Paese. Il confronto tra l’analisi della manovra e le proposte alternative per migliorarla rilancia una domanda di fondo: quale modello di sviluppo intendiamo davvero perseguire?

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