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La sfida olandese: solo auto elettriche dal 2025

Dal 2025 tutte le nuove auto immatricolate dovranno essere elettriche. Basta benzina, basta diesel. L’Olanda fa sul serio. E – se la proposta di legge aprrovata dalla camera bassa del Parlamento passerà, come sembra probabile, anche al Senato – sarà una vera e propria rivoluzione. Un cambiamento epocale sul fronte dell’inquinamento e della mobilità delle città. Che potrebbe essere un esempio anche per altri paesi europei. Ma che avrà forti ripercussioni anche sull’industria dell’auto. Del resto la crescita di modalità nuove di trasporto in città, come il car sharing, indica che la strada verso un rinnovamento in senso più sostenibile, è già aperta.

Ne abbiamo parlato con Gianni Silvestrini, direttore di Kyoto Club, associazione no profit che riunisce imprese, enti locali e associazioni impegnati nel rinnovamento del modello energetico.

Quello dell’Olanda  – esordisce  – è un obiettivo ambizioso. Ma non è da sola. Anche la Norvegia si è data l’obiettivo di eliminare dalla venita le auto a benzina e diesel dal 2025. Ci sono rumors sul fatto che anche la Germaia ci stia ragionando, dal 2030. Addirittura l’India ci sta pensando. Cosa signficia tutto questo? Che sta cambiando fortemente il contesto industriale e della mobilità, lo vedremo nei prossimi anni. Si tratta di cogliere l’opportunità sul versante industriale, ma anche sul quello delle infrastrutture necessarie a ottenere obiettivi così ambiziosi. Io sono convinto che il mondo dell’auto, già dopo lo scandalo Volkswagen, abbia ricevuto un segnale chiaro.

Senz’altro, ma qui si parla di pochi anni, solo nove al 2025. Come può esserci una tale trasformazione del sistema produttivo?

Pensiamo a cosa è successo nella generazione elettrica. Nel giro di pochi anni le energie rinnovabili, in particolare quelle più innovative come il solare e l’eolico hanno avuto un ruolo che è passato dall’essere briciole nella produzione di energia a un ruolo sempre più centrale. Ormai la metà delle nuove centrali elettriche nel mondo produce energia da fonti rinnovabili. Questo era impensabile solamente cinque o sei anni fa. Eppure è successo. Bloomberg è uscito con un rapporto proprio la settimana scorsa in cui si ritiene che la nuova potenza elettrica entro il 2040 per oltre il 43% sarà da fotovoltaico. Nel modo dell’auto succederà una cosa analoga, sia sul versante dell’auto elettrica sia su quello dell’auto senza guidatore. Anche quella sembrava una cosa futuribile. E invece è già qua.

Cosa succederà quindi?

Io immagino un futuro in cui ci saranno molte meno macchine: e saranno condivise, connesse ed elettriche. Questo cosentirà di usarle meglio, in maniera più razionale e con la posssibilità di usarle per un maggior numero di ore al giorno, oggi le usiamo per un’ora e mezza mediamete. Se ci fosse una sorta di car sharing collettivo, in cui io da casa mia chiamo l’auto e dico: voglio andare nel tal posto e in cinque minuti mi arriva, senza guidatore, ecco che si avrebbe il risultato di ridurre enormemente il numero di auto in circolazione, le esigenze di parcheggio e così via. Cambierebbe proprio, e in meglio, la fisionomia delle città.

Ma lei crede possibile superare la tradizione del possesso della “propria” macchina? Mi sembra molto radicata….

Bè, proprio a Milano è stato dato un esempio, con il grande successo che ha il car sharing. E il fatto che ormai la gente vuole avere il servizio, vuole potersi spostare in maniera rapida, poco costosa ed efficace. Non è più detto che questa risposta venga dall’auto di proprietà. Progressivamente vedrà che ci sarà un cambiamento anche negli stili di vita.

Dal punto di vista tecnologico, la produzione di auto elettriche è già in grado di muoversi verso scenari come quelli prospettati in Olanda?

Oggi sono produzioni ancora molto limitate, ma la crescita è rapidissima. Sono i cinesi in questo momento che hanno la leadership dellla produzione di auto elettriche, auto di piccola taglia per le città. E nei prossimi anni credo che sarà necessaria un’accelerazione notevole su questo versante che non è detto che veda i player internazionali dell’auto essere vincenti. In questo momento i più importanti produttori di auto elettriche non vengono dal mondo dell’auto. E il caso di Tesla che ha nel fotovoltaico il suo core businnes.

Ma le grandi case automobilistiche sapranno colgliere l’opportunità o ci saranno conseguenze negative sulla loro attività e quindi anche sull’occupazione nel settore auto?

Certo, questo è il vero punto interrogativo. Perché il rischio è che alcune di queste grandi case produttrici tradizionali vengano tagliate fuori. Adesso tutti si lanciano, compresa Fca (Fiat-Chrysler), nonostante fino a cpoco tempo fa si sia mossa in senso contrario. Marchionne è sempre stato critico sull’auto elettrica. Ma ora probabilmente hanno capito che non potevano essere fuori. Diverso il caso di altri produttori, come la Volkswagen, ma ormai praticamente tutte le grandi case, lanciate verso un’offerta che nei prossimi anni si arricchirà di nuovi modelli di auto elettrica. E’ un mondo in ebollizione quello della mobilità e bisognarà cogliere le opportunità che si aprono, per le imprese e anche per i paesi che potranno sfruttare grandi possibilità di sviluppo.

Una città dove, poniamo, la metà delle auto in circolazione fosse elettrica, che città sarebbe?

Innanzitutto si riduce drasticamente l’inquinamento della città stessa. Non solo quello dell’aria ma anche il rumore, l’impatto acustico. Se poi sono auto condivise, meno auto in circolazione e quindi una viviblità della città migliore. E’ un tema ambientale ma anche di qualità della vita in città. Poi l’auto elettrica di per sé non risolve tutto. Nel senso che se io mi limito a sostituire le auto tradizionali con le elettriche, avrò comunque congestione del traffico. Ma in contemporanea con lo sviluppo dell’elettrico bisogna portare avanti altre soluzioni, come car sharing e auto senza guidatore. Io credo che il prossimo decennio vedrà una mobilità urbana completamente diversa. E alcune città, penso ad esempio ad Oslo, si stanno attrezzando per questo. In Norvegia il 29% delle auto vendute, già oggi, è elettrica.

  • Autore articolo
    Alessandro Principe
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    Gran Bretagna e Germania, i grandi malati d'Europa. Il primo ministro britannico Starmer e il cancelliere tedesco Merz sono entrambi proiettati in una rincorsa della destra estrema. Il laburista britannico Starmer, due settimane fa: «restauriamo ordine e controllo», titolo di un documento presentato alla Camera dei Comuni. Il democristiano tedesco Merz: ci vogliono «controlli ai confini e respingimenti» perchè «l’immigrazione ha un impatto sul paesaggio urbano». Proprio così. Germania e Gran Bretagna, due potenze economiche mondiali: la Germania (80 milioni di abitanti) con il terzo pil del mondo (dopo Stati Uniti e Cina); il Regno Unito (con 60 milioni di abitanti) con il sesto pil mondiale (dopo la Germania c’è il Giappone e l’India e poi il Regno Unito). La “malattia” (la rincorsa ad essere a volte più a destra delle destre) rischia di cambiare i connotati a tradizioni politiche europee centenarie: come il laburismo britannico, il popolarismo democristiano tedesco insieme alla socialdemocrazia, sempre in Germania. Pesa, inoltre, un discorso pubblico sempre più contaminato da un lessico guerresco. Che danni può provocare questa “malattia” in due paesi fondamentali del continente europeo? Pubblica ha ospitato la storica Marzia Maccaferri (Queen Mary, University of London) e il giornalista Michael Braun (corrispondente da Roma del berlinese Tageszeitung).

    Pubblica - 03-12-2025

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    Finanza e Industria, ecco chi ci porta alla guerra

    Politici, industriali e finanzieri sono concordi nel sostenere la strada del riarmo e della militarizzazione europea: per i finanzieri si tratta di far fruttare i propri fondi rapidamente e in maniera sicura, per gli industriali idem, con fortissime iniezioni di denaro pubblico, non a caso anche quest’anno hanno fatto il record di vendite come registra il Sipri di Stoccolma il più autorevole istituto di ricerca sulla spesa militare nel mondo. Il problema, spiega Francesco Vignarca, portavoce della Rete Pace Disarmo, ricercatore e analista (tra i curatori del libro Europa a mano armata curato con Sbilanciamoci) è che così vince il discorso di guerra. Banalizzante, propagandistico e pericoloso perché sequestra la democrazia: “Il complesso militare industriale ha un pensiero medio lungo strategico. Stanno già intervenendo per togliere le leggi sulla limitazione alla vendita di armi, perché sanno che dovranno vendere questa sovraproduzione da qualche parte, così come fanno entrare capitali esteri nella nostra industria, come i sauditi in Leonardo, perché non siamo noi gli acquirenti di queste armi”. Ascolta l'intervista di Cinzia Poli e Claudio Jampaglia.

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    A come Atlante – Geopolitica e materie prime - 03-12-2025

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