Approfondimenti

La Pace non c’è. E neppure i pacifisti

Le fotografie dei bambini siriani feriti e morti nei bombardamenti indignano, ma non mobilitano.  Nessuno si muove per mettere fine alle strage di Aleppo. Perchè? Ne abbiamo parlato con Flavio Lotti, coordinatore della Tavola della Pace e tra i promotori della Marcia Perugia – Assisi

Siamo davanti a guerre, alle morti, alle atrocità in Siria, nello Yemen, nel Sud Sudan, in molte altre parti del mondo, eppure il movimento per la pace non c’è. Come lo spiega?

C’è una desertificazione delle coscienze, c’è una vittoria dell’indifferenza, c’è rassegnazione in tantissime persone. Siamo davanti alla sfiducia diffusa nei confronti dell’utilità persino nel prendere la parola, e così ciascuno, anche tra i più sensibili, riporta la propria rabbia e indignazione dentro a una dimensione personale. Questo è grave e allarmante.

Lei come si spiega questa rassegnazione di molti?

Innanzitutto dipende da una grande sfiducia nella politica e nelle istituzioni, motivata dalla chiusura e dalla strumentalità con cui la politica ha guardato ai movimento della pace. E poi l’informazione, i media, che si avvicinano alle tragedie solo quando c’è qualcosa che emotivamente colpisce l’opinione pubblica, e tutto questo non aiuta a comprendere la gravita della situazione e quindi a cercare di affrontarlo.

Non crede però che non si possa scaricare le responsabilità solo sugli altri. Non pensa che anche i movimenti per la pace abbiano delle responsabilità in quella che lei definisce rassegnazione, desertificazione delle coscienze?

Assolutamente sì. Il vero problema è che oggi è difficile parlare del movimento per la pace nel senso tradizionale. Oggi ci sono persone che lavorano per la pace, ma che non sono in grado di rappresentare quella corrente della storia che ha avuto una voce importante negli ultimi 30 anni. Oggi la risposta alle guerre non assume la forma di un’azione collettiva, visibile mediaticamente.

E quindi il movimento per la pace non c’è più…

E quindi è molto difficile riconoscere l’esistenza di un movimento per la pace. Lo so che a qualcuno spiace sentirsi dire che in questo momento il movimento per la pace non c’è, ma è la realtà.

Cosa risponde a chi vi contesta di aver fatto grandi mobilitazioni quando la controparte erano gli Stati Uniti, per esempio al tempo di Bush..?

No, non è cosi, queste solo le solite vecchie polemiche. Certo c’è stato chi negli anni chi si è mobilitato esclusivamente per quello (contro gli Stati Uniti, ndr), ma il movimento per la pace italiano ha radici antiche e ben altro spessore. E sono convinto che rinascerà.

Questo è un auspicio e nel frattempo?

Dobbiamo interrogarci, riflettere, senza scaricare le responsabilità su altri. Abbiamo il dovere di chiederci cosa io, noi stiamo facendo per la pace, se stiamo facendo tutto quello che è nelle nostre possibilità, o dobbiamo cambiare anche noi. Se non recuperiamo le idee fondanti del movimento per la pace, andremo sempre più dentro questo abisso di guerre e atrocità.

Senta lei parlava di atrocità. Ritiene che immagini come il bimbo Aylan morto sulla spiaggia o , in queste ore, quelle di Omran ferito a Aleppo, abbiano un reale impatto sull’opinione pubblica, o durano l’emozione, l’indignazione del momento?

Credo che abbiano un impatto. Le immagini di cui lei parlava lasciano tracce importanti. Certo: il vero problema è andare oltre l’emozione del momento. Noi ci allarmiamo solo il giorno dopo che le cose sono successe e spesso facciamo manifestazioni nei giorni successivi che lasciano il tempo che trovano. Non abbiamo più la capacità di andare oltre il presente quotidiano, abbiamo bisogno di luoghi in cui ragionare insieme per ricostruire una lettura comune del nostro tempo. Dobbiamo riprenderci il futuro.

Si va verso la nuova edizione della marcia della pace Perugia-Assisi , per il 9 ottobre. Quali saranno gli obiettivi?

Innanzitutto quello di rompere questo silenzio assordante, che fa male..fa male. Vogliamo organizzare una grande manifestazione per riunire tutti quelli che continuano a provare sofferenza per quello che accade. Sarà un giorno che darà un’opportunità per uscire dalle nostre case.

Intanto l’Italia continua a vendere armi a paesi in guerra. Cosa pensate di fare?

Sarà uno temi del 9 ottobre. Questa vendita delle armi che continua è uno scandalo. Chiederemo con forza al Governo che applichi la legge ‘185 ‘ del 1990 che vieta la vendita di armamenti a paesi in guerra. Quello che sta accadendo è inaccettabile.

Quali altri proposte farete?

In questa marcia diremo no ai muri , sì ai ponti e ai corridoi umanitari. Con questa marcia vogliamo dare un’occasione di cittadinanza alle tante persone, migranti,che sono nel nostro paese. Dobbiamo contrastare con forza chi vuole metterci l’uno contro l’altro. Faremo una proposta concreta: unire la lotta per un piano serio di accoglienza dei migranti, che è un problema che ci porteremo dietro nei prossimi anni, con un piano di lotta alla povertà nel nostro paese, contro le diseguaglianze.

  • Autore articolo
    Piero Bosio
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    Nel cinquantenario della morte di Šostakovič il Teatro alla Scala inaugura la Stagione con il suo capolavoro Una lady Macbeth del distretto di Mcensk, tratto dal racconto di Nikolaj Leskov in cui una giovane sposa con la complicità dell’amante uccide il marito e il tirannico suocero, ma viene scoperta e finisce per suicidarsi in Siberia, tradita da tutti. Dopo il debutto a San Pietroburgo, l’opera, che avrebbe dovuto essere il primo capitolo di una trilogia sulla condizione della donna in Russia, ebbe enorme successo in patria e all’estero. Stalin assistette a una rappresentazione a Mosca nel 1936; due giorni dopo apparve sulla Pravda la celebre stroncatura dal titolo “Caos invece di musica” con cui il regime metteva all’indice l’opera e il compositore. Anni dopo Šostakovič preparò una nuova versione che andò in scena a Mosca nel 1963 con il titolo Katarina Izmajlova, dopo che il sovrintendente Ghiringhelli aveva invano cercato di ottenerne la prima per la Scala. Oggi il Teatro presenta la versione del 1934 con la direzione del M° Chailly e il debutto del regista Vasily Barkhatov. Ascolta Riccardo Chailly nella presentazione dell’opera.

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    Il trumpismo fa paura. L'autoritarismo trumpista ancora di più. A Pubblica la prima sintesi degli incontri alla Casa della Cultura di Milano per il ciclo "Autoritarismi in democrazia" (Osservatorio autoritarismo, Università Statale Milano, Libertà e Giustizia, Castelvecchi) di cui Radio Popolare è media partner (qui il programma https://www.libertaegiustizia.it/2025/11/21/autoritarismi-in-democrazia/). Ospite del primo incontro (22 novembre 2025) la filosofa Chiara Bottici, della New School for Social Research di New York. «Il clima negli Stati Uniti – ha raccontato la filosofa - è estremamente allarmante, estremamente preoccupante. Quando parlo di neofascismo non è un'esagerazione, non è un modo per dire "questi sono cattivi, Trump è autoritario"».

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