Approfondimenti

Karadžić, una sentenza che delude

Genocidio, persecuzione, sterminio: Radovan Karadžić è stato riconosciuto colpevole e condannato a 40 anni. La sentenza, però, delude parte delle vittime e, forse, arriva davvero troppo tardi per favorire la riconciliazione

Alla fine, il verdetto ha deluso sia le vittime che la difesa. Vasvija Kadić, dell’associazione Madri di Srebrenica, ha definito “vergognosa” e “offensiva” la condanna di Radovan Karadžić a 40 anni, e non all’ergastolo. Il presidente dell’associazione dei veterani della Republika Srpska, Milomir Savičić, ha invece definito “ingiusto” il verdetto, mentre gli avvocati della difesa annunciavano il ricorso. Sono passati troppi anni, venti, dalla fine della guerra, e in questi anni le diverse narrazioni sugli anni ’90 non hanno fatto che allontanarsi, in un paese in cui tutto, a partire dal sistema dell’educazione, è diviso. Era dunque prevedibile che ognuno si sarebbe sentito rafforzato nelle proprie opinioni dalle parole del giudice O-Gon Kwon, qualunque esse fossero state.

Quelle parole, però, sono state sufficientemente chiare, indipendentemente dal computo della sentenza. L’ex leader dei serbo bosniaci è stato condannato per genocidio, persecuzione, sterminio, omicidio, deportazione, terrore, in un contesto che ha ricostruito gli anni ’92-’95 ricordando le decine di migliaia di persone rinchiuse nei campi di concentramento, uccise, allontanate dalle proprie case. È caduta, però, l’accusa di genocidio nelle altre zone della Bosnia Erzegovina, oltre a Srebrenica, in particolare nelle sette municipalità di Ključ, Sanski Most, Prijedor, Vlasenica, Foča, Zvornik e Bratunac. Secondo la versione del Tribunale, dunque, il genocidio è stato commesso solo nel luglio ’95, a Srebrenica, ma la leadership serbo bosniaca non aveva un piano genocidario nei confronti della popolazione bosniaco musulmana fin dall’inizio del conflitto. È questa la parte della sentenza che più è stata criticata dai sopravvissuti e dalle associazioni delle vittime. Munira Subašić, presidente delle Madri delle enclave di Srebrenica e Žepa, ha dichiarato che non era importante la lunghezza della condanna, ma la ricostruzione precisa di quanto avvenuto, auspicando proprio che la Procura riesca in appello a presentare le prove dell’esistenza di quel piano genocidario sin dal ’92.

Karadžić, che aveva chiesto per sé il proscioglimento, ha ascoltato impassibile la sentenza. Negli oltre cinque anni di processo, durante i quali hanno testimoniato quasi 600 persone, la sua versione dei fatti e quella del procuratore, Alan Tieger, sono rimaste inconciliabili. Impossibile ricostruire la parabola personale e politica di un uomo che, prima di vestire i panni del più acceso nazionalista, era considerato una persona mite dai propri concittadini, e che nel periodo jugoslavo era salito agli onori delle cronache solo per qualche piccola truffa. Molti hanno cercato di spiegare la trasformazione con la sindrome del ragazzo di campagna che, arrivato in città, sviluppa un risentimento patologico nei confronti della “gradska raja” di Sarajevo, dell’élite culturale urbana che non lo aveva sufficientemente apprezzato. Un altro ragazzo proveniente da uno sperduto villaggio del Montenegro, a pochi chilometri da quello in cui era nato Karadžić nello stesso anno, il 1945, Marko Vešović, ha avuto però una storia radicalmente opposta, scegliendo di restare nella città assediata e continuando a scrivere i suoi versi, tra i più belli della letteratura di questa regione.

Un altro grande poeta sarajevese, Abdulah Sidran, ha parlato invece della propria generazione, la stessa di Karadžić, come di una generazione “il cui destino era nelle mani dei padri”, costretti da un ineluttabile karma a seguire le impronte di chi li aveva preceduti. Tra i molti esempi che Sidran cita a sostegno della tesi c’è proprio Karadžić, figlio di un esponente del movimento cetnico, cioè monarchico, nazionalista e anticomunista durante la Seconda Guerra Mondiale.

Quel che è certo è che l’ex psichiatra, a prescindere dalle motivazioni che lo hanno portato a vestire i panni del nazionalista estremo alla fine degli anni ’80, e che già prima della guerra minacciava il popolo musulmano di “estinzione”, è riuscito nei propri intenti. Non nell’eliminazione degli altri popoli, ma nella distruzione di un’idea di Bosnia Erzegovina che esisteva prima della guerra, soprattutto nei grandi centri urbani, Sarajevo, Tuzla, Mostar, Zenica, Banja Luka.

Nel cuore dei Balcani, la stratificazione di molteplici provenienze culturali, nazionali, religiose, di diversi grandi racconti, aveva contribuito alla formazione di una nuova identità, basata sulla somma di differenze. Una società incomprensibile per l’Europa odierna, che tutt’al più concepisce l’integrazione come adeguamento alla narrazione della maggioranza. Il contesto era quello di rapporti sociali che “non ci permettevano di pensare che la guerra fosse possibile”, come ha scritto il giornalista e diplomatico sarajevese Zlatko Dizdarević.

Tutto questo, oggi, non c’è più. In gran parte grazie all’azione di Radovan Karadžić, la cui paranoia nazionalista, nel 1992, aveva un elemento in più rispetto a quella degli altri, cioè l’esercito di Slobodan Milošević. Che intervenne immediatamente, dalla primavera di quell’anno. Che sia stato un genocidio oppure no, quello del ’92, è questione per gli avvocati e i giuristi. Così come il fatto che anche altri abbiano seguito entusiasti quel percorso criminale, per distruggere l’utopia jugoslava. La sostanza è che l’iniziativa della leadership serbo bosniaca di quegli anni è riuscita a distruggere con la violenza non solo una società, ma anche un’idea di Bosnia Erzegovina. Questo i giudici lo hanno confermato. Troppo tardi, però.

di Andrea Oskari Rossini 

tratto da Osservatorio Balcani Caucaso

  • Autore articolo
    Redazione
ARTICOLI CORRELATITutti gli articoli
POTREBBE PIACERTI ANCHETutte le trasmissioni

Adesso in diretta

  • Ascolta la diretta

Ultimo giornale Radio

  • PlayStop

    Giornale Radio lunedì 01/12 12:30

    Le notizie. I protagonisti. Le opinioni. Le analisi. Tutto questo nelle tre edizioni principali del notiziario di Radio Popolare, al mattino, a metà giornata e alla sera.

    Giornale Radio - 01-12-2025

Ultimo giornale Radio in breve

  • PlayStop

    Gr in breve lunedì 01/12 15:29

    Edizione breve del notiziario di Radio Popolare. Le notizie. I protagonisti. Le opinioni. Le analisi.

    Giornale Radio in breve - 01-12-2025

Ultima Rassegna stampa

  • PlayStop

    Rassegna stampa di lunedì 01/12/2025

    La rassegna stampa di Popolare Network non si limita ad una carrellata sulle prime pagine dei principali quotidiani italiani: entra in profondità, scova notizie curiose, evidenzia punti di vista differenti e scopre strane analogie tra giornali che dovrebbero pensarla diversamente.

    Rassegna stampa - 01-12-2025

Ultimo Metroregione

  • PlayStop

    Metroregione di lunedì 01/12/2025 delle 07:15

    Metroregione è il notiziario regionale di Radio Popolare. Racconta le notizie che arrivano dal territorio della Lombardia, con particolare attenzione ai fatti che riguardano la politica locale, le lotte sindacali e le questioni che riguardano i nuovi cittadini. Da Milano agli altri capoluoghi di provincia lombardi, senza dimenticare i comuni più piccoli, da dove possono arrivare storie esemplificative dei cambiamenti della nostra società.

    Metroregione - 01-12-2025

Ultimi Podcasts

  • PlayStop

    In Cisgiordania situazione sempre più pericolosa, anche per gli attivisti

    Dopo l'aggressione a tre attivisti italiani in un villaggio vicino a Gerico, abbiamo intervistato Elena Castellani, attivista di Assopace Palestina, una delle organizzazioni di sostegno della missione in interposizione non violenta nei territori occupati, che ci spiega qual è il lavoro dei volontari e il contesto nel quale si trovano. “Gli attivisti internazionali di interposizione non violenta – spiega Elena Castellani - aiutano i palestinesi in vari modi, come la sorveglianza notturna o diurna, l'accompagnamento dei bambini, dei pastori, per cercare di evitare le aggressioni dei coloni, che sono praticamente quotidiane: i palestinesi vengono feriti, malmenati, a volte anche uccisi e quando va meno peggio, i coloni distruggono le proprietà, le case, ammazzano gli animali. I coloni vengono fiancheggiati dai militari israeliani che, invece, di proteggere gli aggrediti difendono i coloni, cioè gli aggressori”. L'intervista di Alessandro Principe.

    Clip - 01-12-2025

  • PlayStop

    La Fura dels Baus a Milano con un Amleto contemporaneo che lotta per l'ambiente

    La Fura dels Baus, celebre compagnia catalana, torna a Milano, alla Fabbrica del Vapore con la sua nuova creazione immersiva “SONS: SER O NO SER”, ispirata all’Amleto di William Shakespeare. L’opera sarà in scena fino al 14 dicembre 2025 in un allestimento site-specific che trasformerà completamente gli spazi della Fabbrica del Vapore, offrendo al pubblico un’esperienza sensoriale e coinvolgente fuori dagli schemi, che attraversa temi contemporanei, dall'ambiente ai conflitti. Lo ha spiegato Carlus Padrissa, direttore artistico della Fura dels Baus.

    Clip - 01-12-2025

  • PlayStop

    Musica leggerissima di lunedì 01/12/2025

    a cura di Davide Facchini. Per le playlist: https://www.facebook.com/groups/406723886036915

    Musica leggerissima - 01-12-2025

  • PlayStop

    Considera l’armadillo di lunedì 01/12/2025

    Noi e altri animali È la trasmissione che da settembre del 2014 si interroga su i mille intrecci di una coabitazione sul pianeta attraverso letteratura, musica, scienza, costume, linguaggio, arte e storia. Ogni giorno con l’ospite di turno si approfondisce un argomento e si amplia il Bestiario che stiamo compilando. In onda da lunedì a venerdì dalle 12.45 alle 13.15. A cura di Cecilia Di Lieto.

    Considera l’armadillo - 01-12-2025

  • PlayStop

    Cult di lunedì 01/12/2025

    Oggi a Cult, il quotidiano culturale di Radio Popolare: Marina Fabbri intervistata da Barbara Sorrentini sul programma dedicato ai libri e ai premi letterari del Noir in Festival; la mostra "Ombra di tutti" alla Casa della Memoria dell'artista Patrizio Raso; la compagnia Dammacco/Balivo con "Spezzato è il cuore della bellezza" all'Elfo Puccini; la rubrica GialloCrovi a cura di Luca Crovi...

    Cult - 01-12-2025

  • PlayStop

    Pubblica di lunedì 01/12/2025

    Bye bye progressività fiscale. Il governo Meloni cerca di cancellare uno dei principi fondamentali della Costituzione repubblicana e antifascista e propone un ritorno “di fatto” alle regole proporzionali dello Statuto Albertino. «L’ultima legge di bilancio è un proliferare di tasse piatte», ha raccontato Roberto Seghetti, giornalista economico e politico, ospite di Pubblica e autore di «Le tasse sono utili. Dal sistema fiscale dipendono democrazia e qualità della vita» (Nutrimenti 2024).

    Pubblica - 01-12-2025

  • PlayStop

    A come Atlante di lunedì 01/12/2025

    Trasmissione trisettimanale, il lunedì dedicata all’America Latina con Chawki Senouci, il mercoledì all’Asia con Diana Santini, il giovedì all’Africa con Sara Milanese.

    A come Atlante – Geopolitica e materie prime - 01-12-2025

  • PlayStop

    KADER ABDOLAH - QUELLO CHE CERCHI STA CERCANDO TE

    KADER ABDOLAH - QUELLO CHE CERCHI STA CERCANDO TE - presentato da Ira Rubini

    Note dell’autore - 01-12-2025

  • PlayStop

    Tutto scorre di lunedì 01/12/2025

    Sguardi, opinioni, vite, dialoghi al microfono. Condotta da Massimo Bacchetta, in redazione Luisa Nannipieri.

    Tutto scorre - 01-12-2025

  • PlayStop

    Presto Presto - Interviste e Analisi di lunedì 01/12/2025

    Giornata mondiale per la lotta all’AIDS, Roberta Villa, giornalista scientifica, racconta la preoccupazione della comunità scientifica internazionale per il ritiro degli USA dalle politiche di eradicazione dell'infezione: i farmaci ci sono, manca la politica. Paolo Meli, Responsabile delle Case Alloggio di Bergamo Casa Raphael e Casa San Michele, è stato Presidente del CICA nazionale, ci racconta come 6 nuove diagnosi su 10 in Italia siano tardive, e ci racconta cosa sia il fast-treck per la prevenzione della diffusione dell'infezione da HIV. Da Kiev, Sabato Angieri, analizza le aspettative ucraine per un accordo di pace. A Milano stasera all'Arci Bellezza si discute di Spazi sociali e cultura, ce lo racconta Carlo Testini responsabile disuguaglianze, diritti sociali e libertà – ARCI Nazionale

    Presto Presto – Interviste e analisi - 01-12-2025

Adesso in diretta