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Il fornaio francese Stéphane Ravacley in sciopero della fame contro l’espulsione del suo apprendista

Stéphane Ravacley - fornaio francese

Capita che le azioni di un individuo permettano di far capire a tutti le storture di un sistema. In Francia è successo con il crimine di solidarietà e l’agricoltore della valle della Roya Cédric Herrou, che ha accolto centinaia di migranti sulle Alpi liguri ed è stato processato per questo. E oggi succede a Besançon, dove il panettiere Stéphane Ravacley sta facendo uno sciopero della fame da 10 giorni, per protestare contro la legge che impone ai migranti minori di lasciare il territorio francese quando compiono 18 anni. A meno che non abbiano una formazione qualificante, non abbiano più rapporti regolari con il paese d’origine e possano provare di essere stati minorenni quando lo stato ha iniziato a occuparsi di loro. Una condizione, quest’ultima, quasi impossibile da riempire per molti di loro. Compreso Laye Fodé Traoré, che da un anno e mezzo lavora con Stéphane come apprendista. È per lui, arrivato dalla Guinea, che Stéphane ha iniziato il suo sciopero della fame, sperando di ottenere una reazione dal governo:

Gli abbiamo detto: ok, ti proteggiamo a 16 anni, ma a 18 non ci interessi più, addio. Come tutti questi adulti e questi ragazzini, ha attraversato dei deserti, li hanno picchiati, alcuni sono stati stuprati, li hanno ricattati… Insomma, parliamo di ragazzi che hanno avuto esperienze inimmaginabili per qualunque giovane francese o italiano, anche a 16 anni. Sono lavoratori, vogliono lavorare, avere una vita tranquilla, fondare una famiglia in Francia. Arrivano in delle aziende che non trovano altri impiegati e allora perché lo stato ce li toglie? È una bella domanda.

Al momento Laye è protetto dall’associazione che lo segue dal suo arrivo in Francia ed è stato uno dei primi a rendersi conto che lo sciopero di Stéphane Ravacley stava creando un’incredibile ondata di solidarietà in tutto il paese. La petizione online, che pensavano avrebbe raccolto al massimo 5.000 firme, ne conta più di 230 mila. Molti deputati europei, attori famosi come Omar Sy o ex ministri come Nicolas Hulot hanno dichiarato il loro sostegno, come molte persone comuni:

Ricevo dei messaggi eccezionali, mi dicono che sono un Giusto, come durante la guerra. Io non penso di essere un giusto ma ad esempio ho ricevuto un messaggio da un ragazzino handicappato, in ospedale, che mi dice coraggio, la ammiro… e la trovo una cosa talmente eccezionale che mi commuovo, anche se non l’ho fatto per quello.

Da Besançon, il movimento si è diffuso un po’ in tutto il paese. Con altri panettieri o meccanici che rischiano di veder andare via i loro apprendisti per lo stesso motivo. Molti di loro coprono le spese legali dei giovani migranti.

Abbiamo creato una pagina Facebook: imprenditori solidali, per cercare di riunire tutti quegli imprenditori e piccoli capi d’azienda che hanno lo stesso problema. L’idea è di farne dei dossier e far parlare di chi è nella situazione di Laye perché non mi batto solo per lui. Ci sono migliaia di Laye in Francia.

Di fronte alla mediatizzazione della storia di Stéphane Ravacley e Laye, il governo ribadisce che è un caso eccezionale, e aspetta la decisione amministrativa a fine mese. La cosa non stupisce Stéphane, che pensa voglia fare come con i gilets gialli: sperare che tutto rientri nei ranghi senza esporsi. Per questo continuerà lo sciopero a oltranza. Gli abbiamo chiesto come riesce ad andare avanti e se è deluso dall’atteggiamento dello Stato.

Sono un uomo corpulento e di solito quando mi metto a dieta divento molto irritabile. Ma questa lotta mi nutre. L’ho detto anche ai miei impiegati: non credo di essere mai stato osi’ gentile con voi come da quando ho iniziato lo sciopero della fame. Sa, io ho 50 anni, la mia carriera è dietro di me. Nella mia vita ho visto molte cose degne d’ammirazione fatte dalla Francia. Ne ho viste altre che non sono molto belle. Non lascerò certo per questo il mio paese ma forse riuscirò a cambiarlo un po’. Anche grazie a tutti quelli che mi hanno contattato. Io sono solo un semplice panettiere, in fondo, continuo la lotta ma non l’ho iniziata io. Spero, in futuro, di poter lavorare con dei deputati per fare una legge che protegga questi ragazzi fino all’ottenimento di un diploma. Per fare in modo che non debbano più avere paura mentre vanno a scuola.

  • Autore articolo
    Luisa Nannipieri
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    Teatro. La rivoluzione delle "piscinine" milanesi vista da due piccioni in crisi esistenziale Al Teatro della Cooperativa, a Milano ha debuttato in prima nazionale "Lo sciopero delle bambine", in scena Rita Pelusio e Rossana Mola di PEM Habitat Teatrali, compagnia che porta avanti una ricerca artista che declina contenuti civili e ironia. Lo spettacolo, con la regia di Enrico Messina, racconta una storia avvenuta a Milano nel 1902, quando le “piscinine”, che in dialetto meneghino significa “piccoline”, bambine, tra i sei e i tredici anni, che lavoravano senza diritti, sfruttate e sottopagate, ebbero la forza di scioperare e, per cinque giorni, fermare l’industria della moda della città. A raccontare la vicenda delle piscinine in scena sono due piccioni, due creature che abitano le piazze, le cui parole rispecchiano lo sguardo dei contemporanei, spesso stanchi e disillusi davanti alle sfide della storia. Nella trasmissione Cult Ira Rubini ha intervistato l’attrice Rita Pelusio.

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