L’evento è planetario e iperbolico: planetario perché la multinazionale cinese Shein, il gigante mondiale della moda ultra effimera, usa e getta online, apre la sua prima boutique fisica — per così dire, in carne e ossa, o meglio, in vetrina e scaffali — al mondo. È iperbolico perché lo fa nel cuore di Parigi, l’indiscussa e indiscutibile capitale mondiale dell’alta moda, in uno dei suoi grandi magazzini storici, al Bazar de l’Hôtel de Ville, in rue de Rivoli, in pieno centro della Ville Lumière, a due passi dal palazzo comunale, appunto.
Che la si chiami fast fashion, moda usa e getta o ultra effimera, la lista dei suoi misfatti è nota, lunga e consolidata.
Misfatti ambientali: 75% dei prodotti in poliestere, cioè plastica, che diventano rapidamente rifiuti da riciclare. Prodotti che arrivano per trasporto aereo, il più inquinante, in pacchi e pacchetti — più di 700 milioni ogni anno solo in Francia — anch’essi di plastica. Tutti realizzati in fabbriche e laboratori non sottomessi ad alcuna norma ambientale o sanitaria. Massimo inquinamento nell’ordine: produzione, trasporto e consumo.
E misfatti socio-economici: lavoratori sottopagati, quando non schiavizzati, in condizioni sanitarie e di vita indegne, se non addirittura mortifere, in Estremo Oriente. E, dall’altra parte, crollo della produzione, dell’impegno e dell’impiego manifatturiero in Francia, nonché chiusura del piccolo commercio locale e fallimento di marchi nazionali e catene di boutique tradizionali, con il corollario massiccio di licenziamenti.
Allora, che questo emblema dell’iperconsumo apocalittico, quest’Idra dell’ultracapitalismo-caterpillar, sbarchi domani in fanfara a Parigi, sulla Rive droite, in rue de Rivoli, scatena passioni e polemiche: dalle petizioni di protesta alle minacce di boicottaggio, dalle manifestazioni di piazza alle interpellanze parlamentari. Con, in più, ad aumentare la cassa di risonanza, lo scandalo delle bambole pedopornografiche vendute online sul sito multioggetti della marca cinese.
Resta la questione, anch’essa iperbolica, del successo mondiale — in Francia in particolare — della marca Shein e del suo modello di consumo che, a seconda dei punti di vista, permette l’accesso, o droga all’iperconsumo, anche delle fasce di consumatori a basso reddito, che così possono permettersi un guardaroba vario e rinnovabile, anche se di scarsa o scarsissima qualità. Quando la moda di prima qualità è diventata un privilegio dell’élite e un simbolo del dominio del disprezzo di classe.
Forse allora Shein al Bazar de l’Hôtel de Ville, con tutte le contraddizioni e le polemiche più o meno benpensanti o eticamente condivisibili che ne sorgono, appare come l’ennesima, appunto, iperbolica nemesi o metastasi della nostra cara vecchia società dei consumi.


