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Felicia, una donna straordinaria

Felicia Impastato è stata una piccola, grande siciliana, una combattente vera, con un sguardo fiero ed estremamente femminile. Una donna, una madre che ha preso in mano il testimone dal figlio, ucciso dalla mafia, e che ha lottato con tutte le sue forze per la verità, per la giustizia”. Sono le parole dell’attrice Lunetta Savino che sarà Felicia Impastato nel film che racconta la storia della mamma di Peppino, ucciso su ordine del boss di Cosa Nostra Tano Badalamenti il 9 maggio 1978 a Cinisi, in Sicilia. Il film andrà in onda su Rai1, in prima serata, martedi 10 maggio. La regia è di Gianfranco Albano, la sceneggiatura di Diego De Silva con Monica Zapelli (che ha firmato I cento passi di Marco Tullio Giordana).

Nel film, prodotto da Rai Fiction con Matteo Levi, ci sono i protagonisti dell’antimafia: Felicia (interpretata da Lunetta Savino) e Giovanni Impastato (Carmelo Galati). I magistrati Rocco Chinnici (Antonio Catania) e Franca Imbergamo (Barbara Tabita). Giovanni Impastato è stato consulente nella realizzazione del film.

“È molto difficile per un’attrice – ci spiega Lunetta Savino – preparare un personaggio come Felicia Impastato. Mi sono documentata, ho visto le sue interviste e ho capito che lei è stata una persona straordinariamente diversa dalle donne siciliane dei suoi tempi, spero che possa essere d’esempio per le giovani di oggi. Aveva la quinta elementare, ma era  molto intelligente. Ero affascinata e intimorita dalla figura di Felicia. Giovanni Impastato durante le riprese mi ha molto aiutato, e si è emozionato quando mi ha visto sul set, per la prima volta, vestita da Felicia”.

Peppino Impastato fu fatto saltare con del tritolo sui binari della ferrovia Palermo-Trapani nel 1978, così da far sembrare che si trattasse di un attentato suicida. Forze dell’ordine e magistratura parlarono di un’azione terroristica in cui Peppino “l’attentatore” era rimasto ucciso. Solo la determinazione della madre di Peppino, Felicia, e del fratello Giovanni fecero emergere la matrice mafiosa dell’omicidio.

Nel maggio del 1984 il tribunale di Palermo, sulla base delle indicazioni del Consigliere istruttore Rocco Chinnici , che aveva avviato il lavoro del primo pool antimafia ed era stato assassinato nel luglio del 1983, emette una sentenza in cui si riconosce la matrice mafiosa del delitto. Nel 2002 Gaetano Badalamenti fu condannato all’ergastolo come mandante dell’omicidio di Peppino Impastato. Sua madre Felicia aveva vinto la battaglia. Aveva ottenuto quello per cui si era sempre tenacemente battuta: verità e giustizia.

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Felicia Impastato

Giovanni Impastato aveva sollevato dubbi sul dare il suo consenso alla proiezione di questo film sulla Rai, pensando di avviare una diffida, dopo che sulla stessa rete era andata in onda l’intervista di Bruno Vespa al figlio di Totò Riina .

Poi Giovanni Impastato aveva superato queste perplessità, spiegandolo così: “Non permettere al pubblico di conoscere la storia di mia madre Felicia sarebbe, come darla vinta a un’informazione malata di protagonismo che, pur di affermarsi, è pronta anche a calpestare il dolore dei parenti di tante vittime innocenti. Le storie di mia madre, di Peppino, di tutti noi e di tanti altri, compresi quei figli delle mafie che hanno fatto la scelta coraggiosa di rinnegare i loro stessi padri (una fra tutte Rita Atria), meritano di essere raccontate. Siamo noi la linfa di questo paese e, finché vivremo, lotteremo per sconfiggere il potere mafioso, a dispetto di questi indegni spettacoli che i media ci offrono “.

Il film è stato girato a Cinisi, dove Felicia Impastato ha vissuto fino alla età di 89 anni. E’ morta nel 2004.

Parliamo con il regista, Gianfranco Albano.

“Credo che abbiamo fatto un film severo, che non concede spazio alla retorica. In questo ci ha aiutato molto Giovanni Impastato, che ci è stato vicino, con grande umiltà. Un uomo davvero in gamba che gira tutta l’Italia per parlare di Peppino, di sua madre, per portare avanti una vera lotta antimafia”. Poi Albano aggiunge una sua riflessione sulle riprese del film a Cinisi. “Abbiamo avuto la collaborazione del sindaco e di una parte della popolazione del paese, ma la situazione era ambigua”. Chiediamo al regista il perché di questa ambiguità.

“Le racconto un episodio – risponde -. Un giorno una signora ci ha avvicinato e dopo un po’ ha detto: ‘Quando c’era Badalamenti (il boss mafioso, ndr) si stava meglio’. Allora ci dobbiamo porre dei perché davanti a queste parole. Ora è vero che Badalamenti non c’è più, e quella parte di mafia è stata fatta fuori. Ma poi lo Stato non è intervenuto portando lavoro, rivitalizzando Cinisi. Accanto alle parole di Albano quelle di Giovanni Impastato : “sul fronte della lotta alla mafia c’è ancora parecchia strada da fare qui. Certo, non tutto è rimasto come prima. A Cinisi, qualche segnale di cambiamento c’è: Stato e le istituzioni non sono più conniventi come allora ,eppure la cultura mafiosa resta dominante e radicata.”

impastato lunetta savino
Lunetta Savino nella parte di Felicia Impastato
Ascolta l’intervista a Lunetta Savino
  • Autore articolo
    Piero Bosio
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    L'abbiamo scoperto con l'EP "Somewhere only we go" e oggi a Volume abbiamo avuto modo di conoscere meglio la storia di questo cantautore nigeriano, che si è poi formato musicalmente in Ghana: "Nel corso degli anni le nostre musiche si sono fuse: l'highlife ghanese, il palm-wine, il folk di Kumasi, il suono contemporaneo della chitarra. Ho potuto unire questi due mondi, mescolandoli con le radio occidentali che ascoltavo da ragazzo". Il risultato è un folk pop pieno di anima e di profondità: "Il mio obiettivo non è solo una carriera internazionale, ma costruire qualcosa in Africa. Voglio creare una struttura che funzioni per artisti come me, gente con una chitarra o un tamburo, artisti contemporanei che non hanno modo di raggiungere il loro pubblico". Ascolta l'intervista di Niccolò Vecchia a Tommy WA.

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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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    Teatro. La rivoluzione delle "piscinine" milanesi vista da due piccioni in crisi esistenziale Al Teatro della Cooperativa, a Milano ha debuttato in prima nazionale "Lo sciopero delle bambine", in scena Rita Pelusio e Rossana Mola di PEM Habitat Teatrali, compagnia che porta avanti una ricerca artista che declina contenuti civili e ironia. Lo spettacolo, con la regia di Enrico Messina, racconta una storia avvenuta a Milano nel 1902, quando le “piscinine”, che in dialetto meneghino significa “piccoline”, bambine, tra i sei e i tredici anni, che lavoravano senza diritti, sfruttate e sottopagate, ebbero la forza di scioperare e, per cinque giorni, fermare l’industria della moda della città. A raccontare la vicenda delle piscinine in scena sono due piccioni, due creature che abitano le piazze, le cui parole rispecchiano lo sguardo dei contemporanei, spesso stanchi e disillusi davanti alle sfide della storia. Nella trasmissione Cult Ira Rubini ha intervistato l’attrice Rita Pelusio.

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