
Il concorso di Cannes 78 sta proseguendo con quella spinta politica raccontata all’inizio del Festival. Le Aquile della Repubblica di Tarik Saleh, attraverso l’espediente di girare un film nel film mette mano alla storia complicata dei presidenti e dei colpi di Stato in Egitto. Saleh è svedese di origini egiziane e ritorna a Cannes dopo il Premio ricevuto nel 2022 con La Cospirazione del Cairo, un noir che si muoveva all’interno del mondo religioso dell’Islam. Anche nel nuovo film utilizza il genere, tra noir e thriller con il suo interprete abituale Fares Fares, qui nei panni di un attore nel ruolo dell’ex Presidente Al Sisi. Il film girato nella finzione sarebbe una sorta di omaggio al Presidente che per il protagonista, totalmente contrario al Governo, si trasforma in un incastro di poteri e situazioni complicate che lo vedono testimone di crimini e illeciti politici. Tarik Saleh non risparmia corruzione e violenze, sparizioni e finti suicidi, in un contesto molto simile a quello in cui è finito Giulio Regeni. Ieri è passato anche Alpha, di Julie Ducournau, già Palma d’Oro a Cannes nel 2021 con Titane. Alpha è una tredicenne cresciuta nella cupezza vissuta accanto a uno zio tossico e a una madre medico che cerca di salvarlo dall’overdose. Sono gli anni ‘80 e gli ospedali si riempiono di pazienti contagiati da un virus misterioso che li marmorizza, probabile metafora dell’Aids, per il racconto di come si diffonde il virus.
Il giorno di “O Agente Secreto” e “La trama fenicia”
Quando il cinema latino americano racconta la dittatura riesce a fare dei film sorprendenti, anche soltanto sfiorando il tema o tenendolo come contesto di fondo. È il caso di “O Agente Secreto” del regista brasiliano Kleber Mendonça Filho. Grande accoglienza ieri nel concorso a Cannes 78, per questo film ambientato nel 1977 a Recife dove Marcelo, un professore universitario in fuga dalla persecuzione militare, torna per prendere il figlio e i documenti per scappare all’estero. Durante la sua permanenza viene preso di mira da un gruppo di sicari, pagati per ucciderlo. O Agente Secreto è una ricostruzione dettagliata di quegli anni, dove la paura è sempre sotto traccia.
Mendonça Filho è tornato a Cannes dopo Aquarius nel 2016 sugli sfratti forzati durante il mandato di Bolsonaro. Quel film era prodotto da Walter Salles, il suo Io sono ancora qui, sempre sulla dittatura in Brasile, sta avendo ancora molto successo e condivide con Mendonça Filho un cinema impegnato e politico. Il protagonista di O Agente Secreto è Wagner Moura, noto per aver interpretato Pablo Escobar nella serie Narcos e qui anche produttore. Applausi anche per Wes Anderson e il suo La trama fenicia, come sempre film dalla scenografia colorata e simmetrica, con un cast intriso di celebrità, tra cui Benicio Del Toro uomo ricco e potente, tenero solo con la figlia e in guerra fratricida con il fratello cattivo e assetato di potere.
“La Petite Dernière” e la scommessa di Richard Linklater
Nella Giornata internazionale per il contrasto all’omolesbobitransfobia ieri Hafsia Herzi, regista del film in concorso “La Petite Dernière”, ha spiegato il senso e la difficoltà di affrontare il tema dell’omosessualità all’interno di una famiglia musulmana. Tratto dal romanzo autobiografico di Fatima Daas, secondo la regista una storia come questa non era mai stata rappresentata. Il coraggio di raccontare la propria esperienza per evadere dai pregiudizi della famiglia ha preso corpo con l’attrice esordiente Nadia Melliti. Studentessa, figlia di immigrati algerini, bullizzata a scuola per le sue tendenze sessuali, Fatima (il personaggio ha mantenuto il nome dell’autrice) si ribella e a testa alta rivendica le sue scelte sentimentali. “Spero che questo film possa aprire il dialogo e portare maggior tolleranza”, ha detto Herzi a Cannes. “Vorrei che molte ragazze si identificassero in Fatima per sentirsi meno sole”.
Tra i tanti film in concorso di ieri ha sorpreso Nouvelle Vague di Richard Linklater. Affascinante ricostruzione in bianco e nero dell’epoca più creativa del cinema francese. Tra i cineasti fondatori Truffaut, Chabrol, Rivette e gli altri, il film si concentra sul dietro le quinte della lavorazione di Fino all’ultimo respiro, il titolo più famoso di Jean-Luc Godard. Un scommessa molto difficile, quella di Richard Linklater, ma decisamente riuscita.
Il cinema che spiazza, da “Sirat” a “Eddington”
Sirat il film spagnolo in concorso di Oliver Laxe, ambientato nel deserto tra Marocco e Mauritania, tra rave illegali, drop-out che si muovono in camper, con musica techno assordante e immagini piene di sabbia e vento, è il film che fino ad ora ha sorpreso di più per l’originalità. E’ il film più folle e spiazzante, seguito nella sua assurdità da Eddington di Ari Aster, un film che sembra partire dall’ondata politica trumpiana di questi ultimi mesi, in una contea del New Mexico in cui si sfidano uno sceriffo per il primato dei bianchi, razzista e in conflitto con il movimento di ragazzi attivisti Black Lives Matter, un mostruoso Joaquin Phoenix e un sindaco democratico, l’attore cileno Pedro Pascal. Fino a che non subentra l’horror, il film regge nel suo realismo grottesco, ma verosimile, come ritratto di un America alla deriva. In cui armi e prepotenza impunita rappresentano la normalità. Sempre in concorso La petite derniere di Hafsia Herzi, attrice francese di origine tunisina, da ricordare nel film Cous Cous di Abdellatif Kechice Leone d’Oro a Venezia nel 2008, qui con la storia di Fatima, studentessa lesbica in una famiglia musulmana.
Il documentario “Put Your Soul on Your Hand and Walk” e “Dossier 137”
Fatima Hassouna doveva essere a Cannes per accompagnare il documentario “Put Your Soul on Your Hand and Walk”, ma non ci sarà perché il 16 aprile è morta sotto le macerie della sua casa, distrutta da due missili israeliani. La regista iraniana Sepideh Farsi è arrivata sulla Croisette senza la fotoreporter a cui ha dedicato il film, con le fotografie e le immagini delle loro videochiamate, in cui Fatima testimoniava la vita nella Striscia di Gaza, dove viveva e dove militava, anche con il suo lavoro, per fermare i massacri e per la liberazione della Palestina. Un film, come anche altri qui a Cannes, che portano il reale nella finzione. Tipo quella di “Mission: Impossible – The Final Reckoning” con Tom Cruise, sempre allenatissimo, in missione per sconfiggere il male. Così tanto di finzione che nel film gli Stati Uniti avrebbero una Presidentessa nera, democratica decisa a collaborare per la salvare l’umanità da guerre e derive pericolose provocate dall’Intelligenza Artificiale. Tra realtà e finzione si muove anche “Dossier 137”, il film in concorso di Dominik Moll, con un’indagine a partire dal ferimento di un ragazzo da parte della polizia durante le manifestazioni dei Gilet Gialli.
Sound of Falling e I due procuratori in concorso
Ieri si è aperto il concorso di Cannes 78 col primo film, “Sound of Falling”, della regista tedesca Mascha Schilinski, che con altissimi riferimenti cinematografici racconta quattro generazioni di donne in una fattoria del nord della Sassonia, dalla prima guerra mondiale ai giorni nostri, in mezzo alla Germania dell’est negli anni settanta. Un potente ritratto visivo che mette a nudo la crudeltà della vita quotidiana di donne molto diverse tra loro. Atteso il ritorno di Sergei Loznitsa, il regista ucraino noto per il suo film Donbass e altre riflessioni sulla guerra. “I due procuratori” è ambientato nel 1937, nella Russia di Stalin, con un giovane avvocato che vorrebbe aiutare un prigioniero politico senza conoscere le trappole del governo russo. Con ironia e molta tragedia seguiamo l’odissea di quest’uomo che vuole difendere un prigioniero che ha subito ogni tipo di sopruso nel totalitarismo staliniano, ma intorno a lui trova soltanto ostacoli. Ogni riferimento all’oggi ovviamente non è casuale.
Tra Gaza, Ucraina e #MeToo, il festival apre nel segno dell’impegno
L’appello degli artisti da tutto il Mondo per Fatem Hassona, la fotoreporter palestinese uccisa a Gaza, che doveva essere qui a Cannes per presentare il documentario della regista iraniana Sapideh Farsi di cui Fatem era protagonista come testimone dei massacri; la Presidentessa di Giuria Juliette Binoche che sensibilizza sulle vittime di Gaza e sulla condanna a Gerard Depardieu dice: “Non è un mostro sacro, ma un uomo desacralizzato” elogiando il coraggio del moi aussi, il me too francese. E poi Robert De Niro, Palma d’Oro alla Carriera consegnata da Leonardo DiCaprio, che durante la cerimonia d’apertura, esorta a ribellarsi per difendere la democrazia in pericolo. Anche il delegato generale Thierry Fremaux si è soffermato sull’insensatezza dannosa dei dazi trumpiani sui film stranieri ed ha enumerato i film dedicati all’Ucraina e alla Striscia di Gaza spiegando che “Cannes non fa geopolitica, ma dà spazio agli artisti che si impegnano, spesso rischiando tutto. Difendere la libertà, come hanno fatto tanti cineasti in passato, è parte della nostra missione”. Così si è aperta Cannes78 prima dei titoli di testa del film d’apertura “Partir un jour”, della regista esordiente francese Amelie Bonnin che, con l’aiuto del musical, mette al centro una donna quasi quarantenne in conflitto tra presente e passato.
Al via il Festival con “Partir un jour” di Amelie Bonnin
Aprirà questa sera la 78esima edizione del Festival del Cinema di Cannes, con una giuria prevalentemente al femminile. A presiedere chi deciderà a chi dare la Palma d’Oro c’è l’attrice Juliette Binoche, con Alba Rohrwacher tra gli altri giurati. Un’edizione contrastata da quello che sta accadendo a Gaza, con probabili contestazioni sul Red Carpet per la poca attenzione di Governo e Istituzioni Culturali nei confronti dell’occupazione in Palestina. Così si legge anche in un appello firmato da più di 380 star del cinema internazionale, in occasione del festival francese, tra cui Susan Sarandon, Richard Gere e Pedro Almodovar.
Come sempre, in concorso si alterneranno i film di registi famosi come Wes Anderson, Jafar Panahi, i Dardenne, Mario Martone come unico italiano e la già Palma d’Oro Julia Ducournau a registi emergenti con storie originali. Una giornata, quella di oggi, dedicata all’Ucraina con tre film fuori programma e qualche titolo, fuori concorso, che mette al centro la vita e la morte nei territori occupati dagli israeliani. L’apertura sarà tra poche ore con “Partir un jour” della regista francese Amelie Bonnin, un film che alterna canzoni e momenti di nostalgia sul passato di una donna. Nei prossimi giorni si scopriranno altre storie di questa edizione 2025 del Festival di Cannes, sulla carta anche molto politiche.