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Corridoi umanitari per l’Afghanistan? Ci vuole una decisione del governo

Migranti Immigrazione corridoi umanitari

Li chiedono i sindaci di Bergamo e Milano, come il presidente della Regione Emilia-Romagna, ma ci vuole una decisione del governo per attivarli. Corridoi umanitari: ecco cosa sono, come funzionano e come si organizzano. L’intervista integrale di Claudio Jampaglia a Stefano Pasta della Comunità di Sant’Egidio è riascoltabile nel podcast della puntata di Prisma di mercoledì 18 agosto 2021.

I corridori umanitari sono uno strumento legale previsto dalla normativa europea, in particolare dal regolamento dei visti comunitari del 2009, che dà la possibilità agli Stati europei, di fronte a crisi umanitarie, di concedere dei visti per garantire diritti e protezione. I corridoi sono l’esito di un dibattito abbastanza lungo fra le istituzioni europee avvenuto a seguito del flusso di profughi kosovari del ’99, che percorrevano una parte di quella che oggi chiamiamo rotta balcanica. A seguito di quella vicenda le istituzioni europee si sono date questo strumento.
Tutte le volte che c’è una crisi umanitaria è facoltà degli stati europei decidere o non decidere, perché anche non decidere è una decisione, di attivare eventuali corridoi umanitari. Di fronte alla crisi siriana purtoppo non è stato fatto. La comunità di Sant’Egidio, insieme ad alcune realtà come le chiese valdesi e quelle evangeliche, ha realizzato dal 2016 dei corridoi umanitari in alcuni paesi tra cui Italia, Francia, Belgio e San Marino. È tutto auto finanziato. I numeri purtroppo sono bassi. Si potrebbe fare molto di più, ma almeno sappiamo che è un modello possibile. Un’alternativa ai flussi disorganizzati, emergenziali e lasciati soltanto alle vie illegali.
I protocolli aperti in questo momento sono tre: un corridoio dal Libano per profughi siriani, uno dall’Etiopia per i profughi eritrei del Corno d’Africa e un corridoio dalle isole greche tra cui Lesbo (il più grande campo profughi d’Europa). Le richieste sono molto alte. Le modalità con cui le persone sono selezionate sono legate alle situazioni di fragilità e pericolo.
Ci terrei a dire che i corridoi umanitari sono un modello diverso sia per le modalità di arrivo, in sicurezza e con voli di linea, sia per le modalità di accoglienza che viene organizzata molto prima e che permette di non affidare i profughi a grandi centri.

Molti amministratori, alcuni anche in questi giorni, stanno chiedendo di aprire corridori umanitari per i profughi afghani. Ma non sono proprio gli amministratori a doversi attivare per aprire i corridoi?

Sì. In questi anni la disponibilità dei singoli amministratori e quella dei cittadini ha reso possibile l’accoglienza di migliaia di persone. Evidentemente poi ci dev’essere un passaggio con il Governo, che ha un ruolo importante e che speriamo accolga l’appello che gli è stato rivolto. Una forte spinta da parte di singole organizzazioni locali, cittadini e associazioni può sicuramente favorire la rete di accoglienza diffusa che sta alla base del modello dei corridoi umanitari.
Ci tengo a dire una cosa in conclusione: Sant’Egidio è stata la prima realtà a creare i corridoi umanitari, ma non si è inventata nulla. È uno strumento possibile la cui attivazione dipende dalle scelte politiche e di cittadinanza di tutti noi.

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    Questa settimana Elijah Wald è in Italia per portare sul palco, tra Milano, Torino e Piacenza, le sue storie su Bob Dylan e il Greenwich Village di New York. Chitarrista folk blues ma anche narratore e giornalista musicale, attraverso canzoni e racconti Wald ripercorre nel suo spettacolo il cammino di Dylan e dei tanti personaggi di quel periodo irripetibile. Da Woody Guthrie a Pete Seeger, da Eric Von Schmidt a Dave Van Ronk - quest’ultimo anche protagonista del film dei fratelli Coen “A proposito di Davis” e realizzato partendo proprio dal memoir scritto da Wald. Oggi Elijah è venuto a trovarci a Radio Popolare per raccontarci la sua storia e suonarci alcuni brani tra Mississippi John Hurt, Paul Clayton e Victor Jara. Ascolta l’intervista e il MiniLive di Elijah Wald.

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    Una mostra fotografica ripercorre i 50 anni di Radio Popolare. Dal 14 dicembre a Milano

    Domenica 14 dicembre alle ore 10, presso la Sala Cisterne della Fabbrica del Vapore, a Milano, inaugura la mostra "50 e 50. La mostra. Radio Popolare 1975 - 2025", una delle prime iniziative organizzate per celebrare il 50esimo anniversario dalla fondazione di Radio Popolare. La mostra racconta i cinque decenni "di onda" attraverso venti storie realizzate dai fotografi che in questi anni sono stati vicini alla radio. Inoltre, la mostra ospiterà un’interpretazione creativa realizzata da Studio Azzurro dei video che ricostruiscono la storia di Radio Popolare. La mostra sarà allestita fino al 25 gennaio. Tiziana Ricci ce la racconta insieme a Giovanna Calvenzi, che ne è la curatrice.

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