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Chi è Abdelhamid Abaaoud

27 anni, belga di origini marocchine, Abdelhamid Abaaoud è l’uomo che gli inquirenti francesi ritengono “il cervello” degli attentati di Parigi.

Originario di Molenbeek, sobborgo di Bruxelles, l’uomo appare in molti dei dossier preparati dalla polizia belga, ma anche da quella francese, in questi anni.

Lo scorso luglio, Abdelhamid Abaaoud è stato condannato in contumacia a venti anni di prigione a Bruxelles, in un processo contro 32 persone accusate di fare parte di una filiera di reclutamento di jihadisti in Belgio.

Secondo gli inquirenti, Abaaoud avrebbe anche progettato l’attacco a commissariati nella zona di Verviers. Nel raid della polizia contro il gruppo jihadista, erano stati uccisi due presunti terroristi.

Secondo i media francesi, Abdelhamid Abaaoud ha progettato almeno altri due attentati mai realizzati: quello di Thalys, preparato dal marocchino Ayoub El Khazzani il 21 agosto scorso, e quello contro la chiesa di Villejuif, condotto da Sid Amed Ghlam.

In molte indagini di polizia di questi anni il nome di Abdelhamid Abaaoud è associato a quelli di Salah e Brahim Abdeslam, i due fratelli che hanno preso parte agli attentati di Parigi. Di qui l’ipotesi che proprio Abaaoud abbia giocato un ruolo centrale, organizzativo, negli attacchi.

Si pensava che Abdelhamid Abaaoud, dopo lo smantellamento della rete jihadista, fosse scappato in Siria. Lo si vede in un video dello Stato Islamico, dove si vanta di aver commesso delle atrocità, mentre guida un veicolo che traina alcuni corpi mutilati verso una fossa comune.

In un’intervista con la rivista dell’ISIS Dabiq, Abaoud diceva di essere stato capace di organizzare attacchi contro l’Occidente “sotto il naso delle agenzie di intelligence belghe”. Posando di fronte a una macchina fotografica con una bandiera dell’ISIS e una copia del Corano, invocava Allah e gli chiedeva di “accettare i doni degli shuhadā’, martiri, che terrorizzano i crociati in America, Francia, Canada, Australia, Germania e Belgio”.

Ma l’episodio forse più eclatante relativo a Abdelhamid Abaaoud riguarda il rapimento del fratello Younès, 13 anni, condotto in Siria per essere arruolato nelle file dello Stato Islamico. Younès è stato da allora soprannominato dalla stampa belga e francese “il più giovane jihadista al mondo”. Dal gennaio 2014, la famiglia non ha più avuto notizie della sorta di Younès.

Il padre di Abaaoud, Omar, ha poi sporto querela contro il figlio maggiore.

Omar Abaaoud possiede un negozio e vive con la moglie e i sei figli in un appartamento di Rue de l’Avenir, una delle aree borghesi di Molenbeek, divisa da un canale dalla zona di caffè e ristoranti Bruxelles.

Una figlia della famiglia Abaaoud, Yasmina, ha detto che i due fratelli partiti per la Siria non erano particolarmente religiosi: “Non andavano nemmeno in moschea”, ha spiegato Yasmina, secondo cui la famiglia avrebbe ricevuto nell’autunno 2014 una telefonata dalla Siria, che comunicava che Abaaoud era stato ucciso in battaglia. La telefonata si è poi rivelata un falso, fabbricato per sviare le indagini sullo jihadista.

Abdelhamid Abaaoud è anche descritto come uno studente modello, che andava in una delle scuole più prestigiose del Belgio, la Saint-Pierre d’Uccle. Nel video girato in Siria, nel gennaio 2014, Abaaoud dice: “Ho visto, per tutta la mia vita, scorrere il sangue dei musulmani. Prego Allah che spezzi la schiena di coloro che gli si oppongono, e che li stermini”.

  • Autore articolo
    Roberto Festa
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    Una Napoli sconosciuta in bianco e nero in “Sotto le nuvole” di Gianfranco Rosi

    Già vincitore di un Leone d’Oro per “Sacro Gra” nel 2013 e di un Orso d’Oro tre anni dopo alla Berlinale, Rosi riceve anche il Premio Speciale della Giuria di Venezia 82. In “Sotto le nuvole” l’esplorazione si sposta nella Napoli della circumvesuviana, in un bianco e nero inedito per la città dei mille colori, tra la terra che ogni tanto trema, sotterranei archeologici in mano alla camorra, la centrale dei Vigili del Fuoco, le fumarole dei Campi Flegrei e il Porto di Torre Annunziata con con una nave siriana che scarica grano ucraino. “È il mio primo film non politico” sostiene Rosi, eppure nel fuoricampo di “Sotto le nuvole” il non detto arriva anche in senso politico. L'intervista di Barbara Sorrentini

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