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Che cosa è successo oggi? – Martedì 31 marzo 2020

protezione civile - chiudere Lombardia

Il racconto della giornata di martedì 31 marzo 2020, attraverso le notizie principali del giornale radio delle 19.30, dall’analisi dei dati dell’epidemia di Vittorio Agnoletto all’intervista a Davide Manca sulla situazione in Lombardia. Giovedì arriverà la proroga delle misure restrittive, mentre la associazioni datoriali chiedono a gran voce la riapertura delle imprese non essenziali. Viktor Orban, intanto, con la scusa del coronavirus è riuscito ad ottenere pieni poteri in Ungheria. In chiusura, i dati della diffusione del coronavirus in Italia.

L’analisi di Vittorio Agnoletto sui dati dell’epidemia diffusi oggi

Da ieri a oggi si contano circa 4mila nuovi casi accertati, un dato in linea con quello di ieri ma in netto calo rispetto a una settimana fa. Il numero delle persone decedute rimane molto alto, sono state 837 in un giorno: l’aumento percentuale è stato più marcato in Veneto e Piemonte che in Emilia Romagna e Lombardia, le regioni ad oggi più colpite dall’epidemia. Nella quotidiana conferenza stampa della protezione civile è stato sottolineato il dato sui ricoveri e sulle terapie intensive: si assiste a una diminuzione dell’incremento del numero dei pazienti ospedalizzati ogni giorno, ha spiegato un membro del comitato tecnico scientifico. Anche in Lombardia i dati di oggi seguono l’andamento nazionale. Stamattina in un punto sullo stato dell’epidemia di coronavirus in Italia l’Istituto superiore di sanità ha detto che l?Italia ha raggiunto il picco, un picco che si configura però come una specie di linea orizzontale. Per farla calare, ha spiegato Silvio Brusaferro, bisogna continuare con le misure di contenimento.

L’analisi di Vittorio Agnoletto

COVID-19 in Lombardia: l’intervista a Davide Manca

I dati della Lombardia sembrano positivi oggi, con in particolare una riduzione delle persone in terapia intensiva. Sei in meno rispetto a ieri. È la prima volta che succede.
Ma non si deve pensare che l’emergenza alle ultime battute. I tempi saranno ancora lunghi.
Davide Manca, del Politecnico di Milano ci spiega perché in questa intervista con Luigi Ambrosio e Florencia Di Stefano Abichain durante la trasmissione Tempi Diversi

 

Giovedì la proroga delle misure restrittive

(di Anna Bredice)

Dovrebbe tenersi giovedì il Consiglio dei ministri che prorogherà tutte le misure di blocco delle attività e dei divieti di uscita. Si va verso un rinvio di tutto, ad eccezione di qualche piccola modifica, come quella degli spostamenti consentiti sempre vicino casa di un genitore e di un bambino: la circolare del Viminale parla di “camminata genitore e figlio minore“, ma non corsa o altre attività all’aperto.
Restano quindi chiusi parchi, giochi, si dà solo la possibilità di far uscire all’aperto i bambini ma per una passeggiata intorno a casa, così come viene permesso di accompagnare anziani e disabili, sempre nelle vicinanze di casa. Da parte del Ministero della Salute c’è l’intenzione quindi di prorogare le misure più importanti, senza tener conto per ora delle sirene sempre più forti che arrivano da Confindustria e da Matteo Renzi, il quale propone che coloro che hanno gli anticorpi e sono immuni dal virus possono uscire, circolare e di conseguenza tornare al lavoro, ma per ora a palazzo Chigi non ascoltano questa richiesta.
Si va quindi verso una proroga fino a dopo Pasqua, intorno al 18, per scongiurare le gite fuori porta del periodo festivo. E poi, solo dopo, dati dell’Istituto di sanità alla mano, si valuterà se gradualmente cambiare qualcosa, ma tutti i luoghi dove sono possibili assembramenti, bar, cinema, discoteche e teatri, dovrebbero essere gli ultimi ad aprire, così come si valuta con attenzione i vari ponti di aprile, il 25 aprile e quello del primo maggio, c’è il timore che diventino, se si apre uno spiraglio di uscita, occasioni per mettersi in viaggio e annullare ciò che si è fatto fino ad allora.

Le associazioni datoriali chiedono la riapertura delle imprese

(di Massimo Alberti)

Da Federacciai a Confindustria, la tregua è durata poco: è bastato qualche dato di rallentamento dei contagi, conseguente però ad un numero minore di tamponi nel cuore del contagio in Lombardia, che le associazioni datoriali sono tornate alla carica per chiedere a breve la riapertura di tutte le imprese, nonostante le raccomandazioni delle autorità sanitarie, e le notizie dai territori poco confortanti. Ma quante aziende non essenziali hanno realmente chiuso, ad una settimana dal secondo decreto del governo?
Poche, continuano a dire i numeri.
Partiamo dagli spostamenti: gli statistici dell’Univesità di Bergamo hanno calcolato un calo del 7%, tra la settimana precedente e quella successiva al decreto. Non che il secondo decreto abbia molto cambiato le cose: la cgil Lombardia stima che su 1 milione 6000mila circa lavoratori potenzialmente attivi il secondo decreto ne ha tolti 30mila, cioè lo 0,018%.
dopo il nuovo elenco di aziende consentite, Il fenomeno che si è scatenato è duplice: da un lato la corsa a cambiare il codice Ateco per “rientrare” nelle attività permesse, dall’altro l’autocertificazione che consente di produrre fino a quando un controllo della prefettura non sancisce il contrario. Rassegna Sindacale, il periodico della cgil, fa un elenco impressionante di chi ci sta provando, 12000 in Veneto, 10000 in Emilia Romagna, 2500 in Friuli. In Lombardia, nelle due province dove la situazione è più drammatica, 1800 a Bergamo e quasi 3000 a Brescia. contando proprio sul fatto che in una situazione come l’attuale, le prefetture difficilmente riusciranno a controllare.

Ungheria, Orban si è fatto proclamare dittatore

(di Michele Migone)

In Ungheria, Viktor Orban si è fatto proclamare dittatore. Con la scusa del coronavirus ha ora i pieni poteri. L’Europa ha reagito quasi con distrazione. Impegnata nella crisi, non l’ha inserita nelle priorità. Un altro passo falso che, insieme alla mancanza di solidarietà, rischia di fare morire il progetto. Matteo Salvini ha applaudito Orban. Da tempo è il suo modello.
I sondaggi ci dicono che in Italia, dopo un mese di epidemia, la Lega ha perso qualche punto, ma anche che quei consensi se li è presi la Meloni. La Destra è ancora lì, sopra il 40%. Per combattere il coronavirus, il governo Conte ha sospeso libertà individuali, l’Esercito è nelle strade, il Parlamento, di fatto, non funziona. Si tratta, appunto di una situazione temporanea, simile a quella di altri paesi europei, ma i sovranisti la vedono ora come la loro grande occasione per fare passare nella società l’idea che l’autoritarismo sia la soluzione permanente.
Viene invocato il modello cinese per combattere l’epidemia, basato sulla coercizione e non sulla responsabilità civile del cittadino. La democrazia, già scalfita, rischia di essere erosa sempre di più. L’epocale sfida del coronavirus mette in pericolo le strutture della nostra convivenza, ma allo stesso tempo potrebbero essere un’occasione di progresso. La lezione dovrebbe indurre a sostenere nuove classi dirigenti con politiche sociali e ambientali radicalmente diverse; la globalità della crisi dovrebbe convincere ad abbandonare i nazionalismi e puntare organismi di governo internazionale sempre più integrati. La sfida è Greta vs Trump. In Italia, i sondaggi politici ci dicono che apparentemente è tutto come prima della crisi. Come sarà dopo?

L’andamento dell’epidemia di COVID-19 in Italia

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    Divani&Divani licenzia 500 lavoratori e chiude due stabilimenti alla vigilia di Natale

    Natuzzi, azienda specializzata in arredamenti e proprietaria del marchio Divani&Divani, ha annunciato 497 licenziamenti e l’intenzione di chiudere due stabilimenti nel barese a poche ore dal Natale. È l’ultimo sviluppo di una crisi che però va avanti ormai da più di 15 anni. Parte della produzione è stata spostata all’estero, decine di milioni di finanziamenti pubblici ricevuti non sono bastati a salvaguardare i posti di lavoro. Il mese scorso 1800 impiegati dei cinque stabilimenti italiani di Natuzzi erano stati messi in cassa integrazione. Ascolta l'intervista a Ignazio Savino, segretario generale della Fillea Cgil Puglia.

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