Approfondimenti

Che cosa è successo oggi? – Martedì 22 settembre 2020

Donald Trump

Il racconto della giornata di martedì 22 settembre 2020 attraverso le notizie principali del giornale radio delle 19.30, dalle conseguenze del post-elezioni col Partito Democratico che ha già iniziato a dettare l’agenda del governo ai i primi risultati delle elezioni comunali. Negli Stati Uniti, intanto, sembra confermato che la nuova giudice della Corte Suprema sarà scelta prima del voto del 3 novembre. Infine, i grafici del contagio nelle elaborazioni di Luca Gattuso.

Post-Elezioni, il PD inizia a dettare l’agenda del governo

(di Anna Bredice)

Il Partito Democratico ha cominciato a dettare l’agenda del governo in questa nuova fase post elezioni: decreti sicurezza, Mes e riforme istituzionali sono i tre punti richiesti. Conte ha risposto a stretto giro, dicendo di sì alle modifiche dei decreti di Salvini, e mostrandosi più cauto invece sul Mes.
Se i decreti sulla sicurezza e l’immigrazione avevano il marchio della Lega e quindi è più facile per i grillini accettarne le modifiche, sul Mes invece, i soldi che l’europa potrebbe stanziare subito per la sanità, rischia di aprirsi un braccio di ferro con i Cinque stelle, i quali devono decidere se far diventare il no al Mes la nuova battaglia identitaria o sacrificarla, cedendo alle pressioni del più forte in questo momento, Zingaretti.
Dentro al movimento di Grillo stanno emergendo in maniera ormai pubblica tutte le divisioni taciute per la campagna elettorale. Di Battista spesso in contrasto con di Maio ha aperto le danze dicendo che si è trattata della più grande sconfitta del movimento, anche Fico è della stessa opinione, nei Cinque stelle rischia di crearsi una vera guerra interna, che indebolirà il movimento.
Conte ora più forte dopo le regionali, deve riequilibrare il peso dei partiti, per ora esclude un rimpasto di governo, il Pd non insiste al momento per nuovi ingressi, ma come era accaduto con la Tav nel primo governo con la Lega, potrebbe essere Conte a dover decidere tema per tema, sapendo che ora il peso maggiore passa al Partito Democratico che detta i punti, e non più ai Cinque Stelle.

Comunali 2020, i primi risultati e i probabili ballottaggi

(di Claudio Jampaglia)

Tra i 14 capoluoghi al voto, già scrutinati, manca solo Aosta, sono 4 le conferme di sindaci uscenti già al primo turno, uno del centrodestra Luigi Brugnaro a Venezia col 54%, gli altri del centrosinistra: Mattia Palazzi a Mantova col 70% dei voti, stessa percentuale per per il civico Paolo Calcinaro a Fermo nelle Marche e Trani in Puglia, con Amedeo Bottaro al 64%.
A Trento, si conferma al primo turno il centrosinistra col 55%, mentre l’unica vittoria di uno sfidante al primo turno è per il centrodestra a Macerata.
8 capoluoghi vanno al ballottaggio: testa a tesa per due sindaci di centrosinistra uscenti a Bolzano e a Reggio Calabria dove Giuseppe Falcomatà ha due punti di vantaggio rispetto ad Antonio Minicuci del centrodestra al 33%. A Lecco il centrodestra sfiora la vittoria col 49% di Peppino Cirasa contro il 42% di Mauro Gattinoni per il centrosinistra. Stessa sfida ad Arezzo dove però il sindaco uscente è di centrodestra Andrea Ghinelli in testa col 48% contro il 35% dello sfidante di centrosinistra Ralli. Le sfide di Chieti e Crotone saranno tra il centrodestra in vantaggio ed esponenti di liste civiche, a Matera ballottagio tra centrodestra e 5Stelle, ad Andria tra centrosinistra e 5Stelle.
Oltre ai capoluoghi due curiosità emiliane: il centrosinistra conquista Imola col 57, commissariata dopo le dimissioni burrascose della sindaca 5Stelle; e una lista “governativa” Pd, 5Stelle Italia Viva conquista Faenza col 60% dei voti.

Riforme: la sfida tra Zingaretti e Di Maio

(di Luigi Ambrosio)

Il taglio dei parlamentari era il cavallo di battaglia del Movimento 5 Stelle. Il Partito Democratico, invece, era contrario. Poi, in cambio dell’alleanza di governo, il PD ha votato sì. La differenza di prospettiva tra gli autoproclamati vincitori, Di Maio e Zingaretti, è tutta qui.
Sulle riforme, da oggi, Zingaretti e Di Maio si giocano una partita difficilissima. Il PD deve imporne almeno qualcuna delle sue. Il 5 Stelle vorrebbe dire no a tutto. La carta del PD sta nel pessimo risultato del Movimento 5 Stelle alle regionali, che mostra come la sua consistenza reale sia del tutto inferiore rispetto a quella parlamentare. [CONTINUA A LEGGERE]

USA, la nuova giudice della Corte Suprema sarà scelta prima delle elezioni

(di Roberto Festa)

Il senatore Mitt Romney dello Utah ha annunciato che voterà per la giudice della Corte Suprema prima delle elezioni del 3 novembre. I repubblicani al Senato hanno quindi i numeri sufficienti a far passare la candidata di Donald Trump, che dovrebbe essere, quasi certamente, Amy Coney Barrett, la giudice federale di Chicago. Ieri il presidente ha trascorso con lei quasi tutta la giornata, e fonti della Casa Bianca spiegano che l’incontro è stato molto positivo. Barrett è una conservatrice, fortemente religiosa, ferocemente anti-aborto, ed è il profilo perfetto per Trump e per la sua base elettorale. Se I repubblicani hanno i numeri per confermare Barrett al Senato, non è detto che abbiano il tempo. Dal 1975, la conferma di un giudice occupa in media 70 giorni. In questo caso, invece, i repubblicani avrebbero circa 25 giorni lavorativi per esaminare e votare la nuova giudice. Poco, molto poco. Mitch McConnell ha fatto balenare un’altra possibilità. Che la conferma ci sia nella cosiddetta lame duck session, il periodo che va dalle elezioni del 3 novembre all’inaugurazione del nuovo Congresso e Presidente, il 20 gennaio. Ma anche questa è ipotesi rischiosa. Trump potrebbe perdere le elezioni, e un Senato a fine mandato si troverebbe a votare la giudice di un presidente sconfitto. La battaglia sulla Corte Suprema è al momento un puzzle difficile da comporre. Ed è sicuramente lo scontro più duro e incandescente di queste elezioni.

L’andamento dell’epidemia di COVID-19 in Italia

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    Referendum 8 e 9 giugno, lavoro e cittadinanza. Una quarantina di personalità della ricerca e dell’università hanno lanciato un appello al voto per i cinque referendum. I quesiti chiedono di: «Vivere da cittadini», riducendo da 10 a 5 anni il periodo di residenza legale in Italia richiesto per ottenere la cittadinanza italiana ai maggiorenni stranieri; «Vivere vite meno precarie», riducendo la possibilità di usare contratti di lavoro a tempo determinato; «Lavorare senza licenziamenti illegittimi», riducendo le possibilità di licenziamenti senza giusta causa; «Lavorare senza discriminazioni», riducendo le possibilità di licenziamenti illegittimi nelle piccole imprese; «Lavorare senza infortuni», riducendo i rischi di incidenti e morti sul lavoro. Ospiti di Pubblica, per parlare di partecipazione, due firmatari/e: Filippo Barbera, sociologo dell’università di Torino e Donatella Della Porta, scienziata politica alla Scuola Normale Superiore di Firenze. Diverse le domande. E’ arrivato il momento di abbassare la soglia del 50% di partecipazione per rendere valido il referendum? Perchè fallisce la partecipazione? Quanto c’entra la complessità del quesito, la credibilità dei proponenti? «Non possiamo arrenderci all’assenteismo, ad una democrazia a bassa intensità», ha detto il presidente Mattarella per il 25 aprile. Il capo dello stato ha lasciato, però, inesplorate le ragioni profonde dell’astensione, ragioni che risiedono anche nell’impoverimento sociale, oltre che economico, del lavoro. Ha scritto la studiosa, dirigente dell’Istat, Linda Laura Sabbadini: «Il lavoro non è solo un mezzo per guadagnarsi da vivere: è la base della coesione sociale di un paese».

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    Referendum 8-9 giugno: scade domenica la possibilità di chiedere il voto fuorisede per studenti, lavoratori o persone in cura fuori dalla propria provincia, come fare lo spiega Luca Gattuso. C'è una vertenza che spiega perfettamente perché votare i referendum perché contiene tutti e 4 i quesiti e la loro attualità, è la vertenza dei 120 lavoratori in affitto in un'azienda in appalto di Poltrone Sofà che scioperano da 3 settimane e ce la racconta Maria Giorgini segretaria Cgil di Forli-Cesena. Marco Grimaldi deputato di Sinistra Italiana da Gerusalemme racconta il viaggio della delegazione di Alleanza Verdi e Sinistra nella tragedia palestinese. Matteo Garavoglia giornalista esperto di NordAfrica ci racconta della espulsione da El Ayoun in Marocco senza alcun motivo ai danni sui e del collega fotografo con cui voleva raggiungere il Sahara Occidentale.

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