L’operazione di smantellamento della Giungla, che era diventata il rifugio di 6.400 migranti secondo le autorità, 8.600 secondo le associazioni, è iniziata da lunedì. Secondo la prefetta Fabienne Buccio, già cinquemila persone hanno accettato di essere trasferite nei 450 centri di accoglienza e orientamento francesi (CAO). E nella tendopoli rimarrebbero solo un migliaio di persone. Cifre che lasciano perplesse le associazioni sul campo.
Alcuni responsabili raccontano che, solo mercoledì mattina, almeno 400 migranti non registrati sono tornati nella tendopoli, dopo un faccia a faccia con le forze di polizia e osservano che diversi minori isolati sono ancora nella “jungle”, anche se la prefettura considera terminata l’operazione per quanto riguarda i minorenni.
Sempre i volontari, ricordano che diverse centinaia di persone si sono allontanate da Calais. Hanno momentaneamente trovato rifugio in Belgio o in altre zone della regione, molto probabilmente progettando di ritornare una volta che le acque si siano calmate. Alcuni hanno ripiegato su Parigi e le associazioni della capitale hanno chiesto aiuto perché mancano le tende e le coperte per i nuovi arrivati.
Fin qui, l’evacuazione si è svolta nella calma. Ma martedì sera, e ancora nella giornata di mercoledì, sono scoppiati diversi grossi incendi nella tendopoli, per cui quattro afghani sono finiti in manette. La prefetta ha detto che “è una tradizione afghana quella di bruciare i rifugi partendo”, ma è più probabile che si tratti delle proteste degli ultimi irriducibili. Nel campo rimangono ormai quelli che non vogliono assolutamente rinunciare all’Inghilterra o quelli che hanno lasciato le impronte digitali in un altro Stato o che temono il rimpatrio.
Per chi ha scelto di partire sugli autobus statali, tutto sembra procedere come da programma. Non ci sono state particolari proteste e in generale i migranti sono stati separati in piccoli gruppi, di una ventina trentina di persone in media. Anche perché questi centri di accoglienza e orientamento sono spesso in piccoli comuni della campagna francese. Alcuni dei sindaci, informati dalle prefetture, hanno votato nei giorni scorsi delle mozioni sull’arrivo dei migranti in consiglio comunale. A volte hanno organizzato riunioni urgenti con tutta la comunità che hanno permesso di facilitarne l’arrivo.
Agli abitanti della Giungla è stato detto di scegliere dove andare e di indicarlo su una cartina della Francia ma per molti la scelta è stata casuale e il risveglio nella nuova casa una sorpresa. Si prevede che rimangano nei CAO per qualche mese, in attesa della risposta alla loro domanda d’asilo in Francia. Nel frattempo dovrebbero beneficiare di un accompagnamento sociale e amministrativo e seguire dei corsi di lingua e cultura francese.
Da novembre 2015, si calcola che circa seimila migranti siano già stati mandati in questi centri da Calais. Anche se non sono stati segnalati problemi con le popolazioni locali, solo uno su quattro ha ottenuto l’asilo politico. Il problema è capire cosa sia successo e succederà a tutti gli altri.
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A fine giornata selezioniamo il fatto nazionale o internazionale che ci è sembrato più interessante e lo sviluppiamo con il contributo dei nostri ospiti e collaboratori. Un approfondimento che chiude la giornata dell'informazione di Radio Popolare e fa da ponte con il giorno successivo.
1) People help the People. Mentre a Gaza i palestinesi lottano con la tempesta Byron, in Israele un gruppo di famiglie prova a tendere una mano. (Ayelet Lerman - Gaza Support Network)
2) Gli scomparsi della Siria. Nel paese che prova a guardare avanti, centinaia di famiglie stanno ancora cercando i propri cari spariti nel buco nero della dittatura. (Emanuele Valenti)
3) Stati Uniti, sulla guerra in Ucraina Trump non vuole perdere tempo, né con Zelensky né con gli europei. Ma nemmeno tra i repubblicani sono tutti convinti della sua dottrina. (Roberto Festa)
4) Dopo 12 anni, il Portogallo torna in piazza con il primo sciopero generale dai tempi delle Troika. Tre milioni di persone in strada contro una riforma che rende il lavoro più precario. (Goffredo Adinolfi - univ. Lisbona)
5) Il primo social media ban del mondo. In Australia milioni di bambini e ragazzi under 16 non possono più creare un account sui social network. (Stefano Girola)
6) World Music. Dal Portogallo Lina, l’artista di Porto che fa rivivere il fado. (Marcello Lorrai)
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