Mia cara Olympe

Tra il video di Meloni e un concerto d’archi, scorci di agosto

Ogni giorno ha la sua pena e molte pene ci attendono da qui al 25 settembre, anche senza voler guardare all’assai prevedibile esito delle elezioni. 

La pena di oggi è la pubblicazione sui social di Giorgia Meloni del video della donna ucraina che ha subito violenza da parte di un richiedente asilo per strada a Piacenza. Video accompagnato dalla promessa che la sicurezza delle città sarà in cima ai pensieri  della nostra e così potremo stare tutti tranquilli. C’è tutto di sbagliato nella pubblicazione del video e nel messaggio: c’è la strumentalità a fini elettorali di un fatto odioso, c’è l’ulteriore violenza cui è esposta la donna che ne è stata vittima, c’è il riproporre l’equazione cara da decenni alla destra tra immigrazione e criminalità, laddove sappiamo bene che la violenza contro le donne non ha un colore, è trasversale a classi, etnie, provenienze e, nella stragrande maggioranza di casi, ha le chiavi di casa, ovvero si compie nel luogo che per le donne dovrebbe essere il più accogliente. 

La pena di oggi è verificare, ancora una volta,  il livello cui è arrivata la comunicazione che sembra persino difficile aggettivare come politica: parlare alla pancia, agli istinti, alle paure, con l’unico ritornello del ‘Ci penso io, vi difendo io’. E proprio su un terreno, quella della violenza contro le donne, che più politico – in quanto dice delle relazioni tra i sessi, delle persistenze patriarcali e del ritardo culturale del nostro paese – non potrebbe essere. La pena di oggi è pensare che sempre di più questo tipo di comunicazione fa presa, proprio per il suo essere elementare, viscerale e fare a tanti la cortesia di non dovere articolare un giudizio appena più complesso o più informato su ciò che accade intorno a noi, sul perché e su ciò che sarebbe necessario fare. E non certo per ‘ripulire’ il mondo: quello lasciamolo alla destra di Meloni e ai suoi sodali. Quelli che – correvano gli anni ’90 – scesero in piazza  con le scope a Milano per spazzare via ‘i clandestini’. Era ieri, non se lo ricorda nessuno, o, peggio, tanti pensano che non fosse una cattiva idea.

Ps. Avrei voluto scrivere soltanto di una cosa bella, un piccolo concerto d’archi che si è svolto due sere fa sulla scalinata monumentale della Giudecca a Reggio Calabria. Cosa bella per varie ragioni: per i quattro giovani musicisti del conservatorio Francesco Cilea che hanno eseguito Mozart, Bach, ma anche Morricone e Lennon e l’aria ‘Libiam nei lieti calici’; per il progetto vinicolo Inter vitis sinergia tra alcuni comuni della fascia jonica e tirrenica che questo concerto inaugurava, ma soprattutto per il luogo in cui si è svolto, una scalinata incantevole che guarda dall’alto lo Stretto. Era, quel luogo, inaccessibile, sporco, invaso da sterpaglie e rifiuti. Un gruppo di cittadine e cittadini – vanghe, rastrelli e sacchi dell’immondizia – lo ha ripulito e sistemato, ha messo a dimora le piante e creato una comunità che lo ha restituito all’uso collettivo – concerti inclusi. Si può fare, insomma, qualcuno – nel piccolo, nel periferico, nel poco visto, lontano dal rumore di scena e dalla propaganda elettorale – fa, continua a fare. Sulle note di Bach. 

  • Assunta Sarlo

    Calabromilanese, femminista, da decenni giornalista, scrivo e faccio giornali (finché ci sono). In curriculum Ansa, il manifesto, Diario, il mensile E, Prima Comunicazione, Io Donna e il magazine culturale cultweek.com. Un paio di libri: ‘Dove batte il cuore delle donne? Voto e partecipazione politica in Italia’ con Francesca Zajczyk, e ‘Ciao amore ciao. Storie di ragazzi con la valigia e di genitori a distanza’. Di questioni di genere mi occupo per lavoro e per attivismo. Sono grata e affezionata a molte donne, Olympe de Gouges cui è dedicato questo blog è una di loro.

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    L’Europa e il bellicismo crescente delle sue classi dirigenti. L’ultimo caso, quello dell’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone e la postura aggressiva che dovrebbe tenere la Nato. Cosa possono fare il pensiero e la cultura della pace per contrastare l’escalation bellicista e la normalizzazione della violenza? Le risposte possono non essere quelle consuete, soprattutto perché in Occidente stiamo assistendo ad un cambio delle coordinate geopolitiche costruite negli ultimi ottant’anni. Un esempio. Il settimanale «The Economist» ha scritto nella sua rubrica di geopolitica «The Telegram» apparsa oggi sulle pagine online: «In Europa le preoccupazioni per l’inaffidabilità dell’America sotto Donald Trump stanno lasciando il posto a un timore più grande: che, pur presentandosi come il campione della civiltà occidentale, egli consideri ormai le democrazie occidentali reali come avversarie. “Nella Washington di oggi” - scrive il nostro editorialista di The Telegram - l’Europa “è spesso descritta con maggiore disprezzo rispetto alla Cina o alla Russia”. Pubblica oggi ha ospitato Donatella Della Porta, scienziata della politica, e Agostino Giovagnoli, storico.

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