La scuola non serve a nulla

“Non se ne esce”: Tetralogia del Sessismo linguistico alla Medie – 4

Le conclusioni, le migliori, quelle che non concludono…

Eccoci a tirar le somme di questa ricerca che spero non abbia smerigliato le gonadi negli episodi precedenti. Anche perché ora potete vedere chiaramente, quello che intendevo: non ho certezze da tirare fuori, niente verità assolute. In fondo la grammatica la odiamo da piccoli perché ci sembra ci imponga leggi ferree, da imparare noiosamente a memoria; e da grandi per il motivo esattamente contrario, perché la sua più moderna istanza descrittiva non ci risolve certi dubbi per dirimere i quali a lei ci rivolgiamo come fosse oracolo… E allora? Solo brandelli di sensazioni andrò a elencare, frutti di una ricerca undicenne e ingenua, fuori dalle righe dei social e permeata – senza che nessunə si offenda – di vitalità innocente:

1) sono statisticamente più spesso gli uomini che tendono a declinare i sostantivi “importanti” al femminile (“sindaca”, “la presidente”) rispetto alle donne (le quali preferiscono “sindaco”, “il presidente”: aspetto evidente dal confronto in domande poste in parallelo, sulla stessa professione, a mamma e papà, a mo’ di “Intervista doppia”). Prima domanda aperta, che semino qui: dipende solo dal babbo che vuole risultare più “liberal” agli occhi della mamma? O magari, meno simpaticamente (e forse il fulcro vero di tutta la questione è lì) non è che ciò potrebbe dipendere dal fatto che le donne, per pensare di aver raggiunto la parità di genere, abbiani giudicato giusto chiamarsi con il nome di una certa “professione di rango” declinato al maschile? Come a voler dire “anch’io, donna, ci sono arrivata! Ho preso anch’io quel ruolo che prima era solo tuo!” . Certo, è stato questo un indirizzo linguistico importante della battaglia femminista, negli anni ’70 e ’80: ma ha fatto il suo tempo, perchè tale scelta sottendeva che per le donne, nel momemto in cui raggiungevano posizioni apicali (oggi, sempre più spesso), era importante, con la declinazione al maschile, che nascondessero il fatto di essere donne. E invece il segno linguistico della vera parità è proprio, in maniera pù profonda, la declinazione al femminile.

2) spesso ‘sti/e ragazzetti/e dimostrano un’apertura, una sana curiosità e una assenza di pregiudizi che sarebbe bello conservare crescendo. Come per tante altre cose;

3) credo sia utile far comprendere alcuni meccanismi della lingua, relativi a come essa di sviluppa e cambia. Certo, i problemi sono anche altri, ma le battaglie sociali sui diritti mica sono come “i migliori amici” che, come dicono i nostri, “se ne deve scegliere solo uno alla volta”; per cui non è che se uno si occupa della lingua non si può occupare anche della parificazione dei diritti salariali.

4) forse la lingua non accompagnerà o favorirà i mutamenti sociali (ne siamo proprio certi?), ma sicuramente li riflette, e che chiamare le cose con il loro nome, come spiegano le studiose citate all’inizio, “aiuta a vederle meglio”. E se chiamare le donne con nome di professione declinato al femminile “non cambia certo la situazione della donna”, figuriamoci quanto aiuta a cambiarla mantenere la declinazione al maschile;

5) desta comunque perplessità, se non dispiacere, che siano più spesso le donne a considerare il nome declinato al maschile come di un grado superiore rispetto allo stesso nome declinato al femminile;

6) dobbiamo però saper ascoltare anche le comprensibili resistenze di chi avverte un ragionevole senso di titubanza davanti a tutti questi cambiamenti: e certo mica dipende sempre solo da ragioni socioculturali connesse a sessismo, patriarcato e androcentrismo; se non vogliamo chiamare in causa il “disallineamento evolutivo”, come spiega bene Annamaria Testa, diamo atto che esiste però, almeno, una sorta di “forza di gravità” delle parole, un vettore entropico che tenderebbe, per abitudine, a farle tornare sempre lì: un misto di comprensibile inerzia, deprecabile pigrizia e vischiosa praticità, “perché se no poi, prof, dobbiamo di nuovo cambiare sempre tutto il libro di grammatica?”. Senza contare che l’eccessiva preoccupazione nel tentativo di non “ferire nessuno” (da parte di chi ha a cuore la questione, ovvio) potrebbe portare tante donne ma soprattutto uomini, a, oddio, “non saper più come chiamare” le donne: “e se lei preferisce avvocato?”. Una paralisi linguistica che è il caso di tenere presente, nel calderone… Perché appunto, non se ne esce, poi: più studi la questione e più ti ci blocchi…

Però, allora, fatto trenta si fa trentuno: ho poi provato a parlare in classe anche dello “ə”, lo schwa, la soluzione proposta dalla sociolinguista Vera Gheno nel caso della concordanza di nomi e aggettivi plurali riferiti a moltitudini miste, sia maschili che femminili (e trattandosi di classe di undicenni, non ho ritenuto opportuno aggiungere che la soluzione potrebbe essere adottata anche per riferirsi a persone sessualmente “non binarie”). La cosa è stata accolta con curiosità: più entusiasmo da parte delle alunne, qualche scetticismo tra gli alunni. Non credo che potrei accettarlo in un tema, ma è interessante constatare come la loro mente viaggi, parta, crei analogie: e vedere che, dopo aver acquisito il meccanismo, lo applicano anche in campi per cui non è stato pensato, come gli oggetti con il solo genere grammaticale: “Ma allora prof, posso scrivere anche che “Il gelato e la granita sono squisitə?”

Ecco, non ho la più pallida idea di come andrà a finire. Vedremo, e forse il bello è proprio il fatto che ci siamo ancora in mezzo, questo… non uscirne. Più importante tenere vivo il dibattito, restare ricettivi e aperti, sperimentare modalità che possano suggerire un uso del linguaggio più rispondente alle esigenze di una società indirizzata verso la pacifica convivenza delle nostre diverse unicità. Essere consapevoli e parlarne è già un gran passo avanti rispetto ad alcuni anni fa: si può farlo già nelle scuole, e quasi giocando (non sono certo il primo ad averci portato la questione: guardate qui la pagina di Scosse in classe”, oltre al sito di “Italiano Inclusivo”).

Ma almeno una certezza, in chiusura: la nostra professoressa di matematica, almeno lei, ha accettato la proposta di farsi chiamare per scherzo dagli alunni, solo nella nostra classe, “Professora”. Era uno dei cavalli di battaglia di Alma Sabatini, che sconsigliava l’adozione, nelle sue “Raccomandazioni…” del suffisso “-essa”, e preferiva, anche per i nomi maschili terminanti per “-ore”, l’uscita al femminile in “-ora”, perché, a partire dalla fine ‘800, tale suffisso si era caricato di una connotazione quasi dispregiativa e sarcastica (era nato a indicare non una donna titolare di una certa professione di rango, ma la moglie di un uomo che questa professione svolgeva… insomma, “dottoressa” significava “moglie del dottore che se la tira come fosse il marito”). Ora i termini “dottoressa” e “professoressa” si sono acclimatati e hanno completamente perso tale accezione negativa o ironica (l’ho spiegato tutto ciò agli alunnə): ma anche soltanto per gettare qualche coriandolo di linguistica in pillole, almeno sono riuscito a incarnare un momento storicamente così importante di questo dibattito. Almeno questo…

Perché non si può fare altro. Perché se oh, da sto discorso, non se ne esce…  allora stiamoci!

  • Antonello Taurino

    Docente, attore, comico, formatore: in confronto a lui, Don Chisciotte è uno pratico. Nato a Lecce, laurea in Lettere e diploma in Conservatorio, nel 2005 si trasferisce a Milano. Consegue il Diploma di attore nel Master triennale SAT 2005-2008 del M° J. Alschitz e partecipa a Zelig dal 2003 al 2019. Si esibisce anche inglese all’estero con il suo spettacolo di Stand-up, Comedian. Attualmente è in tournèe con i suoi spettacoli (non tutti la stessa sera): Miles Gloriosus (2011), Trovata una Sega! (2014), La Scuola non serve a nulla (2016) e Sono bravo con la lingua (2020). La mattina si diverte ancora tanto ad insegnare alle Medie. Non prende mai gli ascensori.

ALTRO DAL BLOGVedi tutti
ARTICOLI CORRELATITutti gli articoli

Adesso in diretta

Ultimo giornale Radio

  • PlayStop

    GR venerdì 26/07 19:30

    Le notizie. I protagonisti. Le opinioni. Le analisi. Tutto questo nelle 16 edizioni quotidiane del Gr. Un appuntamento con la redazione che vi accompagna per tutta la giornata. Annunciati dalla “storica” sigla, i nostri conduttori vi racconteranno tutto quello che fa notizia, insieme alla redazione, ai corrispondenti, agli ospiti. La finestra di Radio Popolare che si apre sul mondo, a cominciare dalle 6.30 del mattino. Da non perdere per essere sempre informati.

    Giornale Radio - 26-07-2024

Ultima Rassegna stampa

  • PlayStop

    Rassegna stampa di venerdì 26/07/2024

    La rassegna stampa di Popolare Network non si limita ad una carrellata sulle prime pagine dei principali quotidiani italiani: entra in profondità, scova notizie curiose, evidenzia punti di vista differenti e scopre strane analogie tra giornali che dovrebbero pensarla diversamente.

    Rassegna stampa - 26-07-2024

Ultimo Metroregione

  • PlayStop

    Metroregione di venerdì 26/07/2024 delle 19:48

    Metroregione è il notiziario regionale di Radio Popolare. Racconta le notizie che arrivano dal territorio della Lombardia, con particolare attenzione ai fatti che riguardano la politica locale, le lotte sindacali e le questioni che riguardano i nuovi cittadini. Da Milano agli altri capoluoghi di provincia lombardi, senza dimenticare i comuni più piccoli, da dove possono arrivare storie esemplificative dei cambiamenti della nostra società.

    Metroregione - 26-07-2024

Ultimi Podcasts

  • PlayStop

    Jukebox & Slot Machine di venerdì 26/07/2024

    Come molte altre cose, un luogo è definito dalle funzioni che dentro di esso si possono svolgere. Un po' come l'ambiente che ci circonda può essere più o meno ostile. Ne consegue che la presenza ormai capillare in Italia delle macchinette da gioco d'azzardo nei bar, qualcosa deve aver cambiato rispetto a quando la possibile macchina-mangia-monetine che si rischiava di incontrare sotto casa, invece che vacue promesse di un'antidoto alla disperazione della povertà, spacciava il lato di un 45 giri o al massimo anni dopo qualche giocosa avventura con le fattezze del cartone animato. In quell'epoca invece che un semplice schermo e dei bottoni, le slot-machine confinate ai casinò avevano una manopola e dei rulli che scorrevano prima di dare un responso in forma di immagini miste o uguali, spesso non casualmente in tema di frutta, poiché la natura costruisce sopra l'esistente invece che sostituirlo ed il cervello sapiens non fa eccezione. una banana, delle ciliegie, una mela? ciliegie, ciliegie e un'ananas? tre pere? sono tutte combinazioni possibili. parafrasando un celebre umanista e compositore, si potrebbe dire che "these are tunes that go together well", o almeno così ci auguriamo che sarà. anche perché dalle retrovie pare si dica che "vincere sempre è come non vincere mai".

    Jukebox & Slot Machine - 26-07-2024

  • PlayStop

    Podi podi di venerdì 26/07/2024

    Il racconto, i commenti e i retroscena delle Olimpiadi di Parigi 2024 su Radio Popolare. Dal 26 luglio all'11 agosto 2024 tutti i giorni dalle 19.00 alle 22.30 con Gianmarco Bachi, Luca Gattuso, Marta Zambon e le incursioni di Stefano Vegliani.

    Podi podi - 26-07-2024

  • PlayStop

    News della notte di venerdì 26/07/2024

    L’ultimo approfondimento dei temi d’attualità in chiusura di giornata

    News della notte - 26-07-2024

  • PlayStop

    Popsera di venerdì 26/07/2024

    Popsera è lo spazio che dedicheremo all’informazione dalla prima serata per tutta l’estate e nel periodo festivo di fine anno. Si comincia alle 18.00 con le notizie nazionali e internazionali, per poi dare la linea alle 19.30 al giornale radio. Popsera riprende con il Microfono aperto, per concludersi alle 20.30. Ogni settimana in onda un giornalista della nostra redazione.

    Popsera - 26-07-2024

  • PlayStop

    Poveri ma belli di venerdì 26/07/2024

    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

    Poveri ma belli - 26-07-2024

  • PlayStop

    Parla con lei di venerdì 26/07/2024

    Ospite di oggi la psicologa e psicoterapeuta Gabriella Scaduto. Si parla di come la psicologia supporta i diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, di prevenzione al bullismo, di supporto a vittime di abusi e figl* di donne assassinate. E anche di come si concilia una vita intensamente impegnata con la famiglia.

    Parla con lei - 26-07-2024

  • PlayStop

    Conduzione musicale di venerdì 26/07/2024 delle 14:32

    Un viaggio musicale sempre diverso insieme ai nostri tanti bravissimi deejay: nei giorni festivi, qua e là, ogni volta che serve!

    Conduzione musicale - 26-07-2024

  • PlayStop

    Note dell’autore di venerdì 26/07/2024

    Un appuntamento quasi quotidiano, sintetico e significativo con un autore, al microfono delle voci di Radio Popolare. Note dell’autore è letteratura, saggistica, poesia, drammaturgia e molto altro. Il tutto in una decina di minuti, più o meno il tempo di un caffè...freddo!

    Note dell’autore - 26-07-2024

  • PlayStop

    Il Filo della Storia - Abacost

    Abacost, il paradosso dell’autenticità dietro la giacca di un dittatore africano. A cura di Alba Solaro

    Il Filo della Storia - 26-07-2024

  • PlayStop

    Cult di venerdì 26/07/2024

    Oggi a Cult: il Terreni Creativi Festival di Albenga; alla Maddalena, la Valigia dell'Attore; il Segesta Festival 2024 con musica, teatro, danza e incontri; in Val d'Aosta Insoliti Festival a contatto con la natura; il libro "100 vasi di design italiano" a cura di Marco Meneguzzo ed Enrico Morteo...

    Cult - 26-07-2024

  • PlayStop

    Giorni migliori di venerdì 26/07/2024

    A cura di Mattia Guastafierro e Massimo Alberti. Il decreto per abbattere i tempi sulle liste d’attesa: servirà davvero o è un ulteriore regalo alla sanità privata? - con Andrea Capocci, giornalista scientifico del Manifesto, e Pierino De Silverio, segretario Anaoo Assomed. Il far west della logistica: lo sfruttamento di manodopera tocca anche la filiera di Poste Italiane – con Rosita Rijtano di La Via Libera. In Irlanda i consumi dei server superano quelli domestici: siamo entrati in una nuova era di centralità delle macchine rispetto all’uomo? - con Juan Carlos De Martin, docente al Dipartimento di Automatica e Informatica del Politecnico di Torino. Come scegliere il futuro sindaco di Milano? Con le primarie o no? - il microfono aperto con Roberto Maggioni.

    Giorni Migliori – Intro - 26-07-2024

Adesso in diretta