Mia cara Olympe

Metsola, solo le donne di destra ce la fanno?

Ed arrivò la terza. Donna, conservatrice (di più, preoccupano le sue posizioni sull’aborto e sulle politiche migratorie), nuova presidente del parlamento europeo, eletta con una larga maggioranza. A completare i vertici europei dopo Christine Lagarde a capo della banca centrale e Ursula von der Leyen che presiede la commissione, a porre nuovamente domande mai risolte sulla questione della rappresentanza politica delle donne, ecco la maltese Roberta Metsola. Giovane, 43 anni, agguerrita, esponente dei popolari, viene da un paese in cui l’interruzione di gravidanza è vietata  in ogni caso, e non ci si dimentica che lei stessa, nonostante abbia adesso assicurato che non voterà più in materia, farà sue le posizioni del’Unione e continuerà la battaglia per i diritti delle donne, nel 2015 aveva criticato le conclusioni del report europeo sull’eguaglianza di genere  in cui  l’accesso all’interruzione di gravidanza veniva segnalato come requisito di parità, sostenendo che contenesse ‘riferimenti inaccettabili’.

Ed è subito, di nuovo, dibattito acceso e non pochi sottolineano che, e non solo in Italia, la destra sembra terreno più fertile per la promozione delle donne in politica. Peraltro anche nel dibattito nostrano sull’elezione del prossimo presidente della repubblica il totonomi di queste ore vede un paio di nomi di destra, Letizia Moratti ed Elisabetta Casellati,  piazzati non male, mentre – va detto –  a sinistra ci si affanna a dire che in Italia ci sono un sacco di donne competenti – ma va, chi l’avrebbe detto? – senza tirare fuori un nome, un cognome, una biografia sulla quale assentire o dissentire. Cartabia a parte, la cui storia però la pone piuttosto come nome ‘tecnico’, eventualmente super partes. Come dare torto ad Emma Bonino quando dice, intervistata da Radio popolare, che qui non si tratta di ricordare che l’Italia conta astrofisiche provette o biologhe di chiara fama e via elencando meriti  femminili di svariata natura, ma di individuare e sostenere un profilo che abbia le carte in regola per il ruolo e il cui nome – qui ridiciamo – non venga giocato in maniera strumentale nella battaglia per il Quirinale?

Ma tornando a Metsola: molti commenti dell’oggi sottolineano che le donne di destra hanno meno timori nel proporsi e nell’affermarsi in una lunga storia che parte da Tatcher e arriva, ebbene sì, a Giorgia Meloni, unica leader di partito in Italia. Ancora una volta resta inevasa o ha troppe e comunque non del tutte esaurienti risposte la domanda sul perché a sinistra quando si tratta di fare la corsa per arrivare prime le donne non ci sono nonostante le tonnellate di disquisizioni sul tema, nonostante i solenni impegni maschili, nonostante siano ormai in atto meccanismi di riequilibrio nelle liste elettorali e negli organi di partito, nonostante esempi del passato come Nilde Iotti, nonostante questo e quello insomma. Questo dato di fatto ha a che fare con l’effettivo desiderio delle donne di sinistra in politica? Oppure segnala che la capacità di confliggere con i loro colleghi latita, visto che che un posto che va a una donna è un posto in meno per un uomo?

Ipotesi tutte valide e molte altre potrebbero essercene, mentre l’elezione di Roberta Metsola è lì a chiedere ancora, soprattutto alle donne di sinistra e alle femministe se essere contente della parità di cui è ora un forte simbolo o essere scontente della mancata differenza che la sua biografia evidenzia. Antico dibattito anche questo, mentre la cronista qui ricorda che Letizia Moratti, vinte le elezioni a Milano, tra le prime cose disse ‘Chiamatemi signor sindaco’.

  • Assunta Sarlo

    Calabromilanese, femminista, da decenni giornalista, scrivo e faccio giornali (finché ci sono). In curriculum Ansa, il manifesto, Diario, il mensile E, Prima Comunicazione, Io Donna e il magazine culturale cultweek.com. Un paio di libri: ‘Dove batte il cuore delle donne? Voto e partecipazione politica in Italia’ con Francesca Zajczyk, e ‘Ciao amore ciao. Storie di ragazzi con la valigia e di genitori a distanza’. Di questioni di genere mi occupo per lavoro e per attivismo. Sono grata e affezionata a molte donne, Olympe de Gouges cui è dedicato questo blog è una di loro.

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    Questa settimana Elijah Wald è in Italia per portare sul palco, tra Milano, Torino e Piacenza, le sue storie su Bob Dylan e il Greenwich Village di New York. Chitarrista folk blues ma anche narratore e giornalista musicale, attraverso canzoni e racconti Wald ripercorre nel suo spettacolo il cammino di Dylan e dei tanti personaggi di quel periodo irripetibile. Da Woody Guthrie a Pete Seeger, da Eric Von Schmidt a Dave Van Ronk - quest’ultimo anche protagonista del film dei fratelli Coen “A proposito di Davis” e realizzato partendo proprio dal memoir scritto da Wald. Oggi Elijah è venuto a trovarci a Radio Popolare per raccontarci la sua storia e suonarci alcuni brani tra Mississippi John Hurt, Paul Clayton e Victor Jara. Ascolta l’intervista e il MiniLive di Elijah Wald.

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    Una mostra fotografica ripercorre i 50 anni di Radio Popolare. Dal 14 dicembre a Milano

    Domenica 14 dicembre alle ore 10, presso la Sala Cisterne della Fabbrica del Vapore, a Milano, inaugura la mostra "50 e 50. La mostra. Radio Popolare 1975 - 2025", una delle prime iniziative organizzate per celebrare il 50esimo anniversario dalla fondazione di Radio Popolare. La mostra racconta i cinque decenni "di onda" attraverso venti storie realizzate dai fotografi che in questi anni sono stati vicini alla radio. Inoltre, la mostra ospiterà un’interpretazione creativa realizzata da Studio Azzurro dei video che ricostruiscono la storia di Radio Popolare. La mostra sarà allestita fino al 25 gennaio. Tiziana Ricci ce la racconta insieme a Giovanna Calvenzi, che ne è la curatrice.

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