Appunti sulla mondialità

La salute della Cina

Poche volte l’andamento dell’economia mondiale è dipeso dalla salute di un popolo, ma in questo 2023 che inizia dipenderà da quella del popolo cinese. I timori che il brusco allentamento delle misure draconiane di prevenzione finora adottate da Pechino contro il coronavirus possa tradursi in un’ondata incontrollata di contagi sono molto forti. I motivi sono diversi, ma i principali rimangono l’alta percentuale dei cittadini non vaccinati, una decina di milioni solo tra gli over-85, e la scarsa efficacia dimostrata nei test dai vaccini cinesi della Sinovac rispetto a quelli a mRna prodotti dalle multinazionali occidentali. In Cile, dove questi vaccini erano stati usati per la prima volta fuori dalla Cina, si è calcolato che la copertura di vaccini Sinovac di prima generazione non superava il 40% di efficacia. Nel 2022, la scarsa circolazione del virus nel Paese asiatico è stata dovuta non tanto ai vaccini, ma alle politiche di isolamento dei focolai, fondate su rigidissimi lockdown. La domanda degli esperti è se la Cina oggi è pronta per sostenere la ripresa economica globale, visto il ruolo determinante che svolge per la filiera produttiva mondiale. La pandemia, infatti, ha messo in evidenza come della Cina non si possa fare a meno: garantisce percentuali che toccano il 40% dei componenti attivi dell’industria farmaceutica e il 35% del mercato mondiale dei microchip, oltre a una enorme quantità di beni che spaziano dall’elettronica avanzata alle terre rare, che sono estratte o elaborate in Cina quasi per il 70%.

Si è così compreso che la globalizzazione è sì una fase dell’economia mondiale nella quale tutti partecipano a un unico e grande mercato, ma questo mercato è tenuto in piedi da pochi Paesi, e soprattutto dalla Cina. Se la salute dei cinesi quindi vacilla, ne risente l’economia di tutto il mondo e in alcuni settori si rischia addirittura la paralisi. Questa è la conseguenza di un processo iniziato negli anni ’80 del secolo scorso, con il trasferimento di interi comparti industriali dismessi dall’Occidente verso la Cina, capace di acquisire velocemente una capacità produttiva che in precedenza non aveva grazie al suo inesauribile serbatoio di manodopera a basso costo, ma anche a zero politiche ambientali e sfruttamento illimitato di energia prodotta dal carbone. Poi il colosso asiatico è diventato esso stesso un grande mercato, ma senza perdere il ruolo di esportatore che, anzi, si è rafforzato nel tempo anche attraverso enormi investimenti diretti in una miriade di Paesi in tutto il mondo. Il vero colpo di reni della Cina è stata però la sua politica estera, non guidata da mire geopolitiche tradizionali ma volta a consolidare il primato economico raggiunto. Stringendo accordi commerciali, Pechino si è garantita rifornimenti certi di quasi tutte le commodities necessarie per la sua economia. E quindi grano, soia, carne, legname dal Sudamerica e minerali strategici dall’Africa, diventata il suo cortile di casa. Per non parlare del resto dell’Oriente, dove spiccano gli accordi con Vietnam e Laos e il sostegno a regimi come quello al potere in Myanmar.

L’espansione della Cina assomiglia molto, almeno da un punto di vista economico, a quella che fu propria dell’Impero britannico, ma senza l’apporto delle cannoniere e senza le colonie, almeno in apparenza. La Cina è dunque una potenza moderna e allo stesso tempo antica, ormai da tempo siede al tavolo dei grandi del mondo ma continua a usare retoriche terzomondiste con i Paesi più poveri. Questo ruolo, però, ora diventa fragile per via del più grande errore commesso da Pechino negli ultimi decenni: quello di non avere voluto, per motivi di orgoglio nazionale, copiare o acquistare i vaccini occidentali, preferendo continuare a seguire la via, rivelatasi fallimentare, del controllo della diffusione dei contagi. Il punto è che la salute del popolo cinese è un problema di tutti: senza la Cina non si uscirà dalla crisi iniziata nel 2019, a dimostrazione del fatto che, oggi più che mai, i problemi e i conflitti arrivano dall’economia molto più che dai missili. Ma a differenza dei carri armati, sono problemi che fanno poco rumore.

  • Alfredo Somoza

    Antropologo, scrittore e giornalista, collabora con la Redazione Esteri di Radio Popolare dal 1983. Collabora anche con Radio Vaticana, Radio Capodistria, Huffington Post e East West Rivista di Geopolitica. Insegna turismo sostenibile all’ISPI ed è Presidente dell’Istituto Cooperazione Economica Internazionale e di Colomba, associazione delle ong della Lombardia. Il suo ultimo libro è “Un continente da Favola” (Rosenberg & Sellier)

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    Musiche dal mondo è una trasmissione nel solco della lunga consuetudine di Radio Popolare con la world music – da prima che questa discussa espressione entrasse nell’uso internazionale – e in rapporto con World Music Charts Europe. WMCE è una iniziativa a cui Radio Popolare ha aderito e partecipa dall’inizio: una classifica europea realizzata attraverso il sondaggio mensile di animatori di programmi di world music su emittenti pubbliche, aderenti all’Ebu, appunto l’associazione delle emittenti pubbliche europee, ma con qualche eccezione come Radio Popolare, che è una radio privata di ispirazione comunitaria. Nel 1991 l’EBU sondò la Rai, per coinvolgerla in WMCE, ma la Rai snobbò la proposta. Però all’Ebu segnalarono che c’era una radio che sulle musiche del mondo aveva una certa tradizione e che probabilmente avrebbe risposto con interesse… L’Ebu si fece viva con noi, e Radio Popolare aderì entusiasticamente. Ormai quasi trent’anni dopo, WMCE continua e Radio Popolare continua a farne parte, assieme ad emittenti per lo più pubbliche di ventiquattro paesi europei, fra cui la britannica BBC, le francesi Radio Nova e RFI, le tedesche WDR, NDR e RBB, l’austriaca ORF, Radio Nacional de Espana, la russa Echo of Moskow, la croata Radio Student. Attraverso WMCE, Musiche dal mondo riceve annualmente centinaia di novità discografiche inviate dalle etichette o direttamente dagli artisti, dal vintage dell’Africa nera al canto di gola siberiano, dalle fanfare macedoni al tango finlandese: proponendo musica che difficilmente le radio mainstream fanno ascoltare e di cui i media correntemente non si occupano, Musiche dal mondo è una trasmissione per la salvaguardia e lo sviluppo della biodiversità musicale.

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