COSA C’ENTRA ALVARO VITALI CON DON MILANI
Non ho mai capito come mai, guardando i film di Pierino, nessuno di noi piccoli spettatori si fosse mai posto il problema che in quella classe ci fosse un quarantenne in mezzo a dei ragazzini. Ma proprio quarantenne quarantenne, uno con la faccia di chi paga il mutuo da vent’anni e si preoccupa del colesterolo. Va bene, sospensione dell’incredulità, come dicono quelli bravi; ma non è di questo che voglio parlare, ricordando Alvaro Vitali.
Credo che ai film di Pierino si possa far risalire l’origine di uno dei più simpatici fraintendimenti letterario-pedagogici dell’Italia postunitaria (ne ho appurato la massiccia diffusione!), che a volte uso per sgamare simpaticamente chi ha letto davvero, o dice solo di aver letto, “Lettera a una professoressa” di Don Lorenzo Milani.
Lo sapete, in quel testo vengono citati due alunni-simbolo: Pierino e Gianni. E qui casca l’asino.
Ora, per don Milani, Gianni è l’alunno contadino, il figlio dei poveri, il malato che la scuola classista scaccia come un cagnaccio pulcioso e che conosce solo “cento parole”; mentre Pierino… ah, Pierino! Lui è il diligente figlio del dottore, l’educatissimo rampollo dei padroni, il prodotto della grande borghesia, insomma “il ricco”, che con le sue “mille parole”, della scuola quasi non avrebbe bisogno.
Per Gianni c’è il lavoro nei campi, la necessità di imparare a ribellarsi e il dovere di fornirgli gli strumenti per farlo. Per Pierino, invece, c’è la strada spianata fatta di liceo Classico, Università, e poltrona dirigenziale. Qualcosa che, diciamocelo, sa tanto di autobiografico, visto che lo stesso Don Lorenzo, prima di farsi prete, proveniva da una famiglia borghese. Ma era un Pierino che aveva visto la luce; o forse che (coincidenza, esattamente come Alvaro Vitali!), “si era rotto le scatole di fare Pierino”.
Credo che proprio ai film di Pierino/Alvaro Vitali si possa imputare il corto circuito semantico per cui chi non conosce precisamente la “Lettera…” scambi ovviamente i ruoli; chè nei film di Vitali, Pierino è la peste per antonomasia, il discolo che ti riempie la cartella di rane e dice le zozzerie alla maestra… mentre Gianni fa tanto non solo Agnelli, ma pure il “Gianniiiino!!!” borghesuccio milanese che viene a scuola con l’autista… (e in un paio di quei film, il bambino educato con la riga in mezzo si chiama proprio “Gianni”!). Insomma, tutto al contrario. Per questo mi diverto molto a usare la coincidenza come Detector Test, sadico e infallibile, per individuare i pedagogisti da aperitivo.
Ma mi piace pensare che Alvaro Vitali sia idealmente quasi riuscito in quell’impresa titanica, sovvertendo retroattivamente l’ordine sociopedagogico nazionale, che è la stessa in cui il sistema scolastico nazionale sta, forse, ancora fallendo: confondere due archetipi opposti di classe sociale, nell’utopica promessa di pareggiarne le opportunità di partenza.
E tutto questo… grazie a un quarantenne, con già i suoi problemi di prostata, come alunno delle elementari! Così vecchio che non potevi neanche giustificartela con “Discolo com’era, chissà quante volte l’hanno bocciato”.
Ciao Alvaro, ci hai fatto ridere tanto. I buchi delle tue serrature erano le stimmate simboliche del nostro orizzonte formativo; le tue barzellette, riti narrativi ancestrali per le nostre pulsioni più infantili; le tue smorfie, puntello recitativo tra una scorreggia e un lazzo, col fischio o senza.
Ciao Alvaro. Che la terra ti sia leggera come i tuoi film, e le serrature delle porte sempre senza chiavi.
Ciao Alvaro. Da questa sera, e per dieci notti consecutive, i coprisedile dei cessi di Chicago saranno a mezz’asta.
E anche quelli di Milano, per non far torto a nessun Gianniiiiino.
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