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Bahamas Leaks, l’ultimo scandalo finanziario

Prima i Panama Papers, ora i Bahamas Leaks. Un altro paradiso fiscale in cui politici, imprenditori, operatori finanziari ma anche mafiosi, trafficanti e latitanti hanno aperto conti correnti e società anonime per sfuggire al fisco e alla giustizia. A rivelare il nuovo scandalo è l’Icij, International Consortium of Investigative Journalists, un network di giornalisti di 65 Paesi, specializzato in indagini su corruzione e crimini transnazionali.

L’inchiesta nasce da una fuga di notizie che ha portato alla scoperta di documenti di oltre 175mila società (registrate dal 1990 ai primi mesi del 2016), inserite nell’archivio di Nassau, capitale delle Bahamas. Nasce così #bahamasleaks.

I documenti di queste società sono stati acquisiti dal giornale tedesco Sueddeutsche Zeitung, che li hanno messi a disposizione del consorzio Icij, per condividerli con decine di media partner di tutto il mondo, tra cui, in Italia, l’Espresso.

Un’indagine da cui stanno venendo fuori nomi pesanti, tra cui quello di Neelie Kroes, olandese, ex commissaria alla concorrenza dell’Unione Europea, in carica dal 2004 al 2010. Oggi Kroes è consulente della Bank of America e di Uber.

Kroes, quando era commissaria, tuonava contro l’evasione fiscale delle multinazionali. Ora, secondo l’Icij, si scopre che aveva interessi non dichiarati alle Bahamas, dove ha amministrato, dal luglio 2000 all’ottobre 2009, una società offshore, tuttora attiva, la Mint Holding Limited, con sede nel paradiso fiscale caraibico. E non ha mai reso pubblico questo incarico.

Una vicenda, quella di Kroes, che in queste ore sta creando un forte imbarazzo nella Commissione europea, già alle prese con il caso dell’ex presidente europeo José Manuel Durao Barroso, che è passato a lavorare per la potente banca d’affari Goldman Sachs.

Il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker ha chiesto, con una lettera a Kroes, chiarimenti e spiegazioni.

Intanto stanno uscendo i primi nomi dei potenti che hanno depositato soldi nel paradiso fiscale delle Bahamas, senza dichiararlo.

Tra questi il figlio del dittatore cileno Pinochet, Marco Antonio; lo sceicco del Qatar al Thani; il ministro colombiano Carlos Caballero Argaez; i familiari di un ex premier della Nigeria, l’uomo d’affari giordano Amin Badr El-Din.

L'ex commissaria europea alla concorrenza Neelie Kroes
L’ex commissaria europea alla concorrenza Neelie Kroes

Nei prossimi giorni i media legati all’ Icij, renderanno noti i nomi, del loro Paese, di politici, banchieri, finanzieri, evasori fiscali con i soldi alle Bahamas. L’inchiesta condotta rivela l’esistenza di decine di società, collegate a politici in carica o a ex politici dell’Africa, dell’Europa, dell’Asia, Americhe e Medio Oriente.

Domenica – lo ha annunciato l’Espresso – saranno svelati i nomi italiani, ricavati da oltre 400mila documenti di Bahamas Leaks, che riguardano l’Italia.

C’è di tutto, anticipa l’Espresso: “Industriali, banchieri d’affari, nobili, big della finanza, un gran nugolo di avvocati e commercialisti. Volti celebri e persone semi-sconosciute. Personaggi in vista nelle grandi città, dalla Lombardia alla Sicilia, ma anche nella provincia più profonda: particolarmente nutrita è la rappresentanza del Nordest”.

I nuovi documenti delle Bahamas allargano lo scenario che si era delineato con i Panama Papers. Alcuni casi li spiega il consorzio investigativo, a partire dal presidente dell’Argentina, Mauricio Macri.

“Suo padre Francisco e il fratello Mariano, erano tutti legati alla Fleg Trading Ltd, sbocciata al sole dei Caraibi nel 1998 e cancellata undici anni dopo. Ma nella dichiarazione dei redditi di Mauricio Macri del 2007 e 2008, quando era sindaco di Buenos Aires, non ce n’è traccia…”.

L’altro caso riguarda il padre dell’ex primo ministro britannico David Cameron. “Si chiama Blairmore Holding il fondo d’investimenti di Ian Cameron, padre dell’ex primo ministro di Londra, il quale è stato costretto ad ammettere di avere ricevuto benefici da quella società che, costituita a Panama, ma amministrata dalle Bahamas, gestiva decine di milioni di sterline per conto di ricche famiglie inglesi”.

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    Piero Bosio
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