Il ministro degli Esteri se ne lava le mani e dice che della vicenda non se ne sta occupando. In effetti, è una figuraccia da cui tenersi lontani e Antonio Tajani non è tra i ministri che sono stati indagati dalla Procura di Roma per favoreggiamento e peculato per aver imbarcato il generale Almasri, accusato di crimini di guerra e contro l’umanità, su un volo di Stato in direzione Tripoli. A finire sotto indagine furono i ministri Piantedosi e Nordio e il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Mantovano, le cui autorizzazioni a procedere sono state respinte solo poche settimane fa.
Ora, dopo l’arresto di Almasri avvenuto oggi, il governo si fa scudo di una ricostruzione che sembra un po’ un’arrampicata sugli specchi. In sostanza fonti di Palazzo Chigi dicono che sapevano da gennaio che Tripoli aveva emesso un mandato di cattura nei confronti del torturatore Almasri ed è per questo che, invece di consegnarlo al Tribunale dell’Aja, l’avrebbero mandato direttamente a Tripoli. Una ricostruzione che fa a pugni con quelle immagini del generale libico che scende dall’aereo di Stato italiano, come fosse un eroe e sorride, felice di averla scampata.
Roma appare scavalcata in tema di giustizia dalla Libia, che fa sapere di aver avviato le indagini sul mandato di arresto della Corte Penale Internazionale a cui l’Italia non aveva dato seguito, quasi un rimprovero a Roma per non averlo arrestato. Eppure per mesi il governo Meloni – in particolare il ministro della giustizia Nordio – aveva cercato di ricostruire e giustificare la mancata convalida dell’arresto con ricostruzioni fatte di orari, di richieste di convalida in inglese, con mancata traduzione ed infine di averlo liberato per una “questione di sicurezza”. Le indagini si sono fermate, l’autorizzazione a procedere per i ministri non è stata concessa. Rimane aperto il filone che riguarda il capo di gabinetto di Nordio, Giusi Bartolozzi, accusata di false dichiarazioni. Ma il governo ora sta cercando il modo di creare uno scudo giudiziario anche per lei e salvarla.


