Sono passati due anni dal femminicidio di Giulia Cecchettin, un omicidio che ha scosso molto le coscienze, anche per le parole e la forza della sorella, che si oppose alla solita reazione del ragazzo che uccide perché malato e lasciato. “Filippo Turetta è figlio del patriarcato”, disse Elena Cecchettin riportando i versi della poesia “Per Giulia bruciate tutto” e migliaia e migliaia di persone, molte di più degli anni precedenti, si ritrovarono pochi giorni dopo a Roma, per riempire le strade della città alla manifestazione contro la violenza sulle donne.
Oggi Gino Cecchettin sarà a Roma, sarà sentito dalla Commissione d’inchiesta sui femminicidi. La sua fondazione dedicata alla figlia è nata l’anno scorso per diffondere la cultura del rispetto di genere, dell’educazione all’affettività e alla sessualità, a cominciare dai primi anni di scuola. Un progetto per il quale aveva cercato l’impegno anche del Ministero dell’Istruzione, quel ministro Valditara che proprio quel giorno, davanti a Gino Cecchettin, la cui figlia fu uccisa da un ragazzo italiano, disse che i femminicidi sono fenomeni legati alla marginalità e all’immigrazione.
Oggi, mentre Gino Cecchettin parlerà alla Commissione, convinto di dover continuare la sua battaglia in nome della figlia, poco distante la maggioranza alla Camera dei deputati imporrà con la forza dei numeri una legge che pone mille ostacoli, invece di toglierli, all’educazione all’affettività nelle scuole. La Lega ha fatto un passo indietro rispetto all’emendamento con cui si prevedeva di vietare questo insegnamento nelle scuole medie. Un’opinione pubblica che forse è molto più avanti della Lega, i progetti di molte scuole in alcune regioni, compreso il Veneto governato dal leghista Zaia e la battaglia delle opposizioni, hanno fatto desistere il partito di Salvini e di Vannacci. Ma, in ogni caso, sia alle medie che alle superiori le lezioni di educazione all’affettività avverranno solo con il consenso dei genitori, anche di quelle famiglie nelle quali manca il rispetto di genere e un’educazione alle relazioni, fino alla violenza contro le donne, proprio perché è la famiglia l’ambito nel quale i femminicidi sono più numerosi.


