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Il Bataclan ritorna a vivere con Sting

Fieri di essere qui, Sting è un simbolo ed è bene che sia lui a riaprire il Bataclan, la sala deve rivivere!

Sono alcune delle cose che mi hanno detto gli spettatori che aspettavano pazientemente l’apertura delle porte per il primo concerto dopo gli attentati del 13 novembre in cui hanno perso la vita 130 persone, 90 proprio al Bataclan. Circa 1500 persone, compresi giornalisti e familiari delle vittime, erano attesi sabato sera in questo tempio della musica parigino, chiuso ormai da un anno.

Per prevenire possibili attentati, è stato organizzato un importante dispositivo di sicurezza. Già da fine pomeriggio tutto l’isolato è stato bloccato e, dalle 19, il viale di fronte al Bataclan è stato chiuso al traffico. Impossibile avvicinarsi più di 200 metri dall’ingresso o stazionare sui marciapiedi della zona. Anche la stampa è stata tenuta a debita distanza. Ci sono volute 25 imprese e quasi 9 mesi di lavori per restituire il locale al pubblico. Tutto, all’interno, è stato ricostruito com’era prima, ad eccezione dell’ingresso, che è stato reso più luminoso, e di qualche sedia che è stata aggiunta in platea. Se è stato difficile finire i lavori in tempo per l’anniversario, è stato ancora più difficile trovare un artista che acconsentisse ad esibirsi per primo. Dopo il rifiuto di diversi cantanti francesi e internazionali, si era pensato ai Metallica o ai Cure, è stato Sting ad accettare, il 4 novembre, di inaugurare il nuovo palcoscenico. Per le persone in coda, già dalle 18 anche se il concerto era annunciato a partire dalle 21, la scelta è caduta sull’uomo giusto. Un artista “sensibile”, capace secondo i più di trasmettere quell’omaggio dovuto alle vittime ma anche di animare una sala stracolma e di celebrare la musica e la vita. Martedì mattina, i 1000 biglietti messi in vendita su sito del Bataclan sono spariti in meno di un’ora. Pochi fortunati hanno potuto approfittare di una seconda ondata di vendite giovedi’ e, per 50 euro a biglietto, hanno assistito ad un concerto storico e fatto un’opera buona: tutti gli incassi della serata, infatti, andranno alle associazioni delle vittime. Nemmeno Sting percepirà un cachet per la sua performance.

La scelta di far coincidere la riapertura del Bataclan con l’anniversario del 13 novembre è stata anche criticata da alcuni dei parenti delle vittime, che pensano sia arrivata troppo presto. A un anno di distanza, 9 persone sono ancora ricoverate e 11 beneficiano di cure in day hospital.

“Li posso capire”, ha dichiarato ai nostri microfoni una spettatrice, “ma credo anche che probabilmente per loro non ci sarebbe mai stato un buon momento per riaprire. Io credo sia giusto essere qui e credo sia giusto che la musica torni a risuonare.”

Dei 500 posti riservati, molti sono stati offerti ai sopravvissuti o ai parenti di chi ha perso la vita. Non tutti hanno accettato, le scelte di questo tipo sono molto varie e personali. Tutti, pero’, hanno approfittato di due giorni di visita privata della sala, il mese scorso, alla fine dei lavori di ristrutturazione. Per alcuni dei sopravvissuti è stato un passo in più, anche se non l’ultimo, verso il ritorno alla normalità e in molti hanno dichiarato che “era necessario tornare qui”.

Commossi ma anche elettrizzati, gli spettatori sono entrati nella sala a partire dalle 19, sotto l’occhio dei media del mondo intero. In 1500 hanno preso posto all’interno del Bataclan, sotto il palco e sulle balconate. Dopo un minuto di silenzio “per ricordare e onorare coloro che hanno perso la vita nell’attacco di un anno fa”, come ha detto Sting dal palco, hanno approfittato di più di un’ora di buona musica e hanno celebrato il ritorno alla vita di questo tempio musicale parigino.

  • Autore articolo
    Luisa Nannipieri
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    Aree interne, non piace il riferimento del governo al declino demografico: per Legambiente nell’Oltrepo pavese c’è un’inversione di tendenza

    Nuova strategia e organismi di gestione per i fondi per le aree interne fino al 2027. Lo ha deciso il governo, con poca convinzione nella possibilità di invertire lo spopolamento e il declino economico di ampie zone d’Italia, più al sud che nel centro nord. In tutto ci vivono oltre 13 milioni di persone. In Lombardia le aree interne sono Valcamonica e Valcamonica in provincia di Brescia, Val d’Intelvi in quella di Como, e l’Oltrepo pavese. Per supportare questi territori ci saranno strutture dalla presidenza del consiglio alle regioni, passando per gli enti territoriali comprensoriali che dovranno attivarsi per coordinare il lavoro in rete. Come nella precedente strategia rimangono centrali i servizi per chi vive in questi territori, dalla sanità alla scuola, passando per le connessioni digitali e i trasporti. L’invecchiamento della popolazione, secondo il documento del governo, appare maggiore in questi territori, i migranti possono aiutare a diminuire questa prospettiva, così come ci sono segnali di ripresa del commercio in alcuni territori. Fabio Fimiani ha sentito Patrizio Dolcini di Legambiente Oltrepo pavese, una delle aree interne della Lombardia.

    Clip - 01-07-2025

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    Jazz in un giorno d'estate di martedì 01/07/2025

    “Jazz in un giorno d’estate”: il titolo ricalca quello di un famoso film sul jazz girato al Newport Jazz Festival nel luglio del ’58. “Jazz in un giorno d’estate” propone grandi momenti e grandi protagonisti delle estati del jazz, in particolare facendo ascoltare jazz immortalato nel corso di festival che hanno fatto la storia di questa musica. Dopo avere negli anni scorsi ripercorso le prime edizioni dei pionieristici festival americani di Newport, nato nel '54, e di Monterey, nato nel '58, "Jazz in un giorno d'estate" rende omaggio al Montreux Jazz Festival, la manifestazione europea dedicata al jazz che più di ogni altra è riuscita a rivaleggiare, anche come fucina di grandi album dal vivo, con i maggiori festival d'oltre Atlantico. Decollato nel giugno del '67 nella rinomata località di villeggiatura sulle rive del lago di Ginevra, e da allora tornato ogni anno con puntualità svizzera, il Montreux Jazz Festival è arrivato nel 2017 alla sua cinquantunesima edizione.

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    E’ morto l’architetto Francesco Borella, per tanti il papà del Parco Nord Milano. Lo ha diretto per venti anni dagli inizi degli anni ‘80, quando lo ha progettato insieme al paesaggista Adreas Kipar. Cava dopo cava, orto spontaneo dopo orto spontaneo, aziende agricole in dismissione dopo aziende agricole a fine ciclo, ha rigenerato e riconesso con percorsi ciclopedonali l’ampia area che tra Sesto San Giovanni e Cinisello Balsamo si estende a Cusano Milanino, Cormano e ai quartieri milanesi di Affori, Bruzzano, Niguarda e Bicocca. Un parco che negli anni ‘70, quando è stato voluto con le mobilitazioni popolari, sembrava impensabile che potesse avere le presenze che ha il più noto e storico Parco di Monza. Fabio Fimiani ha chiesto un ricordo dell’attuale presidente del Parco Nord di Milano, Marzio Marzorati. Radio Popolare si stringe affettuosamente con un abbraccio ai figli Joanna, Cristiana, Giacomo e Sebastiano Borella.

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