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L’8 marzo e l’insofferenza verso la “cultura woke”

Otto Marzo

Non per riportare sempre tutto a Donald Trump, ma questo 8 marzo ci propone alcuni spunti certamente riconducibili all’avvio della sua Presidenza.
Negli Stati Uniti un ingrediente della vittoria di Trump è stata la voglia di liberarsi da certe regole introdotte ormai da decenni, regole tese alle pari opportunità ad esempio tra bianchi e minoranze, come tra donne, uomini e persone non binarie: la cosiddetta cultura woke.
La parola woke non riscuote gran simpatia nemmeno da noi in Italia. Eppure significa semplicemente “consapevolezza”. Consapevolezza che il mondo cambia, che garantire più diritti – ad esempio alle persone trans – non significa toglierli a qualcun altra, che usare un linguaggio rispettoso è banalmente giusto.
La retorica anti woke, o quella che chiamano “anti gender”, nasconde spesso la paura di accettare un orizzonte culturale diverso da quello in cui siamo cresciutə, e per moltə la nostalgia di uno schema familiare in cui la donna fa la donna e per questo è lei ad occuparsi dei figli, della casa, degli anziani da curare.
Il nostro modello economico è tuttora disegnato su questo paradigma culturale, che poi non è altro che il patriarcato. I dati più recenti ci raccontano di un tasso di occupazione femminile nettamente inferiore a quello degli altri Paesi europei, in cui ad aumentare un po’ è il lavoro per le donne over 50, perché le giovani scontano la carenza di welfare, leggi asili nido, e la diffidenza dei datori di lavoro che al primo colloquio se le immaginano già in maternità. C’è un livello di part time involontario ancora molto alto, sono donne che guadagnano poco e accantonano poco per la pensione: come potrebbero decidere di separarsi, se lo volessero, quando dipendono economicamente dai loro compagni? Il Governo Meloni ha fatto poco, ma non solo lui. Nel Pnrr c’era una certa attenzione alle politiche per le donne, ma i risultati concreti non sono ad oggi soddisfacenti.
Anche in questo 8 marzo le donne di Radio Popolare si riconoscono nello sciopero transfemminista indetto da Non Una di Meno e da alcuni sindacati di base. L’assenza è una forma di lotta, ma ci troverete in corteo a Milano e ci faremo sentire.

  • Autore articolo
    Lorenza Ghidini
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    Biometano fatto bene e transizione agroecologica per ridurre le emissioni climalteranti degli allevamenti. Legambiente e una parte del mondo degli agricoltori sta affrontando questo aspetto dell’inquinamento dell’aria della Pianura Padana. Il metano è molto più impattante sull’effetto serra dell’anidride carbonica, ottantaquattro volte in più. Se ne è discusso in un convegno alla Cascina Nascosta del Parco Sempione di Milano tra esperti scientifici, esperienze agricole e industriali, in Lombardia e Veneto, di recupero del metano dagli allevamenti. Uno dei focus è l’attenzione alle emissioni fuggitive, quelle nel ciclo del recupero primo e dopo lo stoccaggio nei reattori. Nell’Abc dei Domini Collettivi la professoressa Marta Villa dell’Università di Trento affronta Heimat, il legame con i territori di vita che accumuna gli usi civici di questi luoghi, da lasciare migliori per le generazioni future. Per Le Storie Agroalimentari Paolo Ambrosoni recensisce il libro Storie di Mozzarelle di Germano Mucchetti, un testo sulla diversità delle paste filate più famose, e i territori di produzione. Descriviamo la riscoperta e valorizzazione di grani locali e tradizionali dell’Appennino romagnolo, ma anche del Parco del Ticino milanese, nonché di antichi forni, del fattore alla Cascina Caremma di Besate, di comunità nel borgo di Morimondo e dell’adiacente Abbazia cistercense. Per gli autori fuori porta, geografie e storia dei paesaggi lombardi del Teatro Franco Parenti con la Fondazione Pierlombardo, in collaborazione con la Regione Lombardia, c’è la descrizione dell’agricoltore filologo Niccolò Reverdini dell’arazzo dedicato ai lavori in campagna di giugno, disegnato dal Bramantino ed esposto al Castello Sforzesco di Milano.

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