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Trump su Gaza: proposta di acquisto e implicazioni

Trump su Gaza

Il portavoce militare di Hamas ha detto oggi che il prossimo rilascio degli ostaggi israeliani – che era previsto per sabato 15 – è rinviato “fino a nuovo avviso” a causa della violazione da parte di Israele dei termini dell’accordo di cessate il fuoco. All’annuncio israele ha subito risposto. Il ministro della difesa Katz ha ordinato all’esercito di ‘prepararsi a ogni scenario a Gaza’ e il ministro estremista Ben Gvir ha già detto che l’unica risposta possibile è un massiccio bombardamento della striscia.
Intanto Donald Trump, dopo aver proposto la deportazione dei palestinesi, ha detto che in base al suo piano i palestinesi non avrebbero alcun diritto al ritorno e che avrebbe intenzione di comprarsi Gaza. Dietro a queste dichiarazioni, potrebbe esserci però anche un interesse economico.

Le ultime parole di Trump su Gaza – ultime al momento di scrivere questo pezzo perché a breve ne potrebbero arrivare altre – comunque le ultime dichiarazioni del presidente americano hanno aggiunto al dossier del conflitto israelo-palestinese anche un elemento di cui solitamente non si parla, e che non sembra in alcun modo determinante, l’elemento economico.
Trump si è detto pronto ad acquistare il territorio di Gaza. Nei giorni scorsi aveva parlato dello spostamente della popolazione della Striscia – provocando le critiche di mezzo mondo – ma ora cita addirittura la possibilità di comprare quel territorio, aggiungendo oltretutto che una volta spostati i palestinesi non avrebbero il diritto di tornare.

A parte il fatto che non si capisce da chi possa comprarlo, non si riesce nemmeno a immaginare con quali soldi possa farlo, a meno che non si tratti di un suo investimento personale. Non vogliamo rispondere a queste domande, ma questo passaggio ci suggerisce in ogni caso di non dimenticare, appunto, l’elemento economico. Il valore economico di quella zona del Medio Oriente, che si affaccia sul Mediterraneo sud-orientale, la Striscia di Gaza appunto.

Valore economico vuol dire soprattutto valore energetico.
Al largo di Gaza ci sono dei giacimenti di gas naturale scoperti quasi 30 anni fa, nel 1999. Sono a poco più di 30 chilometri dalla costa e si inseriscono in una zona più ampia, nel Mediterraneo Orientale, compresa tra Egitto, Gaza, Israele e Libano da una parte e Cipro dall’altra. Gli altri giacimenti vengono già sfruttati, quelli al largo di Gaza no, anche per la situazione di perenne crisi, se non di conflitto come in questo momento. Lo sappiamo bene.

In alcuni momenti Israele sembrava sul punto di permettere ai palestinesi, all’Autorità Nazionale Palestinese, di sfruttare i giacimenti di gas. Ma poi ha sempre fatto marcia indietro. E in questo ha avuto un ruolo importante anche lo scontro all’interno del fronte palestinese, e soprattutto la presa di potere a Gaza da parte di Hamas, poco più di 20 anni fa. Concedere lo sfruttamento di quei giacimenti avrebbe significato concedere risorse economiche alle autorità della Striscia.
L’ANP ha aderito nel 2015 alla Convenzione ONU per il diritto del mare e ha anche stabilito i suoi confini marittimi, proprio il mare davanti a Gaza. Ma i palestinesi non hanno uno stato e a maggior ragione Israele – che non fa parte della Convenzione per il diritto del mare – non riconosce i territori palestinesi come stato.
Qui i piani sono molteplici, ma fanno tutti parte dello stesso quadro, complesso e apparentmente senza soluzione.

Ma siamo partiti dalle parole di Trump.
Il presidente americano ha forse pensato anche al valore economico del mare di fronte alla Striscia? E magari del supporto che vorrebbe dare a Israele nel suo tentativo di diventare un importante hub energetico per l’Europa? Oltretutto in un momento nel quale l’Europa ha iniziato a fare a meno dell’energia russa?
Tutto è possibile. Teniamolo a mente.

  • Autore articolo
    Emanuele Valenti
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    Il 2 marzo il governo israeliano ordinava il blocco totale dell’ingresso di aiuti umanitari nella Striscia di Gaza. Oggi, esattamente due mesi dopo, il blocco è ancora in essere e da due mesi nella Striscia non entra niente: né cibo, né acqua, né medicinali, né carburante. La situazione peggiora giorno dopo giorno, le scorte sono ormai esaurite e la fame sta dilagando. In questo contesto di blocco totale, il più lungo che Gaza abbia mai sperimentato, dove morire di fame non è più solo un modo di dire, le ong e le organizzazioni umanitarie cercano di sopperire alle colpevoli mancanze dei governi. È in quest’ottica che la nave della Freedom Flotilla Coalition, si stava preparando a partire per Gaza carica di aiuti umanitari, con l’obiettivo di rompere l’assedio. Questa notte, però, la nave è stata colpita da due droni, che hanno fatto scoppiare un incendio e ne hanno ovviamente impedito la partenza. Abbiamo raggiunto a Malta Simone Zambrin, attivista di Freedom Flotilla, che si sarebbe dovuto imbarcare oggi per andare verso Gaza.

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    Il Comitato Sì Meazza presenta un esposto alla Corte dei conti contro il nuovo stadio

    Non è arrivata nessuna proposta alternativa. Quella presentata da Inter e Milan è rimasta l’unica offerta per l’acquisto dello stadio di San Siro e delle aree vicine al “Meazza”. Il Comune di Milano lo ha comunicato, alla mezzanotte del 30 aprile, alla scadenza dell’avviso pubblico per la raccolta di manifestazioni d’interesse. Un esito prevedibile, dal momento che la finestra è rimasta aperta per poche settimane. Ora proseguiranno i lavori della Conferenza dei servizi, già iniziati quando potevano arrivare anche altre proposte. Il fronte di chi si oppone ai piani dei due club e a come la giunta comunale sta gestendo la vicenda tenta ancora di interrompere il percorso avviato. Oggi il comitato Sì Meazza, dopo aver già fatto un esposto alla Procura, ha inviato alla Corte dei conti una segnalazione perché indaghi per danno erariale, chiamando in causa il Comune. Luigi Corbani del comitato Sì Meazza spiega perché ha depositato questa segnalazione.

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    1) Gaza senza cibo da due mesi. Il blocco israeliano agli aiuti continua indisturbato mentre la fame dilaga tra la popolazione. Nella notte colpita con droni la nave della Freedom Flotilla, che voleva portare aiuti nella striscia. (Sami Abu Omar, Simone Zambrin - Freedom Flotilla) 2) Guerra in Ucraina. Secondo le Nazioni Unite la situazione lungo il fronte è peggiorata da quando sono iniziati i negoziati per il cessate il fuoco. In esteri la testimonianza da Sumy. 3) Germania, i servizi segreti classificano Afd come partito estremista. I leader del partito rispondono: azione politica, ci difenderemo. (Alessandro Ricci) 4) L’effetto Trump sulle elezioni nel pacifico. Domani Australia e Singapore al voto. In entrambi i casi i dazi americani hanno ribaltato i sondaggi. (Lorenzo Lamperti) 5) Mondialità. La partita sul clima si gioca tra Usa e Cina. (Alfredo Somoza)

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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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