Approfondimenti

Le grandi manifestazioni contro la violenza di genere, la tenuta della fragile tregua a Gaza e le altre notizie della giornata

Il racconto della giornata di sabato 25 novembre 2023 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. Le grandi manifestazioni in tutta Italia nella giornata contro la violenza di genere, quest’anno ammantata di un particolare valore dopo il femminicidio di Giulia Cecchettin; prosegue ma con rallentamenti e minacce la tregua tra Hamas e Israele per lo scambio di ostaggi; solo un forte intervento della diplomazia occidentale può far proseguire il cessate il fuoco oltre la scadenza stabilita; l’ultimo attacco russo sembra essere stato uno dei più pesanti dall’inizio della guerra in Ucraina.

La grandi manifestazioni contro la violenza di genere

In tante città italiane, grandi e piccole, oggi donne e uomini sono scesi in piazza per la giornata contro la violenza di genere. A Milano, in mattinata, sotto il Castello Sforzesco si sono radunate 30mila persone. Nel pomeriggio si è svolta la manifestazione principale a Roma. LA nostra inviata Anna Bredice:

Alle 14 non solo era già pieno il grande prato del Circo Massimo, ma le persone arrivavano come un flusso continuo da tutte le parti, dalle metropolitane che hanno dovuto rallentare le corse per la gente che c’era sulle banchine, dalle altre strade. E così, dal primo colpo d’occhio si capiva già che sarebbe stato un successo. Quel numero, 500 mila persone che le organizzatrici hanno potuto fare solo verso le 17, quando hanno potuto realizzare che il camion che doveva aprire il corteo era solo a metà, perché migliaia di persone si erano già mosse verso San Giovanni, quel numero è reale, una partecipazione compatta, quasi non si camminava, fatta di donne, giovani e meno giovani, ragazze e soprattutto uomini, tanti, molti più che nel passato, insieme alle loro compagne, oppure studenti insieme alle studentesse. Da Roma principalmente, ma anche da altre città, hanno voluto essere al Circo Massimo, il richiamo è stato di “Non una di meno”, ma oggi in strada, soprattutto le ragazze più giovani con i volti dipinti di fucsia, sono scese in manifestazione per ricordare Giulia e dire Basta, raccontavano di averlo fatto dopo aver lavorato nelle loro scuole su questo caso, osservando un minuto di silenzio che ovunque è diventato un minuto di rumore. E il rumore oggi c’era, nelle chiavi che hanno scosso quando sono passate sotto al Colosseo, nelle canzoni tutte di donne, negli slogan. Politici pochi, neanche visti in mezzo a quella marea, da Perugia dove era in mattinata, è arrivata Elly Schlein per esserci, ma i protagonisti oggi erano le donne, gli uomini e anche i bambini, anche due bambine di cinque anni, con un megafono da cui gridavano “siamo donne”.

Proprio oggi, Filippo Turetta, l’autore del femminicidio della ex fidanzata Giulia Cecchettin, è stato estradato dalla Germania. È stato portato nel carcere di Verona dove è stato recluso nella sezione detenuti protetti.

Prosegue con difficoltà la tregua nella Striscia di Gaza

Nella seconda giornata di tregua sta tardando il secondo scambio tra Israele ed Hamas. Hamas accusa Israele di aver violato gli accordi sulla lista delle persone da rilasciare ed impedendo l’arrivo di aiuti nel nord di Gaza, ed avverte che la liberazione non avverrà fino a quando gli israeliani non rispetteranno i patti. Tel Aviv nega e avverte che senza liberazione degli ostaggi riprenderà subito la guerra.

Oggi dovevano essere rilasciate altre 13 o 14 persone fatte ostaggio nell’attacco del 7 ottobre ed altri 39 o 42 cittadine e cittadini palestinesi che Israele tiene recluse in carcere. Le informazioni nel corso della giornata erano state frammentarie e confuse: nel pomeriggio un portavoce dell’esercito israeliano aveva detto che gli ostaggi erano stati consegnati alla croce rossa. Anche Hamas aveva parlato della procedura iniziata e poi interrotta per il mancato rispetto degli accordi da parte di tel Aviv.

Nella striscia di Gaza non si spara, sono entrati anche dei camion di aiuti ma non quanto concordato, secondo Hamas. Israele continua a bloccare i palestinesi che da sud cercano di tornare a nord. L’Egitto sarebbe intervenuto per provare a risolvere i contrasti di queste ore, dopo che nel pomeriggio dal Cairo avevano fatto sapere di aver ricevuto dalle due parti “segnali positivi” su un possibile proseguimento del cessate il fuoco oltre i 4 giorni, che  però resta un’ipotesi complicata, come dimostrano i fatti di queste ore .

Il cessate il fuoco non sembra destinato a durare oltre il limite stabilito

(di Emanuele Valenti)

La diplomazia occidentale sta spingendo per un prolungamento della tregua. Anche Biden si è detto fiducioso. Ma salvo grossi imprevisti la pausa nei combattimenti e nei bombardamenti di questi giorni rimarrà appunto solo una pausa. E la fase successiva della guerra potrebbe essere ancora più dura della precedente, visto che una buona parte dei leader di Hamas si sarebbe spostata nel sud di Gaza, come la maggior parte della popolazione civile.

Entrambe le parti non sembrano pronte e interessate a fermare qui la guerra.
Netanyahu ha presentato questa guerra come una battaglia tra il mondo civilizzato e i responsabili di atti barbarici – i miliziani di Hamas, che vuole eliminare fino all’ultimo uomo. Difficile quindi che non vada fino in fondo. Fermarsi adesso potrebbe anche voler dire la rivolta dei ministri dell’estrema destra religiosa ed elezioni anticipate con una sua sconfitta.
La stessa società israeliana sembra entrata e ancora completamente sommersa in una modalità di guerra assoluta.

Dall’altra parte c’è Hamas, che come abbiamo già detto altre volte si auto-alimenta in uno stato di guerra e non riconoscerà mai Israele. E che ha proprio negli ostaggi uno strumento per fare pressione sul nemico, anche per ottenere la liberazione di diversi suoi detenuti nelle carceri israeliane.
Con il rilascio di donne, bambini, anziani e cittadini stranieri otterrà tre obiettivi. Potrà presentare molto più facilmente gli altri – uomini e militari – come prigionieri di guerra. Potrà essere criticata un po’ meno almeno da una parte della comunità internazionale. Semplificherà infine la gestione logistica degli ostaggi, che potranno essere movimentati più facilmente con un minore impiego di risorse.

Con le parti così distanti e così poco interessate a un vero cessate il fuoco molto potrebbe dipendere dalle mosse degli attori esterni. Se e quando l’Occidente chiederà sul serio a Netanyahu di fermarsi. Se e quando i paesi arabi accetteranno qualche responsabilità per la sicurezza dei territori palestinesi.

L’Ucraina tra gli attacchi russi e le difficoltà interne

Tra la notte scorsa e stamattina la Russia ha attaccato diverse zone dell’Ucraina. Diversi testimoni hanno parlato dell’attacco più duro dall’inizio della guerra, in particolare sulla capitale Kyev. Ci sarebbero 5 feriti.

La guerra resta in una fase di stallo. Oltre allo scontro militare con la Russia, l’amministrazione Zelensky deve far fronte ai contrasti interni, anche con i comandi militari, e dovrà battagliare per ottenere un nuovo pacchetto di aiuti militari e finanziari dagli Usa. Ormai in campagna elettorale, e la certezza dell’avvio del negoziato per l’ingresso nell’UE.

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    Pubblica di giovedì 06/11/2025

    Un anno di Trump (dopo i primi quattro dal 2016). Il 6 novembre 2024 il tycoon veniva rieletto alla Casa Bianca con una maggioranza risicata, poco più di 2 milioni di voti su 156 milioni di schede votate. In un anno Trump ha trasformato il declino di una superpotenza - gli Stati Uniti degli ultimi anni - in una forza aggressiva contro paesi e principi che erano stati amici dal dopoguerra ad oggi. Trump e il tramonto della relazione privilegiata americana con l’Europa; Trump e il tramonto delle garanzie democratiche dello stato di diritto. Nel primo anniversario del ritorno di Trump alla Casa Bianca è arrivata l’elezione del sindaco di New York Zohran Mamdani. Ecco un passaggio del suo discorso della vittoria: «la saggezza convenzionale direbbe che sono ben lontano dall’essere il candidato perfetto. Sono giovane, nonostante i miei sforzi per invecchiare. Sono musulmano. Sono un socialista democratico. E, cosa ancora più grave, mi rifiuto di chiedere scusa per tutto questo». Pubblica ha ospitato Ida Dominijanni, giornalista e saggista, fa parte del direttivo del Centro per la Riforma dello Stato. Ha insegnato filosofia politica e teoria femminista all’università di Roma Tre ed è stata ricercatrice alla Cornell University (NY).

    Pubblica - 06-11-2025

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    Alla Cop l'assemblea dei popoli chiede giustizia climatica

    A Belèm in Brasile lunedì si apre la Cop30 per il clima per cercare di tenere insieme la lotta al riscaldamento globale sotto i colpi del negazionismo di Trump e delle guerre; insieme alla Cop nella città amazzonica si riuniscono migliaia di rappresentanti di movimenti e organizzazioni sociali per elaborare proposte sulla crisi climatica, a partire da quelle relative all'Amazzonia e ai popoli che la abitano. Si chiama Cupola dos Povos ovvero "cupola dei Popoli", e non è la prima volta che si riunisce anzi, è una tradizione. Come ci racconta una delle leader del movimento indigeno brasiliano Sila Mesquita Apurina intervistata da Sara Milanese.

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    Trasmissione trisettimanale, il lunedì dedicata all’America Latina con Chawki Senouci, il mercoledì all’Asia con Diana Santini, il giovedì all’Africa con Sara Milanese.

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    Gaza, l’Onu chiede cibo e tende per l’inverno, ma Israele continua a demolire edifici con raid aerei

    Gaza, l’Onu chiede cibo e tende per l’inverno, ma Israele continua a demolire edifici con raid aerei “A Gaza mancano cibo e rifugi, bisogna aprire il valico di Rafah”: è l’ennesimo appello che l’Onu rivolge a Israele. A quasi un mese dall’entrata in vigore del cessate il fuoco, nella Striscia entra ancora solo una minima parte degli aiuti previsti; le agenzie umanitarie denunciano che Israele impedisce l’ingresso anche a tende, coperte e rifugi. I palestinesi della Striscia, in gran parte sfollati, non sono in condizione di affrontare la stagione fredda che si avvicina. L’esercito però, in violazione del cessate il fuoco, continua l’opera di demolizione degli edifici: dall’alba sono in corso raid aerei sui quartieri orientali di Gaza City. A livello diplomatico intanto gli Stati Uniti, intanto, portano avanti il loro piano per Gaza presso il consiglio di sicurezza dell’Onu: nelle scorse ore la risoluzione che autorizza la Forza internazionale di stabilizzazione è stata presentata anche ai paesi arabi coinvolti nel processo di mediazione tra Hamas e Israele. Da Deir al Balah, la testimonianza di Nicolò Parrino, responsabile logistica di Emergency a Gaza, intervistato da Chawki Senouci.

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    Monica Frassoni, presidente della Alleanza europea del risparmio energetico, commenta l’accordo raggiunto a Bruxelles per gli obiettivi climatici 2040 (90% riduzione delle emissioni ma con 5% di "sconto" ovvero di crediti di carbonio che si possono spendere in progetti di riforestazione in giro per il mondo). Sara Milanese presenta l'incontro dei presidenti a Belém in Brasile come prologo della Cop30 per il clima che inizia lunedì nella citta amazzonica e ci fa ascoltare Sila Mesquita Apurina una delle leader dell'Alleanza delle comunità indigene che organizza la "cupola dei Popoli, l'incontro che da 30 anni porta avanti le istanze dal basso delle società civili, indigene e non. Caterina Pozzi, presidente del CNCA (Coordinamento Nazionale Comunità Accoglienti) ci racconta della contro-conferenza su droghe e dipendenze mentre apre domani quella del governo che rivendicherà l'approccio punitivo e proibizionista. Infine, Alessandro Diegoli rilancia al staffetta 50e50 non solo in Lombardia ma in tutto il mondo.

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