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“Mythologies”: il debutto solista di Thomas Bangalter dei Daft Punk

Mythologies - Thomas Bangalter

I Daft Punk sono un duo francese di musica elettronica, che si è costituito nel 1993 e si è sciolto nel 2021. La loro matrice musicale è stata rappresentata dal movimento della musica house d’oltralpe degli anni novanta; i Daft Punk hanno mescolato elementi della house music con elementi e recuperi da altri generi, pescando anche negli anni settanta e ottanta: rock, disco, funk, techno, pop elettronico. I Daft Punk hanno avuto grande successo a livello internazionale, e sono considerati uno dei più importanti esempi di musica dance degli ultimi decenni. Questo mese è uscito Mythologies, il primo album solista realizzato dopo la chiusura della loro fortunata esperienza comune da Thomas Bangalter, uno dei due componenti dei Daft Punk: si tratta della musica allestita da Bangalter per lo spettacolo di balletto dallo stesso titolo del coreografo francese di origine albanese Angelin Peljocaj. Il titolo è lo stesso di un epocale libro di Roland Barthes pubblicato nel 1957: e la impegnativa coincidenza non è probabilmente del tutto casuale, visto che il lavoro di Peljocaj, presentato a Bordeaux nel 2022, richiama antichi miti come quello di Icaro ma vuole anche perlustrare alcuni rituali contemporanei che abitano l’immaginario. La musica concepita da Bangalter non potrebbe essere più lontana da quella che ha reso celebri i Daft Punk: l’album di Bangalter è pubblicato dalla Erato/Warner Classics, e infatti si tratta di musica orchestrale, che si ispira alla tradizione della musica sinfonica e ad altri aspetti della musica classica europea. Ma non è solo sul piano della musica in sé che, due anni dopo l’annuncio dello scioglimento del sodalizio con Guy-Manuel de Homem Christo, Bangalter con questa uscita personale marca una decisa soluzione di continuità rispetto ai Daft Punk. Dopo essersi negli anni novanta camuffati con maschere o altro, a partire dal loro secondo album Discovery, pubblicato nel 2001, i Daft Punk avevano cominciato ad indossare dei caschi e dei costumi che li facevano apparire come dei robot; quella di nascondere il viso – così come di rilasciare pochissime interviste – era stata una scelta dettata anche dal desiderio di evitare una esposizione che potesse portare ad una eccessiva pressione sulla propria vita personale: i loro volti non erano del tutto sconosciuti ma neanche così noti. Ma la trovata è risultata efficace nel comunicare una suggestione congeniale al tipo di musica elettronica proposta dai Daft Punk, con un’immagine di tipo appunto robotico, macchinico. Ma adesso Bangalter ha avviato la promozione di Mythologies presentandosi agli intervistatori con la sua faccia: e c’è una evidente corrispondenza tra la scelta di impiegare un’orchestra e quella di rinunciare al casco, e la spiegazione non è da cercare solo nel desiderio in sé di staccarsi dall’estetica Daft Punk. Chi avrebbe potuto immaginare che dietro il casco da robot o da astronauta Bangalter celasse delle forti cautele sulle nuove tecnologie? Ad un giornalista che gli ha chiesto dell’intelligenza artificiale, Bangalter ha risposto: “i miei timori sull’affermazione dell’intelligenza artificiale vanno al di là del suo uso nella musica”. Con 2001 Odissea nello spazio Kubrick secondo Bangalter aveva già posto le domande giuste: “domande che dobbiamo porre a proposito della tecnologia e dell’obsolescenza dell’essere umano”. Per Bangalter Daft Punk voleva rappresentare l’esaltazione di un uso umanistico delle tecnologie: certo però l’apparenza non rendeva questo significato così leggibile. Adesso ha deciso di uscire dall’ambiguità. Di uscire anche dalla sua comfort zone artistica: Bangalter in questa sua nuova fase musicale fa a meno del casco e anche della cintura di sicurezza.

  • Autore articolo
    Marcello Lorrai
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