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Iran, cosa sappiamo sugli avvelenamenti alle studentesse

Iran - una studentessa iraniana protesta contro gli avvelenamenti nelle scuole femminili iraniane

“Era l’ora di educazione fisica – racconta una ragazza – nessuno si è presentato quindi siamo andate all’ingresso e abbiamo sentito un odore forte come di profumo”.
“Ho una grande sensazione di torpore in tutto il mio corpo – spiega un’altra intervistata mentre è sdraiata su un lettino d’ospedale – non potevo camminare”.
Anche un’insegnante si è sentita male dopo aver sentito uno strano odore a scuola: “tutte le studentesse hanno avuto i miei stessi sintomi – dice – avevano la tosse, qualcuna sentiva gli occhi bruciare e tutte erano molto spaventate”.
Quello che raccontano, è quello che centinaia di altre ragazze hanno denunciato negli ultimi mesi. Più di mille studentesse, da novembre ad oggi, hanno subito attacchi da avvelenamento lieve. Il primo caso risale appunto a novembre 2022, ma la notizia ha iniziato a circolare solo recentemente. Inizialmente erano 200 studentesse di diverse scuole femminili nella città sacra di Qom, poi gli attacchi si sono diffusi anche in altre città, colpendo decine di scuole scuole in tutto l’Iran: dalla capitale Teheran, a Isfahan fino ad Ardabil, nel nord ovest del paese.
L’Ayatollah Khamenei ha chiesto che gli autori degli avvelenamenti delle studentesse siano puniti, definendolo un “crimine grave e imperdonabile”.
Khamenei è solo l’ultimo dei leader del paese a parlare della questione, che dopo mesi di silenzio – quando la notizia si è diffusa sui media internazionali – hanno iniziato a fare dichiarazioni. Il viceministro della Salute Panahi aveva confermato qualche settimana fa che gli attacchi erano intenzionali, mentre il presidente Raisi ha accusato un generico “nemico straniero” di cospirare contro l’Iran. Secondo molti osservatori, però, attacchi del genere sarebbero una risposta estremista – forse con tacita approvazione dello Stato – alle proteste guidate da donne e ragazze che hanno sconvolto l’Iran dalla morte di Mahsa Amini a settembre.
In realtà, se ci si attiene ai fatti, la situazione non è molto chiara. A rendere tutto più complicato, c’è il fatto che l’Iran non è l’Afghanistan. Il diritto all’istruzione delle ragazze non è mai stato messo in discussione e, anzi, è parte integrante della società iraniana: dal 2011, le donne hanno superato gli uomini nei campus universitari e la Banca Mondiale dice che l’alfabetizzazione femminile è passata dal 26% nel 1976, prima della rivoluzione islamica, all’85% nel 2021. Per questo una repressione di questo tipo, non è di così facile interpretazione. Una linea di pensiero crede che gli attacchi siano condotti da estremisti religiosi che approfittano della complicata situazione politica per portare avanti la loro visione misogina dell’educazione delle donne, ispirandosi forse ai talebani in Afghanistan che portarono avanti attacchi del genere – con il dichiarato scopo di allontanare le ragazze dalle scuole – già tra il 2000 e il 2010.
Certamente il contesto politico iraniano in questo momento non è ignorabile, e non si può escludere che il regime – se anche non fosse il mandante – possa aver scelto di chiudere un occhio e lasciar fare chi – di fatto – sta contribuendo a generare terrore tra donne e ragazze, in prima linea nelle proteste.
La difficoltà dei giornalisti indipendenti a lavorare nel paese rende complicato raccogliere informazioni precise e attendibili su quanto sta accadendo, ma si può considerare qualche elemento fattuale.
Per prima cosa, sulle sostanze utilizzate per l’avvelenamento. Secondo alcuni medici che hanno curato le ragazze, il gas utilizzato non è particolarmente sofisticato, ma si tratterebbe di sostanze usate in agricoltura come pesticidi. Cosa che renderebbe fattibile anche l’opzione di “crimini emulativi”: potrebbero non essere stati commessi tutti dalle stesse persone, quindi, ma da imitatori, forse spinti dal clima politico, che non è certamente considerabile una mera coincidenza.
Secondo alcuni, poi, alcuni dei casi potrebbero essere il prodotto di una suggestione di massa, quindi con sintomi che si diffondono senza una chiara causa biomedica, dove la dura repressione dei manifestanti potrebbe essere una possibile causa scatenante.
In altri casi, però, alcuni testimoni hanno raccontato di aver visto persone lanciare oggetti sospetti dentro i cortili delle scuole, e molte delle ragazze hanno raccontato di aver sentito un odore forte prima di sentirsi male.
L’unica cosa certa, ad ora, è che questi attacchi hanno scatenato una nuova ondata di indignazione tra la popolazione e i manifestanti hanno già proclamato nuove proteste in occasione della giornata della donna, l’8 marzo.
I genitori delle ragazze e gli attivisti ora chiedono un’indagine approfondita, ma in pochi credono che ciò avverrà. Anche ammesso e non concesso che il regime non sia coinvolto in questi attacchi, Human Rights Watch fa notare che le autorità iraniane hanno pessimi precedenti quando si tratta di indagare sulla violenza contro le donne e le ragazze, che nella maggior parte dei casi rimane impunita. E questo fatto, da solo, renderebbe il regime complice di quanto sta accadendo.

  • Autore articolo
    Martina Stefanoni
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    Il Comitato Sì Meazza presenta un esposto alla Corte dei conti contro il nuovo stadio

    Non è arrivata nessuna proposta alternativa. Quella presentata da Inter e Milan è rimasta l’unica offerta per l’acquisto dello stadio di San Siro e delle aree vicine al “Meazza”. Il Comune di Milano lo ha comunicato, alla mezzanotte del 30 aprile, alla scadenza dell’avviso pubblico per la raccolta di manifestazioni d’interesse. Un esito prevedibile, dal momento che la finestra è rimasta aperta per poche settimane. Ora proseguiranno i lavori della Conferenza dei servizi, già iniziati quando potevano arrivare anche altre proposte. Il fronte di chi si oppone ai piani dei due club e a come la giunta comunale sta gestendo la vicenda tenta ancora di interrompere il percorso avviato. Oggi il comitato Sì Meazza, dopo aver già fatto un esposto alla Procura, ha inviato alla Corte dei conti una segnalazione perché indaghi per danno erariale, chiamando in causa il Comune. Luigi Corbani del comitato Sì Meazza spiega perché ha depositato questa segnalazione.

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    1) Gaza senza cibo da due mesi. Il blocco israeliano agli aiuti continua indisturbato mentre la fame dilaga tra la popolazione. Nella notte colpita con droni la nave della Freedom Flotilla, che voleva portare aiuti nella striscia. (Sami Abu Omar, Simone Zambrin - Freedom Flotilla) 2) Guerra in Ucraina. Secondo le Nazioni Unite la situazione lungo il fronte è peggiorata da quando sono iniziati i negoziati per il cessate il fuoco. In esteri la testimonianza da Sumy. 3) Germania, i servizi segreti classificano Afd come partito estremista. I leader del partito rispondono: azione politica, ci difenderemo. (Alessandro Ricci) 4) L’effetto Trump sulle elezioni nel pacifico. Domani Australia e Singapore al voto. In entrambi i casi i dazi americani hanno ribaltato i sondaggi. (Lorenzo Lamperti) 5) Mondialità. La partita sul clima si gioca tra Usa e Cina. (Alfredo Somoza)

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