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Precarie da 15 anni e costrette a turni impossibili: la denuncia delle operaie in appalto del salumificio Beretta

Manifestazione operaie Beretta

Arrivando a Trezzo sull’Adda, i cartelloni pubblicitari della Fratelli Beretta sono quasi ovunque. Occupano le aiuole delle rotonde, fin da subito danno l’idea di una presenza forte e radicata nel territorio. Un’azienda nota in tutta Italia e non solo, nata più di 200 anni fa da una bottega di Barzanò, nel lecchese, un pezzo di storia dell’imprenditoria lombarda. Dietro le immagini familiari dei salumi e gli slogan, si muovono però vicende ben poco rassicuranti.
Dalla scorsa primavera, la procura di Milano indaga per frode fiscale. La Guardia di finanza di Lecco ha sequestrato beni per un valore di 4 milioni di euro, di mezzo ci sono la gestione del personale dello stabilimento principale di Trezzo e accuse di caporalato. A subire le conseguenze più pesanti è un gruppo di una trentina di operaie, tutte donne. Molte di loro lavorano lì da 15 anni, passano da un appalto all’altro, senza mai essere assunte. A lungo hanno lavorato in linea fianco a fianco agli operai in somministrazione, impiegati tramite agenzie, e accanto ai dipendenti del salumificio. Spesso svolgono le stesse mansioni, ma invece del contratto del settore alimentare viene dato loro quello dei multiservizi, con paghe inferiori e minori tutele.

Dopo l’intervento della magistratura, la Fratelli Beretta ha cambiato l’appalto della The Workers, la ditta accusata di essere un “serbatoio” di manodopera, si è rivolta alla Mpm S.p.A.. Le operaie dicono però che le condizioni di lavoro non sono per niente migliorate, anzi. Regolarmente hanno turni a chiamata, riposi forzati alternati a orari inconciliabili con la vita familiare, gli stipendi continuano ad arrivare ai 1300 euro al mese solo con gli straordinari. Il sindacato a cui sono iscritte, lo Slai Cobas, ha presentato un nuovo esposto alla Guardia di finanza di Lecco per chiedere di fare luce anche su questo nuovo appalto.

Le operaie cercano di organizzarsi per migliorare la loro condizione, rivendicare diritti che dicono essere calpestati. Da tempo hanno iniziato ad accusare problemi di salute, a ogni turno ripetono sempre gli stessi movimenti per ore e ore, raccontano. Testimonianze che sembrano appartenere a un’altra epoca e invece provengono da un’azienda che fattura centinaia di milioni di euro. Un pezzo di storia dell’imprenditoria lombarda.

Le voci delle operaie in appalto del salumificio Beretta

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    Luca Parena
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    Fa troppo caldo: scioperano i lavoratori della Emmegi, che costruisce condizionatori a Cassano d’Adda

    Troppo caldo, lavoratori in sciopero. 36 gradi nel capannone dove si producono componenti per i condizionatori. Il paradosso è che, in quella ditta, si producono scambiatori di calore, componente fondamentale per gli impianti di climatizzazione. Che però, nei capannoni della Emmegi di Cassano d’Adda, non ci sono. La conseguenza, temperature roventi, che superano i 36 gradi, e condizioni di lavoro inaccettabili. Per questo lavoratori e lavoratrici stanno scioperando, per ottenere almeno un po’ di refrigerio, che però al momento viene negato dalla proprietà, che anzi ha incaricato un consulente per farsi dire che “la temperatura è acettabile”. Maurizio Iafreni è Rsu Fiom alla Emmegi e responsabile della sicurezza: (foto Fiom Cgil)

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