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A morte la morte! Guarda che lune del 10 ottobre

Rider ANSA

A morte la morte. Quando così tanti lavoratori muoiono in assenza di uno scandalo vuole dire che ormai si sottintende “accettabile” morire sul lavoro. Ma come reagirebbero i media se ogni santo giorno in Italia morisse un docente universitario, un chirurgo o magari un politico? Farebbero ancora finta di niente? Ricordiamo Sebastian Galassi e lo facciamo anche con una campagna appena uscita in Nuova Zelanda che si chiama The Last Performance nella quale i morti tornano in vita per dirci qualcosa.

Riusciremo a fare parlare i nostri morti? Il governo dovrebbe cominciare a vedere la luce in questi giorni e si moltiplicano le ironie su quel “pronti” della campagna elettorale di Giorgi Meloni, pronta sì a strizzare l’occhio a tutte le destra più antisociali e antieuropeisti, ma meno a governare la crisi.

Una delle parole usate per la crisi della sinistra in cerca di partiti, leader ecc. è leggerezza, anche questo uno slogan stantio (come scegli), visto che lo hanno usato decine di marche per dire: vivi con leggerezza, libera la tua sete di leggerezza, e puoi ripartire in leggerezza, voglia di leggerezza?, la semplicità è leggerezza, tutto il gusto della leggerezza, spazio alla leggerezza. La serie di spot:

Un tema fondamentale per Guarda che Lune ha vinto il Nobel per la pace: la memoria. Di cui tra parentesi abbiamo un gran bisogno. Lo ha vinto Memorial che si occupa proprio di memoria civile, dell’Unione Sovietica e difende i diritti civili con iniziative come quella raccontata in questo articolo su Il Foglio.

Far rivivere la memoria è quanto di più politico ci sia: non a caso nel dicembre 2021 il governo putiniano ha chiuso Memorial. La potenza della comunicazione dei senza potere si sta evidenziando nella solidarietà tra le donne iraniane che si tagliano una ciocca di capelli, lo stanno facendo anche tante star in Francia. È una lotta che usa tutti gli strumenti dei senza potere, ha un’idea semplice e forte, ha uno slogan: “donna, vita, libertà”, ha un inno, Baraye (che vuole dire “per”) scritta dall’artista Shervin Hajipour sui perché della protesta, e c’è anche l’appoggio dei militanti digitali che cercano di eludere la repressione online facendo circolare notizie e video nonostante il tentativo del governo di bloccare app come Signal o Whatsapp. Sono i figli e i nipoti di generazioni di lotte (vi segnaliamo il recupero degli artisti iraniani di New York della musica anni settanta). La svolta di Biden sulla marijuana arriva in contemporanea con questa campagna per la depenalizzazione della cannabis che si chiama Questionable Laws e mette in fila un po’ di leggi davvero curiose e tuttora in vigore che si possono incontrare in giro per il mondo. Da guardare!

https://www.youtube.com/watch?v=-mMhnsRr2H8&t=79s

E infine il Napoli in testa al campionato italiano di calcio è una notizia da trattare all’estero, meno in Italia dove la Gazzetta oggi apre sul Milan che ha giocato due giorni fa. Pochi lettori al Sud? Vale anche per gli altri media. Segnaliamo, quindi e infine, questo ironico– e leggerissimo – canto dei tifosi della Salernitana che agli insulti razzistoidi (“puzza di pesce, si sente puzza di pesce”, urlano le tifoserie delle grandi città quando vanno a Salerno, ma anche a Genova o in altre città i mare) rispondo in coro così:

  • Autore articolo
    Claudio Jampaglia
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    con Anna Negri sul documentario “Toni mio padre”; Francesco Fei su “Piero Pelù rumore dentro”; Alessandro Genovesi e Valentina Lodovini regista e interprete di “Una famiglia sottosopra”; Lino Guanciale parla di “Il Commissario Ricciardi”. Estratto dall’incontro con Soahil Dahdal e Rehab Nazzal, vincitori del Nazra Palestine Short Film Festival, nell’auditorium di Radio Popolare (2). Tra le uscite: “Un semplice incidente” di Jafar Panahi; “Siamo in un film di Alberto Sordi?” di Steve Della Casa e Caterina Taricano; “Anemone” di Ronan Day-Lewis.

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