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Giordania. Lo scrittore lasciato solo

La famiglia dello scrittore Nahed Hattar, ucciso oggi ad Amman in un agguato, accusa le autorità giordane. “E’ stato il primo ministro Hani Al Mulki a chiedere il suo arresto, a ordinare un processo e ad fomentare le accuse contro di lui. E’ questo clima che ha portato al suo omicidio” ha dichiarato Saad Hattar, cugino dello scrittore.

La colpa di Nahed Hattar 56 anni, cristiano che però si dichiarava “non credente”, era stata quella di condividere su Facebook una vignetta che ridicolizzava lo Stato Islamico.

Nel disegno, di autore ignoto, si vedeva un comandante dell’Isis mentre se la spassava in Paradiso fra donne fumo e alcool. La vignetta si intitolava “Il Dio di Daesh” perché nel disegno il terrorista chiedeva a Dio di portargli una birra.

Sui social media giordani Hattar era subito stato accusato di ridicolizzare l’Islam. Lo scrittore aveva cancellato il post dalla sua pagina, spiegando che il suo intento era prendere in giro non i musulmani, ma i terroristi di Daesh. Pur dichiarandosi “non credente”, aveva ripetuto di rispettare i fedeli di tutte le religioni.

Sarebbe stata una polemica circoscritta ai social media, se le autorità giordane non avessero emesso un ordine di cattura contro Hattar, accusandolo di alimentare divisioni, odio e settarismo e di diffondere “materiale inteso a colpire il sentimento e il credo religioso”.

Lo scrittore si era subito consegnato alla polizia ed era stato diversi giorni in carcere. Ma poi, proprio prima delle elezioni parlamentari del 20 settembre, era stato rilasciato su cauzione. Le autorità giordane non avrebbero fatto una bella figura ad avere uno scrittore dietro le sbarre proprio mentre tentavano di presentare come “trasparenti e corrette” le elezioni del 20 settembre scorso.

Quando è stato ucciso, Hattar stava salendo le scale del tribunale di Amman per assistere alla prima udienza sul suo caso. Un uomo vestito con l’abito tradizionale giordano gli ha sparato tre colpi di pistola alla testa. Due fratelli di Hattar che accompagnavano lo scrittore hanno inseguito il killer e l’hanno consegnato alla polizia.

Le autorità l’hanno identificato come un cittadino giordano di 49 anni, già noto per essere un estremista. L’uomo avrebbe ammesso di aver sparato ad Hattar proprio per quella vignetta condivisa su Facebook.

Lo scrittore è morto durante il tragitto verso l’ospedale. I famigliari – in segno di protesta – hanno rifiutato di portare a casa il corpo. Sostengono che le autorità giordane avrebbero dovuto proteggere Hattar, che riceveva continue minacce di morte. La famiglia dice di aver consegnato al governatore di Amman una lista con 200 nomi di presunti autori di minacce, ma nessun provvedimento contro di loro è stato preso.

Il governo ha condannato l’omicidio di Hattar come un “atto ignobile”, ma senza fare cenno alcuno alla libertà di espressione. Anche l’Islamic Action Front, il partito islamista legato ai Fratelli Musulmani, ha condannato l’agguato, dimenticando che proprio la Fratellanza aveva chiesto a gran voce l’arresto e la condanna dello scrittore.

Hattar era una figura nota ma anche controversa della scena politica giordana. Da sempre sostenitore del dittatore siriano Bashar Assad, considerava tutti gli oppositori siriani – anche quelli laici – dei “terroristi”. In passato si era scagliato contro i giordani di origine palestinese, chiedendo che fossero spogliati dei loro diritti civili.

Ultimamente, anche il suo avvocato di sempre l’aveva lasciato solo, spiegando che dopo la pubblicazione di quella vignetta non se la sentiva più di difendere lo scrittore in Tribunale.

Diversi attivisti della società civile scrivono di essere scioccati per l’omicidio anche se non condividevano “neppure una parola di quello che Hattar diceva”.

Daud Kuttab, giornalista e direttore della Rete de Media Comunitari, ha spiegato ad Al Jazeera che l’omicidio di Hattar ora crea un clima in cui chi esprime idee “sgradite” a qualcuno o al governo è suscettibile di omicidio.

Intanto, sui social media giordani, tanti inneggiano al killer, e chiamano l’omicidio “una giusta punizione” contro lo scrittore. Solo alcuni esprimono la loro condanna e preoccupazione per la deriva estremista che può travolgere il paese.

Il partito legato ai Fratelli Musulmani ha ottenuto un quarto dei voti nelle elezioni del 20 settembre, ma solo il 12% dei deputati, grazie a un sistema di assegnazione dei seggi che privilegia le zone rurali a scapito delle città.

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    L'uccisione negli Usa di Charlie Kirk rischia di innescare un incendio che travalica i confini americani. Da subito la destra “globale” ha lanciato in quasi in tutto l’occidente una campagna contro la sinistra – a tutte le latitudini e senza distinzioni - accusandola di essere complice se non responsabile di quella morte. È un passo in più, nel paradosso in cui siamo immersi: chi ha alimentato campagne di odio ora accusa gli altri di fomentarlo. Una confusione da cui sarebbe necessario uscire rimettendo in fila i fatti, le cause, gli effetti e il loro intreccio. L'intervista di Massimo Bacchetta a Federico Faloppa, docente di “linguaggio e discriminazione” all’Università di Reading (UK), prova a farlo. Federico Faloppa è anche referente scientifico per la “Rete per il contrasto ai discorsi e fenomeni d’odio”.

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    Le dita mozzate: un “very cold case” preistorico che indaga la sottomissione femminile

    Edizioni le Assassine pubblica e continuerà a pubblicare letteratura gialla nei suoi molteplici sottogeneri, proponendo e riscoprendo autrici del presente e del passato. L'obiettivo è quello di mettere in luce la capacità dello sguardo femminile di descrivere, decifrare e interpretare vari contesti sociali, senza mai sacrificare la suspense che è tipica di questo genere. Con gli stessi obiettivi, nasce ora la nuova collana Sisters, che apre a voci inedite in grado di creare storie appassionanti e memorabili, portando il lettore su sentieri narrativi inaspettati. Il primo titolo di Sisters è "Le dita mozzate" di Hannelore Cayre, un noir atipico in cui il nostro passato remoto diventa lo sfondo perfetto per indagare la nascita della sottomissione femminile e le sue origini, ambientato nella preistoria ispirandosi alla scoperta, avvenuta in Francia esattamente quarant'anni fa, della famosa Grotta Chauvet, con le sue pareti ricoperte di misteriose impronte di mani femminili mutilate. Ne ha parlato a Cult la traduttrice Simonetta Badioli.

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    a cura di Davide Facchini. Per le playlist: https://www.facebook.com/groups/406723886036915

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