Approfondimenti

Il “mumble mumble” del G20 a Roma, le terze dosi di vaccino, ancora no green pass e le altre notizie della giornata

Il racconto della giornata di domenica 31 ottobre 2021 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. Per i potenti della terra, l’emergenza ambientale non è un’emergenza. Nella bozza di intesa finale sul clima al vertice del G20 di Roma si prevede uno stanziamento di 100 miliardi per il clima ai Paesi a basso reddito e l’accordo sul limite della temperatura a 1,5° e non a 2. Dal G20 solo promesse: Draghi parla di “passi avanti”, ma ammette che i termini dell’accordo sono vaghi. Ora il testimone passa alla Cop26 di Glasgow, dove si capirà se le parole si trasformeranno in fatti concreti. Anche sui vaccini ai paesi poveri prevale la delusione: la promessa del 70% della popolazione mondiale vaccinata entro l’anno prossimo resta una dichiarazione d’intenti. Intanto il ministro Speranza spinge sulla terza dose di vaccini e dal mondo della scuola arriva la richiesta di organizzare il richiamo degli insegnanti. I manifestanti no green pass a Novara si sono travestiti da deportati. Infine, l’andamento della pandemia di COVID-19 in Italia.

Quale eredità lascia il G20 alla Cop26 di Glasgow?

(di Raffaele Liguori)

Per andare da Roma a Glasgow, dal G20 a Cop26, bisogna passare per Catania. È una strada obbligata, non ci sono vie alternative in queste ore. Capire che il clima è già cambiato (vedi, appunto, ciò che è accaduto a Catania e in Sicilia negli ultimi giorni), capire che un danno è già stato fatto, è la condizione minima che i G20 (responsabili dell’80% delle emissioni) devono rispettare per affrontare la Cop26.
L’urgenza è giustificata dal presente, non solo dal futuro. Abbiamo già imboccato la strada che trasforma la nostra vita sul pianeta. E se non si fa nulla è una strada che porta all’inferno climatico. Gli ultimi sette anni sono stati i più caldi da quando ci sono le rilevazioni scientifiche della temperatura, ha detto oggi l’Organizzazione meteorologica mondiale (WMO).
Il clima che cambia e si surriscalda è anche una gigantesca questione sociale, perché a patirne di più – già oggi, ma ancor di più in futuro – è chi vive nel mondo di sotto della povertà assoluta e relativa, tra il ceto medio infragilito dalla precarietà di genitori e figli. Mentre il mondo di sopra vive al riparo della fame, sulla sponda ricca del fronte delle disuguaglianze. Ecco, il G20 di Roma – che si è svolto a 500 km dal Ciclone Siciliano – più che un “bla bla bla” sembra essere stato un “mumble mumble”, un rimuginare pensoso ad uso delle telecamere e dei media, ma fragile nella volontà di cambiare rotta. Penso all’impegno ribadito oggi dai G20 di consegnare ai PVS i 100 miliardi di dollari che erano stati promessi già in passato ma mai completamente consegnati. Penso all’obiettivo zero emissioni di CO2 entro il 2050 che è stato sfumato in un “entro o attorno alle metà del secolo”, soprattutto per l’opposizione di Pechino e Mosca. Il consesso del G20 – tra autocrazie con l’ambizione di potenza (Cina e Russia), paesi con un profilo autoritario (Arabia Saudita, Turchia, Brasile) oltre che democrazie ferite da disuguaglianze profonde – lascia un’eredità povera alla Cop 26. Ha detto stasera il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres alla fine del vertice del G20: “Parto da Roma con le mie speranze insoddisfatte, ma almeno non sepolte per sempre”. Un po’ poco per il futuro del pianeta.

Che cosa si è deciso sulla neutralità climatica

(di Fabio Fimiani)

Rimane la necessità di limitare la crescita della temperatura della Terra a +1,5 gradi rispetto all’inizio dell’era industriale per il G20, ma anche la complessità delle diverse necessità dei Paesi. Il 2050 pertanto non è più la data per raggiungere la neutralità climatica, lo è la metà del secolo. Cop 26 di Glasgow riceve da Roma più problemi che soluzioni, visto che gli accordi di Parigi sul clima del 2015 prevedevano l’orizzonte del 2050, e che i governi avrebbero dovuto presentare nella città scozzese i piani nazionali per arrivarci. La data precisa era il 2020, ma la pandemia ha fatto spostare di un anno la scadenza.
La richiesta di allungare i tempi è arrivata da Cina e India, che chiedevano 2060. I due paesi sono i maggiori produttori di gas serra, oltre a quelli più abitati della Terra, e stanno facendo uscire dalla povertà milioni di persone ogni anno, quindi necessitano di energia elettrica. La parte positiva per la ventiseiesima conferenza tra le parti della Convenzione sul clima è che il dialogo multilaterale almeno è ricominciato. I due paesi erano presenti a Roma con i propri vertici solo in teleconferenza e per Glasgow finora non è annunciata una modalità in presenza. E non sono le uniche assenza annunciate di peso. Per tutti gli impegni sottoscritti al G20 il presidente del consiglio Mario Draghi ha ribadito che solo il rispetto delle promesse contenute nel documento finale saranno la verifica dei passi in avanti.
Tra le iniziative uscite da Roma per il clima c’è l’istituzione di un osservatorio sul metano, uno dei gas più climalteranti, ma anche una delle fonti per la transizione energetica. Raccoglierà dati su consumi, produzione e impatti. C’è da capire se non sarà un modo per contrastare i rapporti degli scienziati della Convenzione sul clima.
Le necessità del pianeta come sempre si confrontano con le complessità degli stati.

Gli insegnanti si preparano per la terza dose di vaccino

Di terza dose ha parlato oggi il ministro della salute Speranza. “Per il terzo richiamo abbiamo tutte le dosi necessarie. Non abbiamo alcun problema di dosi. Dobbiamo insistere e accelerare su questo e lo stiamo facendo. La terza dose di vaccino anticovid per gli insegnanti sta diventando una questione di cui parlano in queste ore i rappresentanti del mondo della scuola. Non c’è tempo da perdere. La struttura commissariale del generale Figliuolo deve avere un piano specifico per la scuola”. A chiederlo è la segretaria della Cisl Scuola, Maddalena Gissi

 

Lo stato di emergenza potrebbe essere prolungato

(di Alessandro Principe)

Lo stato di emergenza potrebbe essere prolungato oltre la fine dell’anno. E anche il green pass. Il ministro della salute Speranza interviene dopo che da giorni si registra una ripresa del contagio da Covid: siamo passati da un’incidenza di 30 casi per 100 mila persone a oltre 50. Anche l’Rt, l’indice di trasmissibilità, è passato da 0,8 a poco sopra l’1. Dunque davanti ai dati in risalita Speranza non esclude nè un proroga dello stato di emergenza nè dello stesso green pass: “in un quadro epidemiologico diverso, faremo naturalmente tutte le valutazioni necessarie”.
In realtà prorogare l’attuale stato di emergenza è tecnicamente impossibile se non limitatamente al 31 gennaio del 2022: il governo tuttavia potrà procedere per via parlamentare a emanare un provvedimento che preveda un nuovo stato di emergenza. A questo sono ovviamente legati anche i protocolli riguardanti per esempio lo smartworking, il rientro dei lavoratori nei rispettivi posti di lavoro e la cassa integrazione. E anche il green pass scadrà il 31 dicembre, come lo stato di emergenza, ma il governo potrebbe ragionare sul futuro della certificazione con un decreto a parte che ne proroghi gli effetti fino, ad esempio, all’estate.

 

La sceneggiata dei no green pass a Novara

La comunità ebraica insorge davanti alle foto della sceneggiata di un gruppo di no green pass di Novara. “Davanti a farneticazioni come quelle di Novara non è possibile invocare la libertà d’espressione garantita dalla Costituzione”, ha detto la presidente delle comunità ebraiche Noemi Di Segni. “Paragoni impossibili come quello cui abbiamo assistito costituiscono un assoluto abuso e un’offesa alla Memoria, che non è solo Memoria ebraica ma patrimonio comune di una società e civiltà”. Durante una manifestazione, sabato, i no green pass si sono travestiti da deportati dei campi di sterminio, con le divise a righe grige e bianche con il numero. Lo slogan: “siamo in una dittatura”. In mano tenevano una corda con nodi a simulare il filo spinato dei campi. Abbiamo chiesto una riflessione a Dario Venegoni, presidente dell’Aned, associazione nazionale ex deportati

L’andamento dell’epidemia di COVID-19 in Italia

Foto | Una manifestazione a sostegno dell’ambiente a Bruxelles, Belgio, il 31 ottobre 2020

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    “Jazz in un giorno d’estate”: il titolo ricalca quello di un famoso film sul jazz girato al Newport Jazz Festival nel luglio del ’58. “Jazz in un giorno d’estate” propone grandi momenti e grandi protagonisti delle estati del jazz, in particolare facendo ascoltare jazz immortalato nel corso di festival che hanno fatto la storia di questa musica. Dopo avere negli anni scorsi ripercorso le prime edizioni dei pionieristici festival americani di Newport, nato nel '54, e di Monterey, nato nel '58, "Jazz in un giorno d'estate" rende omaggio al Montreux Jazz Festival, la manifestazione europea dedicata al jazz che più di ogni altra è riuscita a rivaleggiare, anche come fucina di grandi album dal vivo, con i maggiori festival d'oltre Atlantico. Decollato nel giugno del '67 nella rinomata località di villeggiatura sulle rive del lago di Ginevra, e da allora tornato ogni anno con puntualità svizzera, il Montreux Jazz Festival è arrivato nel 2017 alla sua cinquantunesima edizione.

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