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Mateen rivendica la sua adesione all’ISIS

LE INDAGINI – “Lupo solitario” o militante dell’ISIS?

E’ la domanda che ci si fa nelle ore successive alla strage del Pulse di Orlando, il locale gay dove Omar Mateen, 29 anni, ha ammazzato 50 persone e ne ha ferite almeno 53.

Poco prima dell’attacco, Mateen ha chiamato il 911 e ha detto di appartenere allo Stato Islamico. Dopo la strage, l’ISIS ha rivendicato il gesto. C’è da capire a questo punto quale fosse il tipo di legame tra Mateen e il gruppo. Poco prima dell’inizio del mese di Ramadan, il portavoce degli islamisti, Abu Muhammad al-Adnani, ha chiesto a membri e simpatizzanti di condurre attentati contro “obiettivi degli infedeli”.

Una possibilità potrebbe dunque essere quella di un semplice simpatizzante, senza legami strutturali con lo Stato Islamico, che decide di uccidere in nome del gruppo. La stessa cosa è successa anche lo scorso dicembre, quando una coppia di coniugi di San Bernardino ha attaccato un centro di servizi sociali e, prima dell’assalto, ha postato su Facebook la propria dichiarazione di adesione al gruppo. Lo scenario si era già verificato in Texas, nel maggio 2015, quando un uomo, Elton Simpson, aveva rivendicato la sua appartenenza allo Stato Islamico prima di sparare contro una riunione di disegnatori satirici in cui venivano esposte vignette sul profeta Maometto.

E’ intanto emerso che Mateen era stato messo sotto inchiesta dall’FBI due volte. La prima nel 2013, quando aveva fatto dichiarazioni in presenza di colleghi di lavoro su suoi presunti legami con il terrorismo. La seconda nel 2014, quando aveva spiegato, sempre sul luogo di lavoro, di conoscere Moner Mohammad Abusalha, un americano che si è fatto saltare in aria in Siria.

In entrambi i casi, non era emerso nulla di penalmente rilevante.

Omar Mateen è ora ricordato da chi lo conosceva come un ragazzo particolarmente instabile, facile alla collera, aggressivo. Frequenti, nei suoi discorsi, insulti e minacce di morte contro neri e gay. Un collega, dopo aver chiesto l’allontanamento di Mateen per la sua aggressività, si era licenziato da G4S, la società di servizi per la sicurezza in cui Mateen lavorava.

La stessa personalità aggressiva e disturbata è confermata dall’ex moglie di Mateen, Sitora Yusifiy, una ragazza di origini uzbeke che dice di essere stata oggetto di violenze e abusi da parte di Mateen: “Alcuni mesi dopo il matrimonio ho scoperto la sua instabilità, il suo bipolarismo. Si arrabbiava per nulla. Ed è allora che ho cominciato a preoccuparmi per la mia sicurezza”. La famiglia della ragazza aveva intimato a Mateen di non avvicinarsi più alla donna, pena la denuncia.

Mateen, che era nato a New York da una famiglia afghana nel 1986, aveva conseguito una laurea in criminal justice technology.

IL MASSACRO – Mentre proseguono le indagini rivolte a capire meglio chi era Omar Mateen e quali possono essere le cause del suo gesto, appare ormai abbastanza definita la dinamica del massacro. Omar Mateen è entrato nel Pulse, il locale di Orlando, alle 2 circa del mattino. Ha cominciato a sparare sulla folla indifesa di ragazzi gay. Poi ha cercato di fuggire, è stato affrontato da un poliziotto non in servizio. L’assassino è rientrato nel locale, si è barricato sul retro con una trentina di ostaggi. Alle 5 del mattino è stato ucciso dalla polizia, che ha fatto irruzione nel locale. Non si sa se degli ostaggi siano rimasti uccisi durante l’assalto.

Le vittime confermate sono almeno 50, 53 i feriti. Il massacro più sanguinoso della storia americana.

LE REAZIONI POLITICHE – Parlando qualche ora dopo la strage al Pulse, Barack Obama ha detto che la strage di Orlando è “sia un atto di terrore sia un atto di odio anti-gay” : “Questo massacro – ha continuato – è una prova ulteriore di quanto sia facile per una persona mettere le mani su un’arma che gli consente di ammazzare della gente in una scuola, in una chiesa, in un cinema o in un nightclub. Dobbiamo decidere che tipo di Paese vogliamo essere. Continuare a non fare nulla equivale a una scelta”.

L’intervento di Obama è stato duramente contestato dal candidato repubblicano alla Casa Bianca, Donald Trump, che ha accusato il presidente di non aver mai usato la parola “Islam radicale” nella sua dichiarazione e ne ha chiesto le dimissioni.

Le reazioni ai fatti di Orlando dei due candidati alla Casa Bianca è stata molto diversa.

Con un tweet, Hillary Clinton ha detto di essersi “svegliata per ascoltare le news devastanti dalla Florida”. Più tardi, in una dichiarazione più elaborata, la candidata democratica ha affermato: “dobbiamo tenere armi come quelle usate la scorsa notte lontano dalle mani dei terroristi o di altri violenti criminali. Questo è il più terribile massacro nella storia degli Stati Uniti e ci ricorda una volta di più che armi da guerra non devono avere posto nelle nostre strade. E’ arrivato il momento di unirci e fare di tutto per difendere le nostre comunità e il Paese”.

Di tenore ben diverso la presa di posizione di Donald Trump. Dopo una reazione iniziale, anche lui su Twitter, in cui diceva di pregare per le vittime e le loro famiglie, Trump ha enfatizzato le origini dell’autore della strage: “Il terrorista, Omar Mir Saddique Mateen, è il figlio di un immigrato dell’Afghanistan che ha apertamente dichiarato il suo sostegno per i talebani afghani… Secondo l’istituto di ricerca Pew, il 99 per cento della gente in Afghanistan appoggia l’oppressiva legge della Sharia. Noi ammettiamo negli Stati Uniti più di 100 mila migranti dal Medio Oriente ogni anno. Dall’11 settembre, centinaia di migranti e i loro figli sono stati implicati in atti di terrorismo negli Stati Uniti”.

Proprio in tema di armi, è emerso che Omar Mateen aveva acquistato da un regolare rivenditore le due armi che gli sono servite nel massacro, un revolver e un fucile d’assalto AR-15.

 

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    Redazione
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    Stringono i tempi nella procedura di vendita dello stadio Meazza. Nel giro di pochi giorni è prevista la delibera di Giunta e il voto in Consiglio comunale per autizzarla. In una procedura che sembra quasi gia scritta, nelle ultime ore appare qualche fatto nuovo: un'assemblea molto partecipata a Milano, una proposta per prendere più tempo, il ritorno alla carica di chi chiede un referendum per decidere. In zona Cesarini potrebbero decideresi i tempi supplementari? Ospiti: Roberto Maggioni, redazione locale di RP; Franco D'Alfonso, Centro Caldara di Milano, estensore della proposta; Gabriele Mariani, Comitato Referendum per San Siro; Bruno Ceccarelli, Pd Milano, Commissione urbanistica; Lia Quartapelle, parlamentare Pd. In studio Massimo Bacchetta, in redazione Luisa Nannipieri.

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